“El manotazo de ahogado” ossia “La bracciata dell’affogato”. Questa espressione, tipica sudamericana, è quella che permette di capire gli ultimi avvenimenti che hanno scosso l’Argentina degli ultimi giorni, con vicende che ricordano molto da vicino le grottesche indagini sull’omicidio del magistrato Nisman, di cui si celebra il primo anniversario il 18 di gennaio. È difatti in questa logica da “pantera Rosa e l’ispettore Clouseau” che si inquadra la comica fuga di 3 assassini condannati all’ergastolo per gli omicidi legati al controllo del traffico dell’efedrina, che il 27 di dicembre sono comodamente usciti dal carcere di “massima sicurezza” di General Alvear e da quel giorno percorrono le strade del Paese in una specie di copia del rally Dakar che, curiosamente, è iniziato il 1 gennaio. Inseguiti da polizia, corpi speciali e forze varie (“scortati” da troupe televisive) sempre sul punto di prenderli (almeno stando alle dichiarazioni ufficiali), sempre in preparazione dell’operativo finale che però, pirandellanamente, si conclude con altrettanti buchi nell’acqua.



Il fatto ha messo in risalto il “segreto di Pulcinella” che già tutti sapevano e cioè di come il narcotraffico goda di protezioni grandissime sia in ambito di forze dell’ordine che politico, e che la vicenda costituisca una resa dei conti messa in atto per far entrare in crisi il nuovo Governo. Che da parte sua, specie a livello della Provincia di Buenos Aires, ha messo in atto tardive epurazioni di alte sfere appartenenti ai corpi di polizia, mentre il Presidente Macri si è lanciato in una vera e propria dichiarazione di guerra al narcotraffico.



Allo stesso tempo molti osservatori interpretano la questione come un elemento di disgregazione del vecchio potere politico che, da quando ha perso il comando, invia segnali, come quello imposto da Cristina Kirchner, che ha di fatto bocciato al Congresso l’approvazione sul finanziamento alla Provincia di Buenos Aires, le cui casse sono risultate svuotate dal precedente Governo kirchnerista, come quelle nazionali. La grande paura del Governo precedente risiede infatti nella decisione di indipendenza della giustizia dai poteri messa in atto da Macri dopo la sua assunzione alla Presidenza.

Difatti, il 29 dicembre, presso il Tribunale di Comodoro P a Buenos Aires, sono state emesse le sentenze del processo riguardante la tragedia ferroviaria prodottasi il 22 febbraio del 2012 alla stazione Once di Buenos Aires, nella quale un convoglio pieno di pendolari si schiantò contro la barriera frenante a una velocità sostenuta causando 51 morti (più uno, come continuamente affermava il giudice nel suo intervento, in gestazione nel corpo della mamma, vittima anch’essa nella tragedia) e 789 feriti, che costituisce la più grave tragedia ferroviaria in Argentina



Le indagini, sostenute da una documentazione alquanto voluminosa, hanno stabilito non solo che il treno non era abilitato al servizio perché in pessime condizioni e mancante di parte del sistema frenante, ma anche che, nonostante la situazione fosse continuamente segnalata alle autorità competenti da parte di un organismo di controllo della Sicurezza, le stesse, in evidente “relazione” con la società di trasporti proprietaria della linea, l’hanno sempre ignorata.

E il primo processo contro la corruzione, che, come continuamente ricorda papa Francesco, “uccide”, si conclude con la condanna dei responsabili in Argentina, perché sono stati giudicati sia il Segretario dei Trasporti, Juan Pablo Schiavi (8 anni di prigione) che il suo predecessore Ricardo Jaime (6 anni), che, tra gli altri, gli impresari proprietari della linea, Sergio e Roque Cirigliano rispettivamente a 9 e a 5 anni. Pure il macchinista del treno, da molti ritenuto il “capro espiatorio” della tragedia sia per la sua inesperienza che per le condizioni del convoglio, ha ricevuto una condanna di 3 anni e 6 mesi.

Il verdetto, che ha stabilito altre 51 infrazioni a carico di altre persone e le cui condanne saranno effettive dopo la celebrazione dell’istanza di secondo grado, ha pure sentenziato che anche il ministro della Pianificazione del Governo kirchnerista, Julio de Vido, debba essere indagato per responsabilità oggettive nella tragedia, accogliendo le richieste dell’accusa.

Con l’ovvia soddisfazione dell’organizzazione delle vittime Once, costituitasi tre anni fa e che con esemplare costanza ha manifestato in tutto questo tempo, si è concluso questo primo ma importante atto al quale seguiranno altri, in una sorta di “Mani Pulite” argentina, che coinvolgono alte cariche dei 13 anni di governo kirchnerista, a cominciare dalla Presidente Cristina Fernandez de Kirchner e dal figlio Maximo, implicati nello scandalo finanziario denominato “Hotesur”, per i finanziamenti occulti provenienti dal Venezuela per la campagna elettorale 2008, per arrivare al vicepresidente Amado Budou coinvolto nella acquisizione da parte dello Stato della calcografica della famiglia Ciccone, un’impresa che stampava banconote.