A cinque giorni dalle Elezioni Usa 2016 non avremmo potuto chiedere un finale migliore. L’8 novembre è dietro l’angolo e la sensazione che tra Hillary Clinton e Donald Trump i giochi siano fatti non ci convince. Nelle 120 ore che ci separano dal voto può succedere ancora di tutto: la maggior parte degli indecisi deciderà per chi e se votare proprio negli ultimi giorni disponibili. E dipende dalle carte che Clinton e Trump decideranno di giocare, dalle strade che sceglieranno di intraprendere, l’esito del voto. Con molti americani che hanno deciso di usufruire della possibilità di votare in anticipo, è chiaro che sia la Democratica, che fino ad una settimana era ampiamente in testa nei sondaggi, a godere di un vantaggio importante sul Repubblicano. Non è possibile quantificarlo, ma la sensazione è che l’ex Segretario di Stato abbia accumulato un distacco che mai come in questi giorni, caratterizzati dallo scoppio dello scandalo delle email, possa tornarle utile per rispondere al tentativo di rimonta del tycoon di New York. La domanda adesso è una: cosa possono fare Hillary Clinton e Donald Trump per arrivare allo spoglio senza rimpianti? La risposta è qui sotto.
Nei giorni immediatamente successivi alla notizia che l’FBI stava esaminando nuove email potenzialmente pertinenti all’inchiesta riguardante l’account di posta elettronica privato usato nel periodo trascorso al Dipartimento di Stato, Hillary ha tentato di usare la stessa strategia comunicativa utilizzata nei dibattiti televisivi contro Donald Trump: ammettere di avere sbagliato. Ma il fatto che un’inchiesta si sia chiusa a luglio e un’altra rischi di aprirsi dopo novembre non gioca a favore di Hillary, che agli occhi degli americani rischia di passare come la bambina pescata con le mani nella marmellata non una, bensì due volte. Per questo motivo Hillary, pur cospargendosi il capo di cenere, dall’altro lato decide di puntare su Trump, impostando un referendum sulla sua figura. Non sono le elezioni del cambiamento o della speranza, sembra essere più che altro la scelta del “meno peggio”. E Clinton, che ha tanti difetti ma ha il pregio di essere una donna pragmatica, lo ha capito. Così si spiega il ritorno alla retorica del terrore della democratica, che in tutti i suoi interventi pubblici paventa tutti i rischi che l’avvento di un’amministrazione Trump comporterebbe. Hillary si dice certa che se vincesse il Repubblicano gli Stati Uniti si ritroverebbero sull’orlo di una guerra nucleare; cerca di convincere gli americani che la loro scelta avrà delle ricadute sul futuro dei loro figli e dei loro nipoti, e li invita ad optare per una candidata qualificata e affidabile come lei. Impostare una sorta di referendum su Trump, però, potrebbe non bastare: chi non vuole votare il Repubblicano, infatti, appreso del nuovo email-gate potrebbe anche decidere di restare a casa. Per evitare questo rischio, soprattutto negli stati chiave decisivi per raggiungere il numero di 270 Grandi Elettori, Clinton e gli strateghi della sua campagna elettorale hanno deciso di schierare i suoi migliori “surrogates”. Il quanto mai popolare Barack Obama e la moglie Michelle sono gli esempi perfetti per spiegare la strategia di Hillary: mostrare il volto migliore del Partito Democratico per convincere milioni di elettori a votare per la squadra, non per la singola giocatrice, che ancora non convince.
Paradossalmente la strada che deve percorrere Trump nella speranza che lo porti a Washington, pur essendo più stretta e tortuosa, è la stessa intrapresa da Clinton. Il candidato Repubblicano, che neanche nei suoi sogni più arditi sperava di poter beneficiare di un regalo così grande da parte di un’ente autorevole come l’FBI, ha a sua volta l’opportunità di impostare un referendum su Clinton. Per quanto la rimonta di Trump a livello nazionale sia certificata da diversi sondaggi, il problema del Repubblicano è quello di trovare il modo di raggiungere quota 270 Grandi Elettori facendo a meno della Pennsylvania, uno stato che grazie al pressing dei Democratici sembra essere saldamente in mano alla Clinton. Possono essere spiegati in questa maniera i comizi svolti negli ultimi giorni in New Mexico, in Michigan e in Wisconsin: battleground states che fino a prima dell’email-gate venivano considerati perduti, oggi tornati ad essere in gioco. È ovvio che Trump avrà bisogno di essere perfetto in questi ultimi giorni: in poche parole dovrà cercare di non essere Trump, di non attirare l’attenzione su di sé, di far sì che i media americani continuino a parlare dei guai di Clinton. Un suggerimento scontato, ma non per lui. Eppure bisogna mettere in conto che tenersi lontano da scandali, polemiche, gaffes e via dicendo potrebbe non bastare. Gli americani che hanno già votato sono oltre 16 milioni, quelli che nutrono seri dubbi sulla capacità di Trump di svolgere il ruolo di Presidente ancora di più. Nella personalizzazione di una campagna elettorale che verrà ricordata per la sua violenza e per i mille scandali che l’hanno condizionata, potrebbe essere Hillary Clinton il minore dei mali. A meno che non succeda qualcos’altro, e se seguite questa rubrica quotidiana dall’inizio sapete bene che in cinque giorni può succedere tutto e il contrario di tutto. Ancora per qualche giorno non correremo il rischio di annoiarci…(Dario D’Angelo)