“Un intervento italiano in Libia dipenderà in larga parte da quello che decideranno di fare gli altri Paesi, in particolare gli Stati Uniti. Eliminare l’Isis a Sirte richiederà uno sforzo enorme, con migliaia e migliaia di soldati sul terreno e forti perdite per lungo tempo”. Lo afferma Carlo Jean, generale e analista militare. In un’intervista al Correre della Sera pubblicata giovedì, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha osservato: “Non possiamo immaginarci di far passare la primavera con una situazione libica ancora in stallo. Nell’ultimo mese abbiamo lavorato più assiduamente con americani, inglesi e francesi”.



Per il ministro Pinotti in primavera l’Italia interverrà in Libia. Come legge questo annuncio?

L’Occidente è già intervenuto in Libia con delle forze speciali, soprattutto a supporto dell’intelligence. L’obiettivo è quello di eliminare gli esponenti più pericolosi dello stato islamico in Libia. E’ quanto è successo per esempio circa un mese fa quando gli americani con un’azione aerea hanno eliminato uno dei capi dell’Isis in Libia.



Quindi si parla solo di interventi aerei mirati?

Se si vuole risolvere la questione sono necessarie operazioni di terra. Gli interventi mirati servono soprattutto a contenere l’espansione, più che a eliminarla.

Senza un governo libico unitario, la comunità internazionale come farebbe a intervenire?

Come in Kosovo e in Bosnia nel 1999. La richiesta del governo nazionale libico servirebbe per garantire la legalità dell’intervento. Sicuramente l’esistenza di un governo che chiede di intervenire significa avere degli appoggi anche sul territorio. L’impiego della forza però dipende dalla sovranità nazionale del Paese che la esplica, e non dalla richiesta di altri.



Un intervento di questo tipo rischierebbe di essere visto come un’ingerenza?

Sicuramente ci sarebbe una reazione di questo tipo, ed è quello che finora ha frenato qualsiasi intervento occidentale.

Nel frattempo il segretario Nato, Jens Stoltenberg, ha detto che l’Italia non deve tagliare la spesa militare. Che cosa significa questo invito?

Che l’Italia sta perdendo ogni capacità di proiezione di potenza.

Nell’attuale scenario, quanto conta la potenza militare dell’Italia?

Nell’attuale scenario la potenza militare dell’Italia conta ben poco, sia perché non ha la capacità militare per poter incidere veramente sul terreno, sia perché dal punto di vista politico il nostro Paese è diviso e non può esprimere una chiara volontà politica.

Aumentare la spesa militare potrebbe fare la differenza?

La vera questione è non ridurre il personale militare. Un’operazione militare in Libia richiederebbe di impiegare migliaia e migliaia di soldati sul terreno.

 

Come si spiega che il Parlamento di Tobruk ha votato no al nuovo governo?

Il governo di Tobruk è praticamente prigioniero del generale Khalifa Haftar, il quale vuole il potere per sé e non accetta un comandante delle forze armate che non sia lui.

 

E’ soltanto una questione di potere personale o c’è altro?

In Libia è in atto un’enorme frammentazione del potere, che è in mano a milizie e forze locali. Né Tobruk né Tripoli hanno il controllo delle milizie che teoricamente fanno capo a loro.

 

Riusciranno a trovare un accordo?

Se i libici non vogliono mettersi d’accordo tra loro non c’è niente da fare. Le varie milizie sono in lotta per il potere e per i soldi. Non vogliono quindi mollare i loro privilegi, perché sperano di accedere a un controllo completo del Paese a livello sia politico sia economico.

 

(Pietro Vernizzi)