Le prime nomine di Trump stanno suscitando critiche ed apprensioni negli Stati Uniti e fuori, né c’è da meravigliarsi, perché le scelte coincidono con le posizioni più decise assunte da Trump in campagna elettorale. La si può considerare una dimostrazione di coerenza, o un premio ai suoi sponsor più fedeli, che lascia aperte le porte a nomine più “ragionate”. Sembrerebbe andare in questa direzione la nomina a capo dello staff della Casa Bianca di Reince Priebus, membro di primo piano dell’apparato di quel Partito repubblicano che ha avversato Trump così pesantemente. Nella stessa luce viene letto l’incontro con Mitt Romney, con il quale in campagna elettorale vi è stato uno scambio di critiche al limite dell’insulto. Eppure, all’ex candidato alla presidenza battuto da Obama nel 2012 potrebbe essere offerto l’incarico di segretario di Stato, alternativa più “morbida” rispetto al duro Rudolph Giuliani.
Tre sono le nomine già effettuate su cui si appuntano forti critiche non solo da parte dei Democratici. Su Jeff Sessions, nuovo Attorney General, cioè responsabile della Giustizia, viene ricordato che non fu nominato giudice federale per le sue dichiarazioni razziste, anche se la cosa è avvenuta trent’anni fa. Comunque, Sessions è riconosciuto come uno dei senatori più rigidamente conservatori. A Mike Pompeo, nuovo direttore della Cia, viene addebitata la volontà di cancellare l’accordo con l’Iran sul nucleare, volontà reiterata anche in questi giorni, e di avere un atteggiamento anti-islamico. La stessa accusa rivolta al generale in pensione Michael Flynn, nominato consigliere per la sicurezza nazionale, che era stato messo da Obama a capo della Dia, il servizio di intelligence della Difesa. Il generale era stato poi indotto a dimettersi per dissidi con la presidenza sembra proprio sulla questione della lotta al terrorismo islamico e sulla condotta delle operazioni in Siria.
Le preoccupazioni dei liberal americani sono ben illustrate in un approfondito articolo del New York Times, il cui titolo parla di un Trump che sta costruendo “una squadra per asfaltare (bulldoze) lo status quo”. E’ molto significativo questo passaggio centrale: “Mr. Trump sta realizzando senza remore la sua visione di una nazione che applica implacabilmente le leggi sull’immigrazione; che guarda ai musulmani con forte sospetto; che applica con durezza le leggi sulle droghe; che mette in dubbio le alleanze stabilite dopo la seconda guerra mondiale; che manda i sospettati di terrorismo a Guantanamo Bay o nelle prigioni della Cia per essere interrogati con metodi che sono stati banditi come tortura”.
Quest’ultimo punto desta forti preoccupazioni anche al di fuori dei circoli liberal ed è un timore oggettivo, viste le dichiarazioni dei soggetti già citati e dello stesso Trump. Per il resto, si potrebbe dire che il NYT ha fatto solo l’elenco dei motivi per cui Trump è stato eletto, piaccia o meno. Alle prossime nomine.