Il presidente del Consiglio libico, Fayez Serraj, è sempre più indebolito dopo il golpe organizzato contro di lui cinque giorni fa dal suo predecessore, Khalifa Ghwell. La tensione nel Paese resta molto alta dopo che gli scontri sono proseguiti per diversi giorni. Intervistato da Al Jazeera, Serraj ha spiegato: “Abbiamo agito con responsabilità di fronte all’assalto alla sede del Consiglio di Stato a Tripoli per evitare spargimenti di sangue, ma metteremo la parola fine a questi eccessi con fermezza, con forza e con l’arma della legge”. In Libia il governo di Serraj, in carica dal 12 marzo scorso, si contrappone al governo cirenaico di Tobruk, il cui capo di stato maggiore e ministro della Difesa è il generale Khalifa Haftar. Ne abbiamo parlato con il generale Marco Bertolini, già numero uno del Comando Operativo di Vertice Interforze e della Brigata Folgore, che in passato ha lavorato in Paesi caldi quali Libia, Afghanistan, Libano, Somalia e Kosovo.
Generale Bertolini, come legge il caos libico dopo il tentativo di colpo di Stato contro Serraj?
Serraj è l’uomo dell’Onu, un ruolo che ricopre dopo che in precedenza la comunità internazionale aveva appoggiato il governo di Tobruk. Quando c’è stato lo spostamento del parlamento da Tripoli a Tobruk, l’Onu aveva riconosciuto questa camera dei rappresentanti. La comparsa di Serraj attraverso questa sua infiltrazione via mare dalla Tunisia ha cambiato le carte in tavola.
Chi sono i veri protagonisti della partita libica?
In questo momento la Libia è contesa da due coalizioni internazionali. La prima fa capo a Onu e Stati Uniti e appoggia Serraj, puntando a una Libia unita sotto la tutela dello stesso Palazzo di Vetro. La seconda è appoggiata da Egitto, Russia e Francia, e non vuole l’unità. Da un punto di vista militare la seconda coalizione è più forte perché può contare sull’esercito del generale Haftar, che comanda la principale forza militare del Paese. La situazione quindi è molto delicata, io non la vedo assolutamente in modo positivo.
Perché Egitto e Francia non vogliono l’unità della Libia?
L’Egitto molto semplicemente ha delle mire territoriali sulla Cirenaica. Per quanto riguarda la Francia, stanno venendo alla luce i veri motivi per cui era stata così attiva contro Muammar Gheddafi nel 2011. Si tratta di ragioni esclusivamente francesi, legati a interessi economici tra cui lo sfruttamento delle risorse petrolifere, che invece prima vedevano l’Italia in primo piano.
E la Russia?
La Russia beneficerebbe di una Libia divisa e non sotto la tutela dell’Onu perché è alla disperata ricerca di un approdo sul mare. Oltre che della Crimea, che per Mosca è indispensabile, la flotta russa nel Mar Nero ha bisogno di un approdo nel Mediterraneo. E ciò tanto più dopo che il Montenegro ha avviato i negoziati per entrare nella Nato, togliendo così un altro possibile sbocco sul mare a Vladimir Putin.
Serraj riuscirà a restare in sella?
Dipende da come andranno le elezioni Usa. Se vince Donald Trump, Serraj si troverà in una posizione molto più debole che se dovesse prevalere Hillary Clinton. Quest’ultima farebbe da sponda al premier libico anche in funzione anti-russa. In Libia inoltre la situazione cambia facilmente da un momento all’altro anche per via dell’atteggiamento delle katibe (le milizie combattenti libiche, ndr). Per ora Serraj gode del sostegno sia della katiba di Misurata sia di quella di Zintan.
Quali effetti ha avuto su queste vicende la lunga battaglia per liberare Sirte dall’Isis?
L’intervento aereo su Sirte da parte degli Stati Uniti, che doveva risolvere la situazione con una vittoria propagandistica enorme per Serraj, ancora non ha prodotto i risultati sperati. Le milizie di Misurata sono entrate a Sirte, eppure l’Isis è ancora presente nella cittadina.
Come andrà a finire?
La posizione di Serraj è difficile, ma tutti in Libia stanno lottando per la loro sopravvivenza, anche Haftar e l’ex primo ministro Khalifa El-Ghwell. Lo stesso golpe di Tripoli è stato abbastanza strano, ma ha dato voce a tensioni che coinvolgono realtà più vaste rispetto ai due stessi protagonisti.
Le difficoltà di Serraj documentano che non è possibile formare un governo di unità nazionale in Libia senza rappresentare l’area islamista?
Ci sono varie sfumature di islamismo. Un conto è l’Isis, un altro realtà islamiste “moderate” che devono essere prese in considerazione. Alcune di queste sono quelle che hanno cacciato il califfato quando era comparso a Derna. In un Paese quale la Libia, è possibile prescindere dall’area islamista solo imponendo un regime laico come quello di Saddam Hussein in Iraq o Bashar Assad in Siria. Le guerre degli ultimi vent’anni sono state fatte però per rimuovere queste figure, non so quanto opportunamente, e quindi mi sembrerebbe abbastanza difficile rimetterne in piedi una in Libia.
(Pietro Vernizzi)