Ieri Donald Trump ha fatto il suo primo discorso dopo la vittoria, esortando all’unità e al superamento delle divisioni. Anche la Cina, seconda potenza mondiale con cui “The Donald” se la dovrà vedere molto presto, è rimasta spiazzata dall’esito del voto. Ora però Trump — spiega Francesco Sisci, editorialista di Asia Times — deve al più presto fare chiarezza sulle sue future scelte. E l’Italia? Irrilevante. Ma è uno scenario che potrebbe sorprendentemente riservare un nuovo ruolo all’ex premier Silvio Berlusconi.



Sisci, la vittoria di Trump ha sorpreso tutti. Anche in Cina?

Anche Pechino si aspettava una vittoria della Clinton, perché così dicevano i giornali e i commentatori americani. Siamo stati tutti tratti in inganno dai media statunitensi. Ciò prova, prima di ogni altra cosa, che non sanno fare il loro mestiere, cioè non sanno andare a caccia della verità. Oppure, e sarebbe peggio, che si sono trasformati in organi di propaganda. 



E per quanto riguarda la figura di Donald Trump?

Trump è completamente nuovo, non previsto e quindi nemmeno prevedibile per quelle che saranno le sue scelte in Asia e con la Cina.

E’ stato accostato a Berlusconi. Secondo lei a ragione o a torto?

La relazione tra Trump e Berlusconi è ovvia anche qui in Cina, non fosse altro perché gli americani, per denigrare il magnate e mobilitare l’opinione pubblica, lo avevano chiamato “Trumpusconi”. Ma c’è un altro elemento molto importante. Oggi la voglia di rinnovamento appare intercettata e interpretata da miliardari che si mettono al servizio di cause populiste, se non popolari. Ma questo è anche nel dna delle cause di sinistra dell’800. Engels era un industriale, non certo un operaio, Marx era figlio di una ricca famiglia ebrea e cognato di un ministro prussiano… e via dicendo. 



Torniamo a Trump-Berlusconi.

Berlusconi ritorna sotto la veste di Trump tramite il miliardario thailandese Thaksin Shinawatra, che ha sconvolto gli equilibri politici e sociali del suo paese e confermato la forza “rivoluzionaria” dei miliardari-populisti. Per certi versi Xi Jinping è simile. Il padre era rampollo di una famiglia di grandi proprietari terrieri ma si convertì al comunismo. E Xi oggi sta facendo una rivoluzione nel paese contro i funzionari del suo stesso partito.

Ora come si muoverà la Cina?

Pechino aspetterà. Innanzitutto per capire chi è davvero Donald Trump e cosa vuol fare, al di là della sua veste demagogica. In secondo luogo Pechino vuol capire cosa egli ha in mente di fare con la Cina. I suoi consiglieri attuali sono molto anticinesi, però potrebbero cambiare. Infine attende di sapere cosa Trump vuol fare con la Russia e se verso Mosca c’è una agenda simile o convergente con la Cina. Infatti, Mosca è in ansia con la Cina più che con l’Europa.

Trump vuole attuare una politica protezionistica e creare così nuovi posti di lavoro. Significa che le imprese americane dovrebbero “rientrare” dalla Cina. Ma è possibile?

In teoria è possibile. In primo luogo i costi di produzione in Cina sono lievitati, quindi la Cina come base di produzione non è più così ideale. In secondo luogo Trump vuole un grande piano di infrastrutture, che oggettivamente concentrerebbe risorse in America e non fuori. Così facendo taglierebbe fuori la Cina, che sotto questo profilo è un mercato potenzialmente enorme. Occorre vedere come si traduce questa idea di Trump nel concreto. L’impressione è che oggi nemmeno Trump lo sappia.

 

Trump sembra volere un nuovo isolazionismo. Questo significa che la Cina e l’Europa si avvicineranno ancora di più, vedi la realizzazione della nuova “via della seta” o la Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture, cui partecipano paesi europei?

Se è isolazionismo puro sì. Ma questo potrebbe significare esclusione degli Usa dai mercati potenziali di Europa e Asia. Trump vuole spendere di meno, ma vuole guadagnare anche di meno? E’ un conto di costi e benefici che al di là degli slogan populistici deve essere ancora fatto, credo.

 

La Cina è proprietaria del debito americano e lo sta rivendendo per far oscillare a sua convenienza il cambio yuan-dollaro. Che scenario vede?

Il debito americano vale solo se gli Usa sono interessati alla Cina come base di produzione o mercato potenziale. Se Trump davvero volesse diventare isolazionista allora potrebbe smettere di pagare il debito con la Cina e tagliare i ponti. Sarebbe un urto con la Cina fortissimo, quasi un atto di guerra, con ripercussioni enormi ovunque, ma potrebbe essere una scelta politica. Trump lo farà? Oggi sembra improbabile, ma forse non è impossibile. Di nuovo, ciò dipende dalla sua strategia complessiva, che non conosciamo.

 

Uno dei dossier più delicati di Obama è il Partenariato Trans-Pacifico (TPP). E se Trump lo rimettesse in questione?

E’ possibile che lo rimetta in questione, ma questo significherebbe lasciare da soli Giappone, Sud Corea, Taiwan, Vietnam e India. Questi da soli cosa farebbero? Si piegherebbero alla Cina (che non fa parte di TPP, ndr)? Improbabile. Potrebbero invece rafforzare la cooperazione tra loro, commerciale e militare, in funzione anti-cinese. Ciò di nuovo potrebbe avere conseguenze esplosive a livello globale. Su questo Trump potrebbe dover agire in maniera più cauta dei facili slogan della campagna, anche perché sono in gioco interessi per miliardi.

 

Dal suo punto di osservazione, che ne sarà dell’Italia nel breve e medio termine con il cambio di vertice alla Casa Bianca?

Con l’Asia a rischio, che è il centro dei nuovi interessi americani, con la Russia che vuole cooperare con Trump, l’Italia rischia di perdere il suo ruolo residuo e di conseguenza, che salti o si salvi, non è più cruciale. Inoltre Trump ha detto di non amare la Ue e l’euro. Ciò significa che il Brexit diventa più forte, il No al referendum costituzionale diventa più forte, Marine Le Pen in Francia diventa più forte. Putin sarebbe grato a Trump di tutto questo.

 

Dunque in questo scenario l’Italia potrebbe più facilmente essere travolta. Renzi cosa potrebbe fare?

Poco o nulla, anche perché ha perso la scommessa. Piuttosto Berlusconi, se entrasse in contatto con Trump, potrebbe forse avere più spazio per intervenire. Visto dalla Cina, oggi Berlusconi è l’unico italiano che in teoria, per affinità e storia, potrebbe avere un ascendente sul neopresidente. 

 

Ma da che cosa dipende questa possibilità?

Dagli apparati. Che in America hanno potere vero e potrebbero imporre a Trump le loro agende. In ogni caso, l’Italia sarà solo un fuscello in mezzo al nuovo fiume in piena.

 

(Federico Ferraù)