“La grande scommessa è che il governo di Al-Sarraj riesca a operare in modo effettivo e con le sue forze. Se così non fosse si renderà necessaria una missione internazionale in Libia. La dislocazione di quattro aerei Amx a Trapani si è resa necessaria proprio nell’ottica di questa eventualità”. Ad affermarlo è il professor Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali (Ce.Si). In un’intervista uscita sul quotidiano Bild, anche il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyden, ha affermato: “La Germania non potrà tirarsi indietro dal dare il suo contributo”. Nel frattempo il Consiglio presidenziale del premier designato, Fayez al-Sarraj, ha rinviato di 48 ore l’annuncio del nuovo governo.
Il governo di unità nazionale di Al-Sarraj riuscirà a insediarsi e a operare?
Non è soltanto un problema di insediarsi, ma anche di essere in grado poi di mettere in atto le proprie idee. La vera questione è la capacità di dare un senso alla propria azione da parte del nuovo governo di unità nazionale.
Secondo lei ci riuscirà?
Questa è la grande scommessa e la grande vera speranza: come andrà non lo sa nessuno e credo neppure lo stesso Al-Sarraj.
Quale sarà la maggiore difficoltà che dovrà affrontare?
Quella di riuscire a mettere d’accordo la maggior parte delle realtà locali.
Nel frattempo anche Berlino ha annunciato che potrebbe intervenire. Come interpreta questa novità?
Non è una novità e non è soltanto una questione che riguarda la Germania. La possibilità di un intervento in Libia è storia antica: se ne parla da tanto tempo. Anche i tedeschi si sono resi conto che esista la possibilità di dover intervenire non solo con i mezzi della diplomazia.
Che cosa ha in mente di fare invece il governo italiano?
Il governo italiano continua il suo forte approccio ai temi del dialogo e della diplomazia, cercando di trovare il difficile bandolo della matassa in una realtà tribale complessa come quella libica.
L’Italia ha schierato 4 aerei Amx a Trapani. Che cosa prepara?
Sono cacciabombardieri con capacità ricognitiva. Sono stati dislocati a Trapani nell’ipotesi in cui si dovesse preparare un’eventuale coalizione internazionale che supporti sul terreno l’azione diplomatica. In questo caso è assolutamente evidente la necessità di sapere che cosa fare e dove andare. I velivoli da ricognizione servono per questo.
Tra i principali Paesi europei c’è un’intesa su come intervenire in Libia?
Ci sono delle intese di massima e delle particolarità nel dettaglio. L’Italia in particolare è alla ricerca di una coalizione, molto più di quanto non lo siano Gran Bretagna, Francia e Germania.
I libici come vedono un possibile intervento?
Dipende. Ci sono dei libici che lo vedrebbero come un supporto assolutamente positivo a un processo di ricostruzione nazionale, e altri libici che lo vedrebbero come l’apparizione del diavolo.
Quali dovrebbero essere secondo lei cornice e obiettivi dell’intervento?
Un intervento dovrebbe avere una cornice temporale molto chiara e una missione molto definita. E’ una scelta politica.
L’obiettivo sarebbe l’eliminazione dell’Isis?
No. Un conto è una missione a supporto della ricostruzione delle infrastrutture governative, un altro conto è una pura missione di combattimento. Ciò di cui si sta parlando è del primo tipo di missione, mentre non mi pare che si stia discutendo di una missione di esclusivo combattimento.
Di quanti uomini ci sarà bisogno?
Prima di tutto occorre definire quale sarà la missione, cioè che cosa si va a fare e per quanto tempo. Solo dopo si potrà parlare di numeri. I governi definiscono la missione e la modalità, e poi gli stati maggiori valutano quale debba essere la composizione del contingente.
Quanto tempo ci vorrà prima di un intervento occidentale in Libia?
La speranza è che i libici non ne abbiano bisogno. L’ideale sarebbe che il governo di Al-Sarraj ce la faccia da solo, mentre se dovesse incontrare delle difficoltà particolari ciò farà sì che divenga necessario l’intervento di una coalizione internazionale.
(Pietro Vernizzi)