Gerusalemme, mia cara. I politici italiani parlano di te molto raramente. Quando lo fanno, come in questi giorni, è per strepitare. L’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite che si impegna per salvaguardare il patrimonio culturale di questo nostro grande e sofferente pianeta, ha scritto ed approvato, con l’astensione dell’Italia (ma anche della Francia, della Svezia, della Spagna) un documento che, in sintesi, ricorda che Gerusalemme è una città dai molti “volti”. Quello arabo e musulmano, ammonisce l’Unesco, non deve essere sfigurato. 



Nessuno, ma  proprio nessuno, si è premurato di accertare quali fatti hanno portato a scrivere quel documento. Chi vive a Gerusalemme, gente comune, padri e madri di famiglia, ragazzi e vecchi, ma anche politici, giornalisti, diplomatici quei fatti li conoscono e talvolta li hanno severamente denunciati. Loro che vivono a Gerusalemme sanno come la cultura araba, ad esempio, è sistematicamente compressa e vilipesa. Ogni anno, ad esempio, il Festival palestinese della letteratura si trasforma per le autorità israeliane in un pericoloso raduno da disperdere. A me è capitato di essere ospitato, a Gerusalemme est, in un giardino protetto dall’immunità concessa al Console inglese: con me c’erano scrittori palestinesi ed inglesi, ai quali il Governo israeliano aveva rifiutato ogni possibilità di riunirsi a Gerusalemme est. 



Non si ricordano di te, mia cara Gerusalemme, quando un fiume di soldi viene usato per comprare, giorno dopo giorno, le abitazioni d’epoca della vecchia Gerusalemme. Si allontanano gli anziani abitanti arabi, si impedisce ai giovani di proseguire la tradizione familiare all’interno della città, e si spalancano le vecchie porte ai nuovi abitanti israeliani ed ebrei. 

Nessuno poi, tra i politici occidentali, si accorge che i nomi dei quartieri e delle strade vengono cambiati, via quelli arabi e spazio a quelli ebraici. E’ accaduto a Musrara e a Sheikh Jarrah. E ricordate bene questo ultimo nome. Pochi giorni fa alla fermata del tram due israeliani sono stati uccisi in un attentato. Molti giornali hanno scritto “uccisi a Sheikh Jarrah”. Infatti, a quella fermata, che per tutti, anche per gli israeliani di Gerusalemme, è quella di Sheikh Jarrah, in realtà è stato imposto un altro nome, ebraico: Shimon HaTzadik. 



A tanti, a migliaia di tuoi cittadini palestinesi, mia cara Gerusalemme, hanno tolto (con varie motivazioni) la cittadinanza e il diritto a vivere in città. Questo è cominciato nel giugno del 1967, con l’occupazione di Gerusalemme est, e continua sino ai nostri giorni. C’è poi l’amaro destino degli abitanti di un tuo quartiere, Silwan, ai piedi della Spianata delle Moschee. In nome della costruzione del “Parco Nazionale Archeologico della Città di Davide” centinaia di famiglie palestinesi sono state sfrattate dalla Municipalità di Gerusalemme. Quante lacrime, quanti morti, quanti feriti, quanti arrestati, anche  giovanissimi, anche bambini, nelle strade di Silwan negli scontri tra abitanti e polizia. Silenzio. Non di tutti. 

I diplomatici occidentali a Gerusalemme, ad esempio, si accorgono di questi ed altri fatti, di quella che loro stessi hanno chiamato l’ebraizzazione della città. Non ultimo l’annullamento della parola Spianata delle Moschee, sostituita sempre dall’espressione ebraica Monte del Tempio, anche quando si è costretti a descrivere su quella Spianata gli scontri tra gruppi di ebrei ultraordodossi, polizia, esercito e giovani palestinesi. Di questa ebraizzazione della città hanno scritto i Consoli Generali a Gerusalemme, anzi lo scrivono ogni anno, nel loro rapporto sulla città, che inviano a Roma, Madrid, Parigi, Berlino, Londra. Hanno scritto più volte quanto sia pericolosa e foriera di conflitti questa politica israeliana, che tenta di sradicare la storia, la cultura e le persone palestinesi dalla città. 

Il nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a fine ottobre andrà in “Visita Ufficiale in Israele e Palestina”: questi rapporti diplomatici su Gerusalemme sarebbero un’utile lettura. A cominciare da quello che Gianfranco Fini, allora ministro degli Esteri, impedì di discutere a Bruxelles. E poi come non ricordare il silenzio dei nostri politici  quando i governanti israeliani ripetono che Gerusalemme è loro e rimarrà unita ma sotto controllo israeliano. Gerusalemme, capitale anche della Palestina? Netanyahu dice mai. E noi? Silenzio. Questo uccide le speranze di pace a Gerusalemme e in Medio Oriente. 

Noi sappiamo, tuttavia, quello che accade a Gerusalemme. I nostri diplomatici lo sanno. Caro Renzi, quando i nostri diplomatici si “astengono” e non votano “contro”, come accaduto sul documento dell’Unesco, è per la consapevolezza di questa storia misconosciuta di Gerusalemme.