L’ipotesi di un attacco Usa contro postazioni dell’esercito siriano è forse più lontana: il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest giovedì scorso ha confermato ai giornalisti che il piano degli attacchi aerei contro l’esercito siriano è stato respinto da Obama.
L’avvertimento della Russia che avrebbe usato i missili superficie-aria S300 e S400 contro qualunque aggressore, ha portato il presidente statunitense ad accantonare l’attacco aereo diretto. Non sono comunque da scartare altre opzioni, come la messa in campo di “false flag” o azioni offensive camuffate. Nel frattempo gli Stati Uniti non cesseranno di armare i cosiddetti “ribelli”. Washington ha appena acquistato munizioni sufficienti a rifornire tra i 20 e i 30mila miliziani. Sono stati consegnati inoltre nuovi lanciarazzi multipli MLRS ed armi antiaree manpads.
Intanto, la tendenza di forte conflittualità esistente tra i vari apparati governativi statunitensi, è stata ancora una volta confermata: quasi contemporaneamente alla decisione di Obama, il segretario del Dipartimento di Stato Usa John Kerry ha accusato Mosca e Damasco di essere responsabili di “crimini di guerra” per aver “deliberatamente bombardato” ospedali, donne e bambini allo scopo di “terrorizzare i civili”.
A stretto giro, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha risposto che “gli aerei siriani sostenuti dalla forza aerea russa non prendono di mira i civili ma i jihadisti che hanno ripetutamente rotto la tregua”. Infatti, anche secondo le stime delle Nazioni Unite, circa la metà degli 8mila militanti presenti ad Aleppo Est appartengono all’organizzazione terroristica al Nusra.
Più dura è stata la replica del suo portavoce Maria Zakharova che ha detto che le dichiarazioni di Kerry sono propaganda e sono usate per fomentare odio. La Zakharova ha aggiunto che “se si parla di crimini di guerra, i funzionari statunitensi devono iniziare dall’Iraq e poi rispondere su Libia e Yemen: serve vederci chiaro”.
Sulla guerra di propaganda di cui parlava la portavoce russa, ha posto l’indice anche il vescovo caldeo mons. Antoine Audo che in una dichiarazione all’agenzia Fides ha detto: “Di quello che succede da noi, i media occidentali non parlano. A noi che siamo qui, tutto il sistema mediatico globale appare manovrato da interessi geopolitici che manipolano l’informazione. Tutto diventa pretesto di propaganda. E si continua a nascondere il ruolo e le operazioni messe in atto da Paesi come la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita”.
Sono sostanzialmente le stesse dichiarazioni fatte qualche giorno prima dall’arcivescovo cattolico maronita Joseph Tobji alla Commissione Esteri del Senato. Il continuo supporto ai gruppi jihadisti da parte dei sauditi è reale. Ma Ryad non è impegnata solo in terra siriana. Anche nello Yemen svolge una guerra, adeguatamente occultata dai media occidentali: solo sabato, l’aviazione saudita nella capitale Sanaa con un solo bombardamento ha causato ben 144 morti e 527 feriti.
Intanto ad Aleppo Ovest, in una settimana, i combattenti antigovernativi hanno perso praticamente il 20 per cento del loro territorio: l’esercito arabo siriano (SAA) avanza rapidamente attaccando i miliziani da direzioni diverse. Un accordo è stato raggiunto tra SAA e milizie curde (YPG) di Sheikh Maksoud, ciò consente di alleggerire i compiti dell’esercito governativo e di avere più risorse nelle zone più importanti.
Positiva la notizia che il comando russo-siriano ha deciso di ridurre al minimo i bombardamenti aerei per proteggere infrastrutture e civili. Secondo l’inviato Onu De Mistura i bombardamenti in Aleppo Est negli ultimi 10 giorni avrebbero ucciso 376 persone (compresi i miliziani), mentre nella parte ovest governativa i ribelli nello stesso periodo hanno ucciso 58 civili (fonte: Nabil Antaki dei maristi blu). La Russia ha accusato i ribelli di impedire di far defluire i civili al di fuori delle zone di combattimento e di usarli come scudi umani.
Vista la situazione in atto, è possibile stimare che la battaglia per la liberazione di Aleppo potrebbe terminare entro la fine di novembre. Tuttavia, gli Stati Uniti e gli alleati sembrano non accettare che la finestra di intervento “è andata”. E’ chiaro che insistendo, Washington può solo assestare un colpo mortale alla tendenza di pacificazione in atto: sono infatti più di 60 i gruppi di ribelli che hanno deposto le armi beneficiando così dell’amnistia. Inoltre, sono almeno 700 le località della Siria dove il patteggiamento della resa con salvacondotti per i ribelli è stato proficuamente accettato.
Purtroppo, ogni passo che non sia corrispondente al progetto originario di “regime change” viene rigettato dall’occidente. E’ di questo segno l’ennesimo tentativo della Francia di far passare una risoluzione tendente ad imporre una No Fly Zone su Aleppo: ancor prima che la presentasse, la Russia l’aveva definita “progettata per ottenere il veto” e così è stato.
Infine, Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo melchita di Aleppo, ha fatto un appello all’occidente: “Vi preghiamo di aiutarci. Non stiamo chiedendo di fare la guerra per noi, ma solo di porre fine alle ingiuste pretese dei vostri alleati che ci vogliono imporre leggi antiquate, insopportabili per un uomo del XXI secolo che dovrebbe essere libero di scegliere la sua cultura, lo stile di vita e la fede”.
La richiesta del vescovo è quella della stragrande maggioranza dei siriani: resta solo da vedere se l’occidente è più legato al riconoscimento della verità o ai suoi “diritti umani”.