Un anno fa, il 18 gennaio 2015, moriva a Buenos Aires, in circostanze che in parte risultano ancora avvolte nel mistero, Alberto Nisman. Era una domenica, precedente il giorno nel quale il magistrato doveva illustrare in una riunione al Congreso de la Nacion la sua denuncia contro la Presidente Cristina Kirchner e altri membri del Governo per aver firmato un accordo di memorandum con lo Stato iraniano, ritenuto da molti il responsabile della bomba che distrusse la mutuale ebraica Amia nel 1994 provocando 80 morti e oltre 300 feriti. La morte di Nisman provocò una colossale ondata emotiva nel Paese, con manifestazioni in tutta l’Argentina in nome della verità, peraltro ancora lontana, anche se il recente cambio di governo fa ben sperare in un’accelerazione di indagini condotte finora nella confusione totale.



Daniel Santoro, il giornalista investigativo più famoso del Paese, autore tra l’altro di un libro che anni fa fu fondamentale per condannare l’ex Presidente Carlos Menem a 8 anni di carcere (mai scontati perché salvato dal potere kirchnerista) ha indagato profondamente sulla questione e pubblicato un libro, dal chiaro titolo “Nisman deve morire”, dove si rivelano particolari sconosciuti sull’intero caso.



È passato un anno dalla scomparsa di Nisman: cos’ha scoperto di nuovo su questa enigmatica morte?

Ho scoperto molte cose: la prima ha a che vedere con Antonio Siusso, di origini siciliane ed ex capo della Side (gli ex servizi segreti argentini) che nel 2004, quando Nisman assume l’incarico di indagare sull’attentato all’Amia, diventa il suo assessore principale. I due formano una coppia di indagine inossidabile, riconosciuta sia nel Governo di Nestor che in parte di quello di Cristina Kirchner. Quando, nel 2013, la Kirchner firma il patto con l’Iran, la questione cambia radicalmente la politica argentina in quanto fino a quel momento tutti i presidenti, Menem, Dualde, De La Rua compreso Nestor Kirchner, avevano accusato l’Iran di essere coinvolto direttamente nell’attentato all’ Amia a causa delle indagini condotte con l’aiuto dei servizi segreti internazionali, dato che l’Argentina non aveva capacità di indagare sia in Iran, supposto autore intellettuale del delitto, che in Libano, terra degli Hezbollah, movimento che fu l’autore materiale fornendo il conduttore suicida, il mezzo (una Renault Traffic) e l’esplosivo. Attentato svolto per vendicarsi dell’uccisione, da parte di Israele, di un leader Hezbollah sciita.



Cosa accade a questo punto?

L’accordo Memorandum ribalta completamente le conclusioni, provate, delle indagini svolte e accusa la Siria di essere colpevole: fatto ribadito dalla stessa Presidente nei suoi discorsi, cosa che ovviamente mette in crisi tutti i sistemi di cooperazione alle indagini. Tutto ciò mette sia Nisman che Stiusso, principali referenti argentini, in una situazione di gravissima difficoltà nel sistema internazionale. Reagiscono e sei mesi dopo pubblicano un documento in cui denunciano la creazione di una di penetrazione di intelligence e culturale iraniana in America Latina (Argentina, Brasile e Venezuela) attraverso l’aggregato culturale dell’Ambasciata a Buenos Aires Moshen Rabbani, membro della comunità sciita con forti influenze in tutto il Continente. A causa dell’embargo internazionale per le sperimentazioni nucleari del regime di Teheran in vigore fino allo scorso anno, l’Iran cercò di instaurare relazioni internazionali e il venezuelano Hugo Chavez aprì la porta del suo Paese coinvolgendo tra gli altri anche l’Argentina.

Come si arriva al triste epilogo?

A Nisman vengono negati i fondi per recarsi a Washington a esporre la sua relazione al Congresso da parte del Ministro della sicurezza Nilda Garrè. Ma nonostante ciò il magistrato decide di portare avanti la sua denuncia contro la Presidente, rimanendo solo dato che Stiusso viene rimosso da capo dell’intelligence e l’8 gennaio dello scorso anno negozia con Oscar Parrilli, il suo Direttore, la sua messa in pensione volontaria in cambio di una sorta di immunità parlamentare nei suoi carichi con la giustizia. La situazione di Nisman diventa critica quando rende pubblica la sua denuncia e scopre che, pur chiamandolo insistentemente, Stiusso, che credeva ancora suo alleato, non risponde e successivamente dichiara di non aver sentito la suoneria del cellulare, cosa stranissima in una persona della sua intelligenza.

 

Che mi dice delle indagini, che sembra si siano svolte in maniera alquanto dilettantesca?

Effettivamente fin dall’inizio si sono compiuti degli errori macroscopici, come quello di non preservare il luogo dell’accaduto in modo da rendere quasi impossibile ricostruirne la meccanica. Poi la nomina di un solo magistrato (Feinn, ndr) oltretutto con nessuna esperienza in casi del genere, diretta dalla Presidente della Magistratura, Alejandra Gils Carbò, di chiarissima fede politica kirchnerista. A distanza di un anno non sono terminate le perizie e non si è andati oltre le copiose bugie emanate dai servizi segreti sul caso. Quello che è chiaro è che la mano di Nisman non aveva tracce di polvere da sparo e che la pistola usata invece le lascia e di come la porta del bagno fosse esente da macchie di sangue, cosa che depone a favore dell’indagine parallela organizzata dall’ex moglie del magistrato, Arroyo Salgado, a suffragare la tesi dell’omicidio.

 

Uno dei suoi libri è servito come prova per far condannare l’ex Presidente Carlos Menem a 7 anni di carcere, peraltro mai scontati. Questo nuovo testo compirà con la stessa funzione nella ricerca della verità o il caso Nisman rimarrà un mistero senza soluzione?

Non ho nessun dubbio che Cristina Kirchner sia responsabile politica della morte di Nisman. Contrariamente a quello che succede nelle democrazie più evolute, dove un Presidente quando è accusato si sottomette a processo per dimostrare la propria innocenza, in Argentina Nisman è stato oggetto di una campagna di diffamazione notevole, specie dopo la sua morte, da parte di vari organi dello Stato e non ho nessun dubbio che Cristina ne sia stata la responsabile politica. Anche perché oggi il magistrato Eduardo Tajano ha citato l’ex ministro degli Esteri, Cancelliere Timmerman, sulla base di due intercettazioni che ho rivelato nel mio libro, avute con il Direttore dell’Amia nel 2012 e precedenti l’accordo, nelle quali rivela come dell’attentato fosse colpevole il Governo iraniano. Cosa che aggrava enormemente la successiva firma che delega, come ripeto, la sovranità argentina nell’indagine a un Paese ritenuto dallo stesso firmatario colpevole dell’atto oggetto dell’accordo stesso.

 

(Arturo Illia)