NEW YORK — Il Papa è a Washington, io no. Peccato. Sulla papamobile, circondato da una folla fitta fitta, così festante ed entusiasta che sembra di essere in uno stadio. Mi piacerebbe proprio poterlo seguire in questo viaggio, passo dopo passo. E mi piacerebbe poterveli raccontare in tempo reale questi passi, uno ad uno. Vorrei vedere in prima persona come Francesco guarda l’America in questo primo incontro ravvicinato, come quando finalmente ci si ritrova con qualcuno di cui si è sentito parlare tanto, si pensa di sapere tanto e finalmente lo si ha davanti, si va a casa sua. Mi piacerebbe ma non è possibile. Le nostre time zones rendono il raccontare una cosa un po’ complicata, e non posso neanche permettermi di stare attaccato alla televisione. Insomma, non posso farvi la cronaca, che non saprei fare comunque. Leggeremo, ascolteremo e ci penseremo su. Ma qualche brevissima riflessione la possiamo già fare.



Il Papa ha abbracciato Castro, il Papa ha abbracciato Obama. Ha abbracciato un uomo che in nome della sua battagliera ricerca di libertà e giustizia ha commesso crimini di ogni sorta. Atterrato sul suolo statunitense ha abbracciato un uomo che in nome della lotta alle discriminazioni sta contribuendo allo sgretolamento della famiglia, oltre a mantenere saldamente una visione meschina del valore della vita umana. A Cuba il Papa ha celebrato Messa nella Piazza della Rivoluzione all’ombra di un enorme murales di Che Guevara. Qui è appena passato davanti all’obelisco del Mall of America, uno dei grandi simboli dell’America massonica ed antivaticana. Il Papa ha abbracciato, sta abbracciando, due mondi così tanto diversi al punto di essere nemici tra loro. Due mondi opposti e contrapposti. C’è chi per questo critica Francesco, anche violentemente. Come si può abbracciare un uomo come Fidel, il feroce ed implacabile tiranno comunista? E come si può abbracciare Obama, l’uomo che trasforma in diritti civili cose che la Chiesa ha da sempre considerato contro natura e contro la vita? 



Non mi scandalizzo. Anzitutto non sappiamo cosa vien fuori quando sono lì a quattr’occhi, ma in ogni caso, cos’è che abbraccia Papa Francesco? In questi abbracci vedo tante cose. Vedo abbracciato il desiderio, lo stesso infinito bisogno di libertà, di giustizia, di felicità che paradossalmente hanno dato vita a due paesi così diversi. Vedo abbracciate le nostre miserie, i nostri “shortcomings“, le mancanze. Vedo Gesù che giudica volendo bene. Per questo non mi scandalizzo. Mi commuovo. Il Papa ci fa vedere che il più forte è chi sa abbracciare con più forza.

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