Al-Baghdadi ha ordinato ai suoi uomini di distruggere completamente Mosul se vedranno avvicinarsi la sconfitta. Per resistere, lo stato islamico adotterà una strategia non convenzionale. Ed i miliziani dell’Isis non saranno “da meno” dei ribelli di Aleppo che in soli due giorni, tra sabato e domenica scorsa, hanno utilizzato 12 attentatori suicidi con relativi camion bomba contro i governativi. In definitiva, se Isis opporrà resistenza, ci vorranno mesi prima di prendere la città.



Ciononostante, i report televisivi enfatizzano il progredire delle forze anti-Isis. Tuttavia occorrerebbe essere più obiettivi: è vero che l’azione militare in corso è quanto mai necessaria, ma occorrerebbe non dimenticare che l’Isis è l’effetto diretto della politica statunitense e dei soprusi perpetrati in 8 anni dal governo sciita contro i sunniti. 



Poi c’è il fattore umanitario degli sfollati: l’Onu ne ha previsti un milione ed i campi di accoglienza sono insufficienti e preludio ad un altro calvario.

Ci sono poi gli scudi umani: se ne parlò in anticipo nel 2003, all’inizio della guerra del Golfo, quando si accusò Saddam di fare la stessa cosa. Servì a coprire molte responsabilità.  

Ma forse le cose andranno diversamente: gli Usa hanno concesso all’Isis di lasciare la città e di raggiungere le proprie roccaforti in Siria. I comandanti curdi ed i russi dicono che migliaia di jihadisti sono andati già a Raqqa, in Siria. La decisione americana di consentire a migliaia di jihadisti di fuggire in Siria è stata riferita anche dal presidente Hollande che ha criticato la decisione americana in palese contraddizione con la lotta al terrorismo.



E’ chiaro che nel favorire lo spostamento dell’Isis in Siria il fine è evitare un bagno di sangue di civili a Mosul, ma nello stesso tempo è anche quello di poter continuare la guerra indiretta contro Assad. 

In definitiva, la motivazione principale non è quella umanitaria ma quella di ridisegnare i rapporti di forza nella regione; ne fanno parte gli attriti con il governo iracheno, l’ostilità per le milizie sciite in forza alle forze irachene, la volontà di abbattere il governo filo-russo di Assad.