Nove giorni al voto, nove giorni alle Elezioni Usa 2016 che stabiliranno chi tra Hillary Clinton e Donald Trump sarà il successore del Presidente Obama. I sondaggi parlano chiaro: le possibilità che a trionfare sia il Repubblicano sono davvero poche. E allora tra i Democratici sanno bene quanto sia importante provare a portarsi avanti. Per questo se da una parte Hillary Clinton cerca di non lasciare nulla al caso e di svolgere comizi in tutti quegli stati potenzialmente in bilico tra lei e Trump provando a limitare i danni dell’infinito email-gate, dall’altra trova il tempo di analizzare i vari dossier che il suo staff le sottopone per valutare i profili migliori per una sua futura amministrazione. Detto che il ruolo di vicepresidente è stato da tempo assegnato a Tim Kaine, qual è la posizione più prestigiosa che Hillary si troverà a dover indicare in caso di vittoria? Sicuramente quella di Segretario di Stato, non solo per la delicatezza del ruolo, ma anche per il fatto che è l’ultimo incarico di governo svolto da Clinton prima di candidarsi per le primarie democratiche. E qual è il nome a sorpresa venuto fuori da una fonte che ne ha parlato a Politico? Joe Biden. L’attuale vicepresidente di Barack Obama è uno dei nomi più altisonanti della politica a stelle e strisce, e non è difficile da credere visto la sua storia personale e politica. Biden è stato eletto al Senato per la prima volta nel 1973, quando aveva 29 anni, e da allora per altre sei Elezioni è sempre riuscito a confermare il suo seggio. La sua oratoria entusiasmante, la capacità di entrare in empatia con i suoi interlocutori, fanno di Biden un politico di razza, uno di quelli amato dalle folle per il suo indiscutibile carisma, per chiarirci. Ma come tanti uomini amati dal popolo, Joe Biden ha il volto di un eroe tragico. A pochi mesi dalla prima elezione al Senato, la sua prima moglie e sua figlia di un anno morirono sotto Natale. Biden mise in discussione la sua fede, la sua elezione, tutta la sua vita: alla fine prestò giuramento in ospedale, convinto dai suoi colleghi a non mollare. Da allora ad oggi, ogni anno il 18 dicembre, giorno in cui la moglie e la figlia morirono, Biden non lavora. L’elenco dei dolori, però, non è finito: l’anno scorso anche Beau Biden, figlio di Joe di 46 anni, è morto in seguito ad un tumore. E sono forse anche gli avvenimenti tragici che hanno colpito Biden ad averlo reso più umano, più amico, più zio (per non dire nonno) d’America. Ed è per questo che una sua eventuale scelta per il ruolo di “Ministro degli Esteri” Usa potrebbe rivelarsi per lui il coronamento di una straordinaria carriera politica alla quale è mancata soltanto la ciliegina sulla torta rappresentata dalla Presidenza, e per Hillary un jolly che qualificherebbe ulteriormente il suo futuro team di lavoro. Del resto Biden non sarebbe un novellino nel settore: ha già lavorato nel Comitato per le Relazioni Estere del Senato e negli ultimi mesi ha agito da rappresentante degli Usa in giro per il mondo. Un esempio? È stato Joe Biden a rassicurare il presidente della Lettonia sul fatto che, a dispetto di quanto detto da Donald Trump, gli Stati Uniti sarebbero intervenuti in aiuto dei paesi Baltici, in qualità di alleati Nato, nel caso di invasione russa. Ma cosa bisognerebbe attendersi da Biden nel caso fosse davvero lui a succedere a John Kerry come Segretario di Stato? Secondo quanto riportano le ricostruzioni dei giornali americani, non sempre Hillary e Biden sono stati d’accordo sulle scene da prendere sullo scacchiere mondiale negli ultimi anni. Quando c’era da decidere se lasciare le truppe in Iraq o se inviarne di nuove in Afghanistan, quando si trattava di decidere se armare i ribelli contro Assad in Siria o bombardare la Libia: in tutti questi casi era Hillary ad interpretare la parte del falco, Biden a volare come una colomba. Chi si domanda come vedute così diverse possano essere conciliate non nutra troppi dubbi: alla fine è sempre il Presidente a decidere sulla politica estera. Ma Obama, di cui Biden è stato il più stretto consigliere negli ultimi negli ultimi 8 anni, ha chiarito che una delle doti migliori di questo esperto politico della Pennsylvania è di essere sempre pronto ad intervenire durante le discussioni per evidenziare i punti deboli di un discorso: per questo costringe tutti a non improvvisare, a studiare, ad essere preparati, a non prendere decisioni sbagliate. Servirebbe anche alla pure espertissima Hillary, un consigliere come Biden: magari a rendere più simpatica un’amministrazione che ha proprio nel suo vertice l’elemento meno empatico. Ma è tutto così scontato? Non proprio. La fonte che ha informato Politico.com delle intenzioni dello staff di Hillary ha anche chiarito che il diretto interessato, Joe Biden, non è stato ancora informato della volontà di Clinton di proporlo come Segretario di Stato. Il suo team sta pensando a come avvicinarlo, a come tentarlo, perché non è detto che Biden accetti, considerato che dopo aver perso le primarie in un primo momento rifiutò anche di essere il vice di Obama, salvo poi ripensarci. Se però il tentativo di Hillary andasse a buon fine, se Biden decidesse che è tempo di rinviare la scrittura della sua autobiografia, l’amministrazione Clinton potrebbe beneficiare di uno dei Democratici più esperti e apprezzati sulla scena mondiale. Leggiamolo anche come un grazie da parte di Hillary al vecchio Joe: nei mesi scorsi erano infatti in molti a temere che Biden scendesse in campo nelle Primarie per sfidare l’attuale candidata alla Casa Bianca reclamando il suo spazio nel Partito Democratico. Sarebbe probabilmente l’ultima esperienza prima del congedo dalla politica, l’ultimo impegno di un politico appassionato che pochi giorni fa, parlando del video sessista in cui Trump offende le donne, ha detto che vorrebbe tanto “tornare al liceo per affrontarlo dietro la palestra” (clicca qui per il video https://twitter.com/ABCPolitics/status/789553337712664576?ref_src=twsrc%5Etfw). Moderato quando serve, ma rude all’occasione. Joe Biden, l’uomo che si è rialzato dopo tante tragedie, è anche questo. Hillary Clinton c’ha visto lungo. (Dario D’Angelo)