La coalizione jihadista Jaish al-Fatah (che costituisce la quasi totalità delle forze ribelli ad Aleppo), massicciamente rinforzata da unità provenienti dalla roccaforte qaedista di Idlib, ha lanciato il suo più grande attacco su Aleppo. Il fuoco preparatorio delle artiglierie e dei lanciarazzi è cominciato la mattina di venerdì scorso alle ore 6, mentre l’assalto vero e proprio a mezzogiorno. L’attacco in direzione Aleppo ovest è stato sviluppato su tre direttrici su un fronte vasto circa 20 km: la prima direttrice è stata indirizzata verso zona delle fattorie Mullah e il quartiere al-Zahra; la seconda sulla zona industriale Miniyan; la terza sulla periferia della zona residenziale Dahyyat al Assad (qui la cartina). 



Le linee dell’esercito arabo siriano (SAA) sono state sfondate con l’utilizzo di ben 6 automezzi blindati contenenti centinaia di chili di esplosivo, guidati da attentatori suicidi. L’offensiva è stata condotta dai gruppi jihadisti Jabhat Fatah al-Sham (ex Jabhat al-Nusra, il ramo di Al Qaeda in Siria) Jaish al-Mujaheddin, Fastaqim Kama Umirt, Faylaq al-Sham, Ajnad al-Sham, Ahrar al-Sham e dal Free Syrian Army (FSA). Queste fazioni hanno agito in coordinamento con l’Isis che ha sferrato un attacco in corrispondenza dell’aeroporto di Kuweires, comunque subito respinto. Intanto, prosegue pressoché ininterrotto il bombardamento degli insorti da Aleppo est sulle zone residenziali governative che hanno causato tra i civili più di 60 morti in tre giorni fino a sabato. Lo stato maggiore russo, visto l’aggravarsi della situazione, ha richiesto al presidente Putin il permesso di poter riprendere i bombardamenti su Aleppo est (interrotti dal 18 di ottobre), ma la richiesta è stata negata. Gli aerei della Ruaf hanno comunque dato manforte ai governativi bombardando ininterrottamente lungo tutte le direttive di attacco dei ribelli con tutti gli aerei disponibili nella base aerea Hmeimim nei pressi di Latakia. A seguito di questa vasta operazione, l’esercito siriano si è ritirato nelle zone più esposte per evitare perdite eccessive e riorganizzarsi.



La giornata di sabato è trascorsa con nuovi furiosi attacchi dei miliziani che si sono avvalsi, oltre alle armi convenzionali, anche di ulteriori 5 autobombe guidate da altrettanti attentatori suicidi. Dopo l’ondata di attacchi suicidi, i ribelli sono riusciti a catturare una grande “fetta” nell’area di Dahiyat al-Assad che costituisce uno status strategico: il controllo su di esso sarà data grande importanza nei combattimenti nel sud e ovest di Aleppo. Domenica, l’esercito siriano ha iniziato una controffensiva sui gruppi terroristici. Allo stesso tempo, i gruppi terroristici stanno cercando di rompere la difesa siriana a Minyane per fornire una base per un futuro attacco profondo nel sud di Aleppo. Tra i ribelli si registrerebbero perdite rilevanti (secondo il canale libanese al Mayadin, i miliziani avrebbero avuto 500 morti e più di mille feriti), mentre per ora è sconosciuta la consistenza delle perdite governative. 



E’ da rilevare che nelle decine di video diffusi in rete da Jaish al-Fatah, le forze attaccanti appaiono molto ben equipaggiate, dotate del frutto degli investimenti Usa per la pace in Siria. Sembra infatti che dopo le continue insistenze della Russia di separare i moderati dai fondamentalisti, gli americani ed i loro alleati alla fine hanno sì imparato a distinguere i moderati dagli estremisti ma, a quanto pare, hanno deciso di armare solo i secondi. 

Così, anche grazie alla massiccia opera di propaganda e omissioni, la Siria appare oggi come il regno di Isis ed al Qaeda, realtà incoraggiate dall’occidente per destabilizzare il medioriente.

Difficile negare ancora la realtà dei fatti: il capo incontrastato di tutti i “ribelli” di Aleppo est non è un siriano, è lo sceicco saudita Abdullah al-Muhaysini, un religioso saudita strettamente legato ad al-Qaeda. Muhaysini è stato allievo di Sulayman Al Alwan, il leader spirituale di uno dei dirottatori dell’attentato alle Torri gemelle. Il personaggio è letteralmente venerato tra i jihadisti in Siria per i quali è “giudice supremo della Corte della Sharia”. Il suo arrivo in terra siriana risale al 2013 dove ha fondato Jaish al-Fatah, o l'”esercito di conquista”, che ha riunito circa nove fazioni, tra cui Jabhat al-Nusra. Il primo video disponibile in rete lo ritrae mentre arringa la folla in un campo profughi al fine di reclutare volontari per la guerra in Siria. Nel filmato Muhaysini invita tutti i maschi di età superiore ai 15 anni a “lasciare la tenda vuota” e partire per combattere contro Assad e i suoi alleati.

Il religioso saudita spiega come ogni nuova recluta viene assegnata a un’organizzazione secondo le sue caratteristiche. Una volta che un giovane accetta di arruolarsi, viene mandato al “comando centrale della campagna”, che sceglie a quale fazione assegnarlo. Per cercare di capire con chi abbiamo a che fare basta sapere che secondo al-Muhaysini il motivo principale per cui la guerra non è ancora vinta è la blasfemia. In proposito, egli afferma che “il regime ha reso popolare banalizzare la gravità di questo crimine efferato”: è chiaro che è la jihad il vero motivo per cui le forze antigovernative combattono il regime di Assad. In sostanza, anche se per i leader occidentali sentirlo dire è indigesto, l’occidente sta usando l’estremismo islamico contro la Siria per annientarla e portarla all’estinzione come Stato. Nonostante queste evidenze, un sondaggio di Bgm Research per il quotidiano britannico The Independent rivela che la maggior parte degli inglesi sono per un maggior impegno contro Assad considerandolo il pericolo numero uno. Il risultato non stupisce più di tanto, la propaganda ha avuto il suo peso nel costruire questo punto di vista. La cosa sconcertante è invece che si continui a sentire il parere di tutti ma non quello dei protagonisti: i siriani.