Qualunque sarà l’esito la sera dell’8 novembre l’America avrà eletto un nuovo presidente attraverso percorsi inattesi: presumibilmente non conclusi con l’elezione del nuovo inquilino della Casa Bianca. Il Partito Repubblicano, più di un anno fa, ha iniziato le sue grandi manovre schierando una lista di candidati pletorica, infinita: nella quale non a caso spiccava fin dall’inizio l'”eccezione Donald Trump”.
L’Outsider contro la Candidata Inevitabile – Il Partito Democratico ha scaldato i motori con modi più usuali, con la “candidata inevitabile” Hillary Clinton emersa tuttavia senza fretta o clamore, quasi a volere osservare con apparente incredulità la novità ribollenti che hanno subito preso forma nel campo avversario. Il gioco di eliminatorie dell’Elefantino è proseguito offrendo spunti pittoreschi e divertente (per molti scandalizzanti) imponendo alla fine il ritiro rassegnato dei canndidati “tradizionali”. Superata una fase di comprensibile disorientamento il Grand Old Party ha provato a ricompattarsi attorno all’energia che trasmetteva The Donald. Con una vision del ruolo del partito parsa comunque tradizionale, rispetto ai fenomeni di cambiamento incarnati da Trump. Se vale un parallelo possibile con l’Europa i repubblicani mostrano un contenuto di anarchia superiore alla parvenza di ordine balcanico che appare presso i democratici (fra i quali – neutralizzata la meteora Sanders – il timido dissenso percepito assomiglia a quello efficacemente descritto anni fa da Enzo Bettiza ne “I fantasmi di Mosca”). The Donald appare quindi un candidato sostenuto – realmente – da fan che il GOP mostra di non cooscere o riconoscere.
Wall Street vota Hillary la Noiosa, ma speculerà volentieri sulla Sorpresa Trump – Anche i pronostici sull’impatto del risultato nel day-after sui mercati sono all’insegna della difficile predizione. Se vincerà Trump il consenso su un’ampia correzione al ribasso dei listini (un possibile regalo ai trader) è consistente ma conservativo: esattamente come la prosecuzione attesa del “noioso” andamento degli indici di Wall Street in caso di vittoria democratica. Ma cos può immaginare la Borsa oltre il breve termine?
Millennials alla prova contro i Babyboomers (all’ultimo hurrà) – Il totale degli aventi diritto al voto è pari a circa 224 milioni di elettori, di cui 98 milioni sono classificati come babyboomers (nati fra il 1945 e il 1964) o più anziani. Sono 126 milioni gli elettori potenziali nati nei due ventenni successivi (cosiddetti Generazione X e Y -Millennials): 56.75% degli aventi diritto al voto).
La percentuale di partecipazione al voto delle classi “baby boomers e più anziani” nelle elezioni dal 2004 al 2012 è rimasta abbastanza stabile attorno al 70%, quella di X & Millennials è stata meno stabile, ma attorno al 54%. Sembra dunque esistere un ciclo nel tasso di partecipazione al voto, e questo ciclo indica che la partecipazione inizia bassa, sale raggiungendo un massimo per poi calare. Oggi la macro classe demografica composta sommando babyboomers e le classi precedenti sembra avere superato il massimo di partecipazione, quella dei Millennials e degli X appare ancora nella fase di incremento.
L’ 8 novembre potremo capire anche se i baby boomers e gli anziani saranno già in minoranza o se questa sarà stata l’ultima elezione in cui il loro peso elettorale sarà stato ancora prevalente. Sia nell’uno che nell’altro caso la probabilità di ricandidarsi da parte del presidente eletto in novembre sarà bassa per ragioni anagrafiche, e probabilmente anche demografiche. L’attenzione del presidente uscente dovrebbe essere orientata a favorire un passaggio di consegne interno al partito, che comunque sarà ulteriormente cambiato.
Il partito dell’Elefante ha mostrato la sua fase di cambiamento turbolento in atto, l’Asinello la sta vivendo internamente (sembra non volerla mostrare), si sente fare il nome di Michelle Obama come prossima candidata dalla parte democratica, con il cambiamento generazionale descritto, siamo proprio sicuri che la sorpresa sia questa elezione e non la prossima?
Barack Obama chiude intanto otto anni di presidenza, attesa nel 2008 come messianica: sembrava lui (tardo babyboomer) il primo presidente “delle nuove generazioni”. Ci sarà tempo per stilare un bilancio: una delle poche certezze è che non lo è stato.