Sebbene il fatidico 5 gennaio, data dell’assunzione dei poteri dell’assemblea, sia trascorso senza sorprese da parte del Governo Bolivariano (a parte l’uscita del Partito, ora all’opposizione, dall’aula, fatto non di secondaria importanza, ma lontano da altri quadri che si prospettavano) la situazione in Venezuela rimane allarmante, e non solo dal punto di vista economico e sociale. C’è anche la questione dei prigionieri politici da risolvere e si crede che questo sarà il nodo cruciale a partire dal quale si capirà molto del futuro di questo stupendo Paese. Ne abbiamo parlato con Mitzy Capriles, moglie di Antonio Ledezma, il sindaco di Caracas che lo scorso 19 febbraio venne arrestato dalle forze del Sebin, la polizia segreta Bolivariana, con l’accusa di far parte di uno dei 200 e passa complotti orditi per sovvertire il Governo di Maduro. Rinchiuso nelle carceri di Chaco Verde, successivamente è stato messo agli arresti domiciliari a causa delle sue condizioni di salute. Dal giorno dell’arresto Mitzy sta combattendo una coraggiosissima battaglia non solo per la liberazione del marito e degli altri uomini politici, ma anche per l’instaurazione di una vera democrazia nel Paese.



Come sta Antonio?

Più deciso che mai, con un ottimismo razionale contagioso, ripetendoci di non abbandonare la lotta che deve essere continuata per raggiungere vittorie come quella dello scorso 6 dicembre. Antonio è forte come un rovere, una persona di solide convinzioni: due cose che lo trasformano in uno duro da far fuori…



Le immagini del suo arresto sono drammatiche: perché si è organizzata un’operazione del genere?

È stato qualcosa di grottesco e allo stesso tempo spettacolare, perché si è fatta irruzione né più né meno che nell’ufficio del Sindaco rieletto di Caracas, la seconda autorità civile designata con votazioni più importante dopo il Presidente della Repubblica. È stata un’operazione realizzata con più di 100 uomini fortemente armati che, senza nemmeno presentare prima un ordine giudiziario, hanno abbattuto la porta con una mazza per entrare nell’ufficio. Sono immagini circolate nel mondo intero che hanno fornito la prova dello stato di questo regime e non occorre trovare altri argomenti per definirlo e perché il mondo capisca una volta per tutte con che genere di governanti ci confrontiamo noi, che difendiamo la libertà e la democrazia in Venezuela. La ragione di questa operazione? Credo fosse quella di costringere Antonio ad abbandonare il Paese, cosa che lui non farà mai: il regime ha pagato un prezzo molto alto per questa operazione di sequestro.



Mi risulta che una volta eletto democraticamente, gli siano stati ridotti i poteri

Non gli perdonano di aver sconfitto il vigente modello egemonico a Caracas, dapprima nel 2008 con Chavez presidente e poi nel 2013 con Maduro al potere. Gli hanno ridotto sia poteri che sovvenzioni, ma non lo hanno potuto sconfiggere. Antonio ha dovuto imparare a “respirare sott’acqua”: solo così e con uno sforzo notevole è potuto sopravvivere nel mezzo di una caccia implacabile. Nonostante le difficoltà la sua gestione è stata ritenuta positiva e anche meritevole perché si è dovuto ricostruire una formula per poter governare. Con la sua squadra ha raggiunto obiettivi importanti come il Transmetropoli nei trasporti o il Piano strategico di Caracas, con progetti di sviluppo e politiche ambientaliste di grande impatto sociale.

Le ultime elezioni sono state vinte dall’opposizione: come si presenta la situazione?

La volontà popolare si è già espressa nelle elezioni, alle quali si è arrivati superando ogni tipo di ostacolo, attraverso una partecipazione straordinaria ed emozionante perché i cittadini si sono recati alle urne per esprimere la loro volontà pacifica e la convinzione di come sia possibile superare le tremende avversità attuali che ci soffocano attraverso il voto, senza usare bastoni, pugni o proiettili. Speriamo che le istituzioni sappiano agire al di sopra delle oscure manovre di chi, alleato con la perversione, voglia burlarsi dei risultati del 6 dicembre. È stato un trionfo netto e chiaro perché sorto dalla trasparenza delle coscienze di donne e uomini che aspirano a liberare i cieli dalle tenebre in cui alcuni, perversamente, vogliono incastrare il Venezuela.

 

Ci saranno dei cambiamenti?

L’ingiustizia non ha ceduto: nonostante l’immenso rifiuto espresso dai cittadini nelle ultime elezioni, il Governo insiste per non operare cambi. Né nella politica economica che porta tutti verso un impoverimento accelerato, né in quella istituzionale, viziata dalla prepotenza e dall’ignoranza della legalità. E non cambia nemmeno nella sua decisione di confermare la detenzione di leader politici del calibro di Antonio Ledezma. Mio marito è un leader con una lunga storia di impegno democratico. Il Governo non gli perdona, come ripeto, di essere stato rieletto sindaco e anche un ruolo politico che ha sempre svolto professionalmente attraverso il consenso e la trasformazione dell’insoddisfazione popolare in proposta politica, la sua capacità di dissentire e il coraggio morale che costantemente lo mantiene al fianco degli interessi genuini della gente.

 

Che probabilità ci sono che la richiesta di amnistia per i prigionieri politici possa concretizzarsi, dopo che nella riunione del Mercosur la Cancelliera venezuelana Delcy Rodriguez li ha definiti “delinquenti” mostrandone le foto?

L’agenda della nuova Assemblea nazionale è ampia ed esigente nel compimento della volontà popolare. Uno di questi compiti risiede nell’approvazione della Legge sull’amnistia che si è trasformata nella bandiera o priorità assoluta nella recente campagna elettorale. Oltre a questa iniziativa ce ne sono altre di valore non minore per il loro contenuto sociale ed economico, con progetti già definiti e volontà di dibatterli alla ricerca delle soluzioni più idonee convergenti con le esigenze del Paese.

 

A parte la posizione del nuovo Presidente argentino Macri, come si spiega la tenue reazione degli altri Presidenti latinoamericani alla proposta di una maggiore democrazia in Venezuela e della liberazione dei prigionieri politici?

L’attenzione della Comunità internazionale a questi fatti e la presenza di organizzazioni multinazionali incaricate di garantire il rispetto dello stato di diritto dovrebbe essere una responsabilità condivisa per i presidenti democratici del mondo. Ciò che ha detto il presidente Macri ci dà tranquillità e fiducia per continuare in questa lotta. Mauricio Macri sta facendo “politica internazionale con l’etica”, dicendo al mondo che valgono più la libertà e la vita di un essere umano che una tonnellata di grano o un pozzo di petrolio. Per questo è rimbombata la sua voce alla riunione del Mercosur, onorando il suo impegno per i valori e i principi della democrazia.

 

(Arturo Illia)