“Donald Trump non ha mai parlato apertamente della sua politica estera durante la campagna elettorale” dice Michael Herzog, editorialista del quotidiano Haaretz, al sussidiario.net. “L’unica cosa che abbiamo potuto capire fino ad ora è che una delle sue priorità sia abbandonare il ruolo di guardiano mondiale della sicurezza che è sempre stato tipico degli Stati Uniti in politica estera”. Un ritorno all’isolazionismo del periodo tra le due guerre mondiali dunque, ma assai difficile da mantenere data la situazione gravissima in Medio Oriente, parzialmente per colpa degli stessi Stati Uniti: “La passata amministrazione è stata molto poco decisa in questo scenario, lasciando le porte aperte a molti altri protagonisti, la Russia prima di tutti”.
In che direzione muoverà secondo lei la politica estera del nuovo presidente nello scenario mediorientale?
Difficile dirlo ora, perché Trump durante la campagna elettorale ha parlato pochissimo di politica estera. Pensiamo che in generale cercherà di essere più determinato di quanto lo siano stati gli Usa fino a oggi, ma ad esempio a proposito della Siria nessuno sa come si muoverà.
Lei che cosa immagina al proposito?
Io penso che Trump cercherà un accordo con la Russia per trovare una soluzione politica alla guerra in Siria. Per quanto riguarda l’Iran, anche in questo caso credo che la sua politica estera sarà molto più risoluta di quanto lo sia stata quella degli Usa fino a oggi. Così almeno ha detto in campagna elettorale, ma si sa che quello che dici in quelle situazioni quasi sempre è poi diverso dalla pratica. Sono abbastanza scettico.
Per quanto riguarda invece lo scenario israelo-palestinese che supposizioni fa?
Grande incertezza anche qui. Mentre Obama è stato sempre dichiaratamente sostenitore di Israele, non sappiamo cosa pensi Trump. Ma credo che Israele e Palestina non rientrino nelle priorità della sua agenda di politica estera.
Trump ha fatto capire che gli Usa con lui torneranno all’isolazionismo di vecchia scuola, pensa che sarà così?
Ha fatto capire chiaramente che non è interessato a quel ruolo di guardiani della sicurezza mondiale che gli Stati Uniti hanno sempre avuto. Personalmente penso che cercherà di navigare tra un certo isolazionismo e la ricostruzione della credibilità del suo paese nell’arena internazionale.
Una credibilità persa a causa dei tanti errori in questo campo della passata amministrazione, è d’accordo?
Onestamente non sono d’accordo, non credo che Obama abbia causato lui i tanti problemi che ci sono oggi in Medio Oriente, ma certamente non ha fatto molto per cercare di risolverli. Penso però alle guerre, al fondamentalismo, ai profughi, tutte situazioni che originano dalla poca determinazione della sua amministrazione.
E voi israeliani cosa chiedete principalmente?
Che gli Stati Uniti continuino a giocare un ruolo chiave, ma con più attenzione nei confronti degli alleati tradizionali e più determinatezza. In Medio Oriente gli Usa hanno lasciato aperte le porte ad altri protagonisti, come la Russia. Ci aspettiamo che cambi proprio questo atteggiamento.
C’è nello scenario mediorientale una ulteriore preoccupazione, con la Turchia che ha ormai preso una deriva autoritaria.
La Turchia di oggi è una grossa sfida. Pur essendo membro della Nato sta prendendo una strada indipendente e molto aggressiva. Per gli Usa la sfida qui riguarda soprattutto cosa fare nella Siria del nord, dove si combattono turchi e curdi siriani mentre entrambi combattono, o dicono di farlo, l’Isis. Gli Stati Uniti devono intervenire in qualche modo in quella situazione, dove le spinte sono tantissime: tornare con il regime di Assad, creare uno stato autonomo, o finire sotto il dominio turco. E non dimentichiamo che le truppe russe sono sul terreno…