Rispedito al mittente. “Avevamo chiesto una mucca e ci hanno recapitato una gatta”, avrebbe commentato un alto funzionario europeo a proposito del progetto di legge sulla riforma del sistema pensionistico inviato da Atene a Bruxelles. La Troika, con in prima linea il Fmi, sostiene che il progetto di legge non riporta tabelle specifiche dei costi, che la pensione minima di 384 euro deve essere ulteriormente ridotta, che le trattenute a carico del datore di lavoro vanno aumentate di un solo punto percentuale, ecc. Insomma, al Fmi proprio non piace e lo ha fatto sapere tramite indiscrezioni.
Si sta profilando un altro scontro tra Atene e Fmi? Il ministro delle Finanze, Efklidis Tsakalotos, ha chiesto al Fondo di prendere una posizione precisa e ufficiale al riguardo e ha aggiunto che “l’Europa non sopporterebbe un’altra crisi ellenica”. A Bruxelles invece sussurrano che la Grecia non è più una voce significativa nell’agenda europea.
Attualmente il carico pensionistico “pesa” per il 16,2% sul Pil, ma il Fmi insiste nell’esigere un ulteriore taglio per rendere sostenibile la riforma e come condizione essenziale alla sua partecipazione al terzo salvataggio e alla futura discussione sulla riduzione del debito. I creditori chiedono inoltre dati precisi sul bilancio statale 2016 e aggiungono che l’aumento del Fpa (Iva) e l’aumento dei contributi sanitari non colmano un buco di bilancio che dovrebbe aggirarsi sui 900 milioni. Dunque slitta tutto il calendario. Alla voce valutazione da parte della Troika non è prevista ancora una data certa. E poi quanto durerà? Sarà positiva? Oppure verranno chieste ad Atene ulteriori “correzioni”.
Queste le notizie dal fronte estero. Ben più grave la situazione sul fronte interno. Il progetto di riforma proprio non piace a nessuno, anche se possiede alcuni “trucchi” che rimandano al 2018 il sostanziale taglio delle pensioni. Anzi, il governo insiste nel sostenere che proprio dal 2018 le pensioni potrebbero anche aumentare. Da ieri, il governo si trova ad assistere a una catena di scioperi e manifestazioni. Da ieri, infatti, gli avvocati sono “assenti” dai Tribunali. Fino a quando? Non hanno ancora stabilito la data. Ieri era la volta dei pensionati che hanno bloccato il centro di Atene. Domani è la volta degli agricoltori che con i loro trattori taglieranno in due il Paese perché bloccheranno la strada nella gola di Tembi che unisce il sud del Paese con la Tessaglia, il granaio della Grecia, famosa per la più altra concentrazione di Porsche Cayenne in rapporto al numero di abitanti. Già, perché il governo oltre alla riforma delle pensioni deve varare la nuova legge sulla tassazione degli agricoltori. Un secondo macigno difficile da sollevare.
L’anno che verrà. Tutta la sinistra aspettava il 2015 per toccare il cielo e arrivare nelle stanze del potere. L’anno è trascorso con i risultati noti a tutti e con delle scelte politiche e diplomatiche di cui ancora oggi non sono chiare le conseguenze. Quella che doveva passare alla storia come la “rivoluzione di luglio” (trionfo del neo-populismo, referendum e ipotesi della moneta parallela) si è trasformata nella più cocente sconfitta della sinistra. L’anno che verrà, il 2016, riserverà non poche sorprese. Sicuramente registrerà la fine della “innocenza” della sinistra. E poi la prima è stata la vittoria del liberale Kyriakos Mitzotakis che permetterà alla classe media e agli imprenditori di ricompattarsi su un preciso progetto di sviluppo della Grecia.
Questo cambiamento ha già messo in moto una manovra di difesa: il governo sta elaborando il progetto di una nuova legge elettorale. Come da consuetudine, quando un governo si trova con le spalle al muro inizia a redigere una nuova legge che le sia favorevole. Questa volta si parla di un progetto che diminuisca il premio di maggioranza (non più 50 parlamentari, ma 20-30), lo scorporo delle grandi circoscrizioni e un abbassamento della percentuale di ingresso in Parlamento che favorirebbe il suo alleato di destra. Tsipras ha già chiesto l’aiuto del Partito comunista: con i suoi voti si arriverebbe alla maggioranza qualificata (180) che permetterebbe alla nuova legge di entrare in vigore già nella prossima tornata elettorale. Questa mossa rimanda alla Grecia di Andreas Papandreou: quando il suo governo era in difficoltà, ecco uscire dal cilindro una nuova legge elettorale.
Ma queste sono battaglie difensive per distrarre l’attenzione. Che poi: quale attenzione? L’opinione pubblica è molto critica, la gente ironizza, i giovani sono certi che non avranno mai una pensione. Gli investimenti latitano. E quelli attivi vengono penalizzati. “Avete perso la vostra coscienza di classe”, ha rimproverato ai minatori della Eldorado Gold che protestavano contro il governo, il ministro Skurletis, il “deus ex machina” che ha indotto la società mineraria canadese a sospendere i lavori nelle miniere d’oro a Skuries in Calcidica, fino a quando il governo non avrà assunto una posizione chiara. A rischio ci sono 2000 posti di lavoro, senza contare l’indotto. Persino i comunisti – quelli duri, puri e onesti – si sono scagliati contro le decisioni del governo: non si tratta, dicono, di favorire il “capitale”, ma di salvaguardare il posto di lavoro.
È la sinistra “onirica”. Quella che ancora non ha metabolizzato il senso del governare, il peso della responsabilità, tantomeno il valore politico delle parole. Nel luglio scorso ha dato comunque il meglio di sé, quando ha confuso il palazzo della Zecca di Stato con il Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo. A riportare alla ribalta il progetto dei ribaldi comunisti è stato il governatore della Banca centrale di Grecia, Jannis Sturnaras. In sintesi. L’ala sinistra del governo, la “piattaforma di sinistra”, voleva occupare la Zecca, impossessarsi dei 22 miliardi depositati e dare corso a un’avventura politica che avrebbe portato la Grecia al disastro, perché quelle monete sarebbero state dichiarate fuori corso. Anche queste fughe in avanti fanno parte della tradizione politica ellenica – l’ultima ha aperto le caserme dei colonnelli.
Altri dettagli stanno venendo alla luce in questi giorni, ma la notizia era già nota a luglio. Riunioni dei cospiratori, allarme alla Banca Centrale, decisione del governo di affidare il controllo dell’edificio ai servizi segreti (e perché non all’esercito). Dunque Tsipras sapeva. Varoufakis ha dichiarato di non sapere. E la magistratura? Per ora è assente. E una commissione parlamentare? I deputati hanno altro cui pensare. Meglio la rimozione politica. Come da tradizione.