Noi siamo in molti e siamo “proletari”, voi siete in pochi e “borghesi”. Sinistra contro destra. Verità dette dal governo e menzogne a mezzo stampa.. Democrazia contro oligarchia. Insomma, molti nemici molto onore. Anziché parlare come primo ministro di un Paese ancora alla ricerca di soluzioni sociali ed economiche utili a uscire da una lunga crisi, Tsipras ha voluto raccontare il suo primo anno di governo ai suoi “syrizei”, quasi che la manifestazione di domenica scorsa fosse l’inizio di una nuova campagna elettorale. Dopo l’espulsione dei “duri e puri”, si riteneva che Syriza si fosse politicamente modificato e avesse adottato la strategia del realismo. Invece il solito salto all’indietro, senza alcun cenno su come il suo governo di sinistra intende progettare il futuro. 



Buona parte del discorso di Tsipras si è focalizzato nella polemica con le istituzioni europee e tutti quelli “che sono con loro e non con noi”, cioè il neo presidente di Nea Demokratia, i suoi predecessori e quelle classi produttive che contestano il progetto di legge sul nuovo sistema previdenziale. Inizia dunque un periodo di polarizzazione, anziché di dialogo tra le forze politiche. Canovaccio già intessuto negli ultimi sei anni. E poi tanti slogan seguiti da tanti applausi.



Francamente Syriza poteva, con i malumori sociali in ebollizione, evitare di festeggiare il suo primo anniversario, e c’è da chiedersi in quale democrazia il governo festeggia il suo primo anno al potere. Ma Syriza (anche Tsipras?) è convinto che la sua vittoria ha segnato un cambio di paradigma, o anche uno spartiacque sociale. Non è sufficiente un anno – vissuto pericolosamente –  a stabilire se la società ellenica è cambiata. Per il momento la società non è cambiata: agricoltori e i loro trattori per strada, liberi professionisti e pensionati sul piede di guerra, in attesa dello sciopero generale del 4 febbraio. 



Con i liberi professionisti, il governo può trovare un accordo, con gli agricoltori il dialogo è più difficile. A questi ultimi, Syriza, quando era all’opposizione, aveva fatto promesse che non può mantenere. “Se non si accetta questa legge di riforma, il Paese rischia di essere espulso dall’Europa”, ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura. Ha usato l’identico tipo di ricatto dei governi precedenti.  E non solo non è cambiata: un sondaggio dice che l’85% dei greci è convinto che la situazione economica peggiorerà nei prossimi mesi. Tutti pessimisti? Soprattutto delusi dall’unica forza politica che non si era mai sporcate le mani con tagli e austerità. Ma anche complici, perché a settembre hanno rinnovato la loro fiducia a Tsipras, sapendo che il governo sarebbe stato costretto ad implementare il terzo Memorandum. 

Un anno di “governo di sinistra, un anno di battaglia”, era lo slogan dell’anniversario, porta un bilancio in rosso. Syriza è ancora ostaggio delle promesse fatte in campagna elettorale. Non tanto per i numeri, quanto per la perdita dell’innocenza di questo governo. Troppe le promesse, troppe le parole, troppe le bugie, troppi gli ideologismi che nascondevano la mancanza di progettualità. Compresi quelle di domenica scorsa. Il bilancio del primo anno, a detta di Tsipras, è sicuramente positivo. Ovviamente non ha fatto cenno ai primi sei mesi del 2015, quando Atene ha dato l’impressione di non avere un governo, tantomeno una strategia, non ha fatto cenno ad alcune sue scelte che hanno rallentato il riallineamento del Paese alle richieste dei creditori, non ha fatto cenno alle nomine di alcuni ministri che non hanno mai negato la loro preferenza di un’uscita dall’euro, non ha fatto cenno al capital control e alle sue disastrose conseguenze, non ha fatto cenno al referendum. tantomeno ha replicato alle rivelazioni giornalistiche sui due terribili mesi – giugno e luglio – in cui il governo era pronto a lasciare l’Eurozona. Era tutto pronto: carne e farmaci dall’America del Sud, petrolio dall’Iran, finanziamento dalla Cina, contatti con una società per stampare moneta.

Che cosa sia veramente successo nei primi sette mesi del 2015 – fino al 5 luglio, giorno del referendum –  ancora non è ancora chiaro, non ci vorrà molto tempo per sapere quali furono tutte le mosse del governo Tsipras. Le mosse future sono invece vincolanti: legge sulla riforma del sistema previdenziale, altrimenti tra cinque anni crollerà. E legge sulla riforma della tassazione e le pensioni degli agricoltori. Senza queste due votazioni non si mette in moto la prima “valutazione” del terzo Memorandum, senza “valutazione” positiva non si può parlare di alleggerimento del debito. E se la tabella di marcia si blocca, tutta la strategia del governo si sfarina. Tuttavia, Tsipras, sembra che non abbia ancora preso atto della realtà, altrimenti domenica scorsa, anziché parlare alla sua “claque” con le bandiere rosse, avrebbe dovuto rivolgersi all’intera società usando parole chiare, comprensibili  e condivisibili.

Un anno dopo, il governo si trova in un vicolo cieco, deve affrontare una massiccia ondata di proteste (ieri era la volta dei medici ospedalieri), deve ricevere la Troika che si porta in borsa proposte di altri tagli alle pensioni e ai diritti del lavoro. Klaus Regling, capo dell’Esm, in un’intervista ha dichiarato che la Grecia “prima o poi avrà bisogno di un ulteriore sostegno economico”. Di conseguenza Tsipras sarà costretto a continuare le trattative con i creditori.Purtroppo, poiché  il governo è ancora in fase di negoziazione e il Paese in attesa, il discorso di domenica sera contro i “nemici esterni” e la glorificazione “battaglia della sinistra per la democrazia” è un “déjà vu” inebriante per alcuni e paralizzante per altri.