Il Papa ieri ha solennemente chiesto un cessate il fuoco in Siria, soprattutto per consentire l’evacuazione dei civili ancora intrappolati nelle città in cui si combatte, Aleppo in testa. Bene, ma come pensate che si possa uscire dal conflitto siriano ora, con la diplomazia forse? O con le minacce di quell’ipocrita di Ban-Ki-Moon, la cui coscienza gronda sangue di quegli innocenti siriani ogni volta che punta il suo dito unicamente verso Assad e Putin, gli unici che hanno trattato l’Isis come merita fin dall’inizio: sterminandoli?



Lo so, non è cristiano quanto dico, ma a volte per portare pace e giustizia serve usare la violenza e la forza, siamo uomini e le guerre vanno combattute in armi, non con le parole, né tantomeno con il perdono. Il perdono spetta a Dio e a nessun’altro, ma restare inermi di fronte a una banda di assassini senza scrupoli, significa essere complici e dubito che nostro Signore gradisca l’omertà o la vigliaccheria. Bene, l’Occidente intero è stato complice e ora è vigliacco: se in Siria c’è una mattanza, la colpa è nostra. Io lo dico da sempre, ma adesso le evidenze cominciano a fare capolino anche sulla grande stampa, quella che fino a che ha potuto, ha tenuto la verità sotto il tappeto, limitandosi al comodo gioco di scaricare ogni responsabilità su Putin e Assad. Ora, lo schifo sta venendo a galla con tale forza che tutti cercano di arrabattarsi, lanciandosi in capriole diplomatiche più ridicole che imbarazzanti.



Eccone un esempio: “I governi di Qatar e Arabia Saudita stanno fornendo supporto finanziario e logistico clandestino all’Isis e ad altri gruppi sunniti radicali nella regione”. Questo è il testo di una mail inviata nell’agosto del 2014 da Hillary Clinton a John Podesta, da sempre uno dei più stretti collaboratori della famiglia Clinton e oggi a capo della sua campagna elettorale. Fa parte dell’ultima serie di e-mail rese note da WikiLeakes e dimostra plasticamente come la Clinton sapesse esattamente cosa stava accedendo in Siria, sapeva che i Paesi del Golfo stavano armando e finanziando i tagliagole, ma questo le andava benissimo, perché esattamente come in Libia il piano era quello di utilizzare l’Isis come elemento di destabilizzazione per far cadere Assad, nemico giurato dell’Arabia Saudita, ma anche di Israele.



Nonostante fosse a conoscenza dell’appoggio che i regimi del Golfo alleati degli Usa danno all’Isis, la Clinton ha continuato ad accettare milioni di dollari di finanziamento per la sua Fondazione proprio da questi regimi che lei stessa riconosce essere sponsor del terrorismo islamista. In altre parole, la candidata alla Presidenza degli Stati Uniti riceve enormi quantità di denaro da “Stati canaglia” che lei stessa sa essere fiancheggiatori del terrorismo e ispiratori di coloro che poi in Usa e in Europa uccidono cittadini americani ed europei.

Basterebbe questo per capire l’ipocrisia che alimenta la retorica occidentale della “lotta al terrorismo” e della difesa delle democrazie dal pericolo di coloro che lo vogliono distruggere. Difficile difendersi quando sei sul libro paga dall’amico del tuo nemico. E l’eventualità che su questo libro paga ci possa essere un futuro presidente degli Stati Uniti, rende oscuro il futuro della presunta più grande democrazia al mondo, non vi pare? 

Quando ho cominciato a scrivere queste cose? Ora, piano piano, strage dopo strage, anche gli altri sono costretti a farlo, perché la Storia si è tramutata in un lavandino di morte intasato che fa venire a galla e rende visibile lo schifo che si è cercato di occultare per anni e anni. Il Papa fa benissimo a condannare il traffico di armi, ma dica chiaro che i principali venditori di morte a regimi che li usano contro civili sono Stati Uniti e Gran Bretagna.

E poi, perché non una parola, da parte di nessuno, sulla mattanza in Yemen? Oltre 170 morti e 500 feriti a un funerale pochi giorni fa e i telegiornali hanno dato la notizia in una breve. I bambini, le donne e i vecchi yemeniti sono di serie B, forse? Dio li ha maledetti? O forse il conflitto siriano consente ancora di poter fare un po’ di cerchiobottismo, infilando nel novero dei responsabili anche Putin e Assad, mentre se si scava nel conflitto in Yemen i nomi sono soltanto due, tremendamente legati entrambi all’intoccabile candidata democratica alla presidenza: Usa e Arabia Saudita. Guardate la foto a fondo pagina, ci mostra come nel massacro al funerale di Sana’s siano state usate bombe di fabbricazione Usa di modello Mark 82. Non l’ha diffusa la Pravda, ma l’inglese ITV News, attraverso il suo corrispondente Neil Connery.

Come la mettiamo? Cosa hanno da dire tutti i fans della Clinton, quelli a detta dei quali con Trump andremmo incontro a chissà quale catastrofe? La Clinton, la sua campagna elettorale e la Fondazione di famiglia sono ricoperti di soldi sauditi da anni: per sillogismo semplice, quello che piace alla stampa filo-Usa, possiamo dire che la candidata alla Casa Bianca ha il sangue di quei bambini yemeniti sulle sue curatissime mani. I russi e i siriani non fanno morti? Certo che ne fanno, in guerra si muore e si uccide, da sempre. Ma una cosa è uccidere per liberare una città da un branco di assassini che tiene in ostaggio civili per non cedere la posizione, una cosa è vendere scientemente armi a chi sta portando avanti un massacro in uno dei Paesi più poveri del mondo.

Non è doppia morale, è saper distinguere il buono dal cattivo: altrimenti diveniamo tiepidi, mansueti osservatori di un massacro che hanno troppo timore di esporsi per dire le cose come stanno. Cioè che l’Isis è fino in fondo una creatura Usa utilizzata come grimaldello per l’ennesima destabilizzazione mediorientale, peccato che questa volta le uova siano state rotte nel paniere dalla Russia, la quale ha atteso finché ha potuto e poi ha fatto decollare i jet. Da quel preciso momento, settembre 2015, il conflitto siriano, di cui non è fregato nulla a nessuno per almeno due anni, è diventato notizia mainstream e, casualmente, quasi sempre per le presunte stragi di civili perpetrate da esercito regolare siriano e caccia russi: stando alle cronache della Rai, ad Aleppo si sarebbe stato un ospedale pediatrico in ogni strada della città. Casualmente, quando i mezzi russi o siriani entrano a loro rischio e pericolo nei quartieri assediati per portare beni di conforto, le telecamere e i droni sono spenti.

È ora di finirla, è ora di cominciare ad avere il coraggio di dire la verità, altrimenti smettiamola del tutto, perché l’impegno e l’indignazione a targhe alterne sono peggiori del disinteresse e dell’indifferenza. E questo vale per tutti.