Nelle ultime settimane di avvicinamento alle Elezioni Usa 2016 chiunque si sia imbattuto in un articolo riguardante le Presidenziali americane avrà letto frasi del tipo: ‘Hillary Clinton è la grande favorita’ o ‘Donald Trump deve fare qualcosa per tentare la rimonta’. Insomma, segnali evidenti che i sondaggi davano la candidata Democratica con un vantaggio così ampio da rendere complicatissimo un ribaltamento dei rapporti di forza a due settimane dall’Election Day. Ecco, siamo qui per dirvi che tutto ciò che avete letto fino ad oggi non è stato inutile: perché anche Hillary Clinton pensa di avere già vinto. La conferma arriva direttamente dall’ex Segretario di Stato che, come riporta Politico.com, sostiene di non essere più interessata a rispondere a qualsiasi dichiarazione proveniente dal Repubblicano. Ha deciso di passare al livello successivo, Hillary: ha capito che il tycoon, così com’è, non può dargli più fastidio di una mosca che le ronza intorno; destabilizzato dalle ricorrenti accuse di molestie sessuali, incapace di attirare su di sé le simpatie dei pur moltissimi elettori americani che ancora non hanno deciso di votare per Clinton, vittima del suo ego smisurato, Trump non è più un problema di Clinton. Ma non è soltanto la scelta di ignorare mediaticamente il magnate di New York a tradire la convinzione di Hillary di avere in mano le chiavi dello Studio Ovale della Casa Bianca; non è soltanto ricordando di aver dibattuto per lui per 4 ore e mezza e di volerlo abbandonare alle sue dichiarazioni fuori dagli schemi e spesso condannabili che Clinton comunica l’idea di avere in pugno queste Elezioni Usa 2016. No, Hillary è oltre. Si tratta di politica, di strategia: Clinton vuole andare a prendersi gli Stati in cui i Democratici stanno perdendo. Si tratta di un’indicazione chiara, che non lascia troppo spazio ad interpretazioni. Forte di un consenso inavvicinabile in diversi Stati chiave e negli ‘swing states‘ che solitamente decidono il candidato che salirà a Washington, Hillary ha spostato il mirino più in alto: vuole prendersi tutto, stravincere e passare alla storia non solo come la prima donna Presidente degli Stati Uniti, ma anche come la Democratica che ha distrutto il Partito Repubblicano. Perché dev’essere chiaro: Trump sta firmando la condanna a morte del Grand Old Party. Non sono tutte sue le colpe: se i Repubblicani non lo avessero sottovalutato durante le Primarie, se avessero scelto un candidato unico da opporgli, se si fossero dissociati per tempo, se…appunto. La realtà, oggi, è che Hillary può mettere le mani su alcuni degli Stati che tradizionalmente hanno sempre travasato milioni di voti al Partito Repubblicano. Del resto è già successo: lo stato della Virginia era saldamente nelle mani del Gop, prima dell’avvento di Obama; il North Carolina, che oggi è schierato nettamente dalla parte di Hillary, fatta eccezione per l’exploit nel 2008 dell’attuale inquilino della Casa Bianca, era uno dei cosiddetti “safe states” dei conservatori. Ora gli strateghi del Partito Democratico vogliono provarci sul serio ad allargare la base del loro consenso in vista delle Elezioni del e del , pensano già a domani e a dopodomani, consapevoli che i compiti odierni sono stati già svolti con anticipo. E quali sono le roccaforti da mettere sotto assedio? Quali le mura da prendere d’assalto? In particolare si tratta di Arizona, Missouri, Indiana e Georgia. Dei possibili terreni di conquista non fa parte lo Utah, visto che all’interno del Partito Democratico sono convinti che a pesare nei sondaggi che danno lo stato in bilico sia soprattutto il disprezzo dei mormoni per Trump, piuttosto che la concreta possibilità di aprire un varco nel quale inserirsi. Il sogno nemmeno tanto nascosto dei Democratici che già dovrebbero riconfermare la propria maggioranza al Senato è quello di riuscire a strappare ai Repubblicani anche la Camera dei Rappresentanti, così da consentire ad Hillary di governare a modo suo, senza trattative estenuanti e ricerca di compromessi. Per questo il candidato vice di Hillary, Tim Kaine, tiene a rimarcare il “momentum” del suo numero uno cercando di alimentare le incertezze del Gop negli stati sicuri diventati vacillanti; così si spiega la scelta di un Super-Pac (comitati indipendenti che finanziano i candidati) a sostegno di Hillary di stanziare 2 milioni di dollari per spot pubblicitari nello stato della Georgia. L’unica riserva sul futuro di Hillary, come riporta Politico.com, riguarda la composizione della sua futura amministrazione e del suo Gabinetto Presidenziale. La democratica, a domanda risponde di non volerci pensare, di essere ‘superstiziosa’ su questa particolare materia. Ed è forse questa, l’unica clausola assicurativa che Clinton si concede per non rischiare che il messaggio di una vittoria scontata porti molti americani a disertare le urne favorendo gli elettori arrabbiati di Trump. In cuor suo, però, Clinton ragiona e agisce da Presidente degli Stati Uniti, lavora perché la sua amministrazione non trovi ostacoli sul suo cammino, si impegna affinché in futuro la squadra di cui oggi è capitano consegua nuove grandi vittorie. Sì, perché quella di oggi per lei è scontata: Hillary pensa di avere già vinto. E se può farlo è colpa di Donald Trump, l’uomo che ha condannato a morte il Partito Repubblicano. (Dario D’Angelo)