“I libici sono profondamente contrari a un intervento italiano contro l’Isis. Le stesse operazioni di un Paese arabo come l’Egitto toccano un nervo scoperto della popolazione, che vede in modo sfavorevole qualsiasi ingerenza esterna”. Lo evidenzia il professor Abdel Fattah Hasan, cittadino egiziano che vive nella città libica di Misurata, dove insegna nel dipartimento di Italianistica dell’università. Esponente dei Fratelli musulmani, mentre lo chiamiamo al telefono si trova a 40 chilometri da Zliten, dove giovedì un camion bomba dell’Isis ha ucciso 60 poliziotti. Da poco in Libia si è insediato il governo di unità nazionale presieduto da Al-Sarraj, subito finito nel mirino di un attentato dal quale è uscito illeso. Nonostante il premier italiano Renzi abbia vantato la formazione di un governo di unità nazionale come un suo successo personale, per Abdel Fattah Hasan le cose non stanno affatto così in quanto l’accordo è stato raggiunto grazie agli sforzi dei libici, e non certo di Palazzo Chigi.
Al-Sarraj riuscirà a insediarsi a Tripoli e a governare?
Il governo del premier Al-Sarraj può riuscire a insediarsi a Tripoli solo a condizione che la comunità internazionale cerchi di tranquillizzare i rivoluzionari e il popolo libico. Il timore della gente è che Al-Sarraj sia un premier-fantoccio, un po’ come quello irakeno, finendo per sancire di fatto l’occupazione straniera della Libia. Vanno quindi garantiti alcuni punti fermi per quanto riguarda le richieste dei rivoluzionari che nel 2011 hanno abbattuto Gheddafi.
Che cosa pensa il popolo libico del governo di Al-Sarraj?
Il popolo libico è spaccato in due: da un lato c’è chi è favorevole al governo di unità nazionale, dall’altra c’è chi esprime dei pregiudizi o delle obiezioni. Quanti hanno un’opinione negativa vanno quindi tranquillizzati.
Il governo Renzi ha fatto passare l’accordo tra Tripoli e Tobruk come un suo successo. Visto dalla Libia è davvero così?
Anche a costo di essere eccessivamente franco, pur con tutto il rispetto per gli sforzi e la disponibilità dell’Italia, il popolo libico vede l’accordo tra Tripoli e Tobruk come il frutto del dialogo e della comprensione reciproca tra i figli della stessa patria. E’ quindi un accordo tra libici che rappresenta un successo degli stessi libici.
Nel negoziato l’Italia ha commesso degli errori?
Nell’analizzare meriti e demeriti di questo negoziato, non si può parlare dell’Italia in quanto tale, bensì della comunità internazionale nel suo complesso nonché dell’Onu. Non soltanto l’Italia ma il mondo intero devono prestare ascolto alle esigenze e ai timori della maggior parte dei libici. La gente qui vuole vedere i frutti della rivoluzione contro Gheddafi e dei sacrifici compiuti. Chiede quindi una vita dignitosa e che non torni il regime totalitario del Colonnello.
Lei ritiene possibile un intervento dell’aeronautica italiana in Libia, in supporto delle milizie di Misurata contro l’Isis a Sirte?
Ogni volta che si parla di un intervento straniero, si tocca un nervo scoperto dei libici. La gente qui è contraria all’intervento da parte di forze militari di altri Paesi, non soltanto occidentali ma anche arabi come l’Egitto. Ciò che l’Italia può fare è supportare l’esercito che nascerà in Libia. Il modo in cui lo si può aiutare è attraverso l’addestramento o la fornitura di armi sofisticate, in modo da consentire all’esercito libico di distruggere i terroristi. I libici preferiscono combattere personalmente contro l’Isis, e non vogliono che sia qualcun altro a farlo al loro posto.
Di recente abbiamo assistito a un’ondata di attentati. Quale ruolo strategico ha la Libia per l’Isis?
La convinzione della maggior parte dei libici è che quando ritornerà a esservi uno Stato libico solido, smetterà di esserci spazio per i fanatici e i terroristi. Ma soprattutto i libici mettono sullo stesso piano i seguaci dell’Isis e quanti vorrebbero il ritorno della dittatura.
Quali città, impianti o gasdotti libici sono ritenuti prioritari dall’Isis?
L’obiettivo dell’Isis e di tutti gli altri estremisti trascende aspetti “banali” come i singoli gasdotti e impianti petroliferi. I terroristi di tutto il mondo vogliono una cosa soltanto: creare instabilità nei luoghi in cui vivono. E quindi l’obiettivo strategico dell’Isis in Libia è quello di impedire la rinascita di uno Stato nazionale. I suoi militanti mirano a fomentare il caos, in modo che la Libia rimanga in ginocchio e sia abbattuta come popolo, come cultura e come tradizioni.
Che cosa dice degli ultimi attentati la gente di Misurata?
La convinzione ferma e il sentimento generale della popolazione è che la rinascita di uno Stato nazionale stabile sia lo strumento più efficace per abbattere qualsiasi fazione terroristica. I recenti attentati sono dunque considerati come il tentativo degli estremisti di ostacolare la stabilità e la rinascita del Paese.
(Pietro Vernizzi)