A tre giorni dalla fine di questa campagna per le Elezioni Usa 2016, gli strateghi di Hillary Clinton e Donald Trump sono concordi su almeno un dato: il North Carolina sarà lo stato decisivo di queste Presidenziali. In una situazione che vede la democratica ancora favorita nonostante le difficoltà derivate dalle rivelazioni del capo dell’FBI James Comey su un potenziale nuovo scandalo delle email, lo stato dell’East Coast rappresenta per il Repubblicano quello che in America sono soliti definire un must-win: tradotto, Trump deve vincerlo per forza. Come si giunge a questa conclusione? Semplicemente simulando l’andamento del voto in relazione agli ultimi sondaggi: i 15 delegati assegnati dalla Carolina del Nord sono fondamentali per far sì che il tycoon di New York riesca a raggiungere il magic number di 270 Grandi Elettori. Secondo la media dei sondaggi realizzata da RealClear Politics, in questo momento i due candidati sono perfettamente appaiati al 46,4% dei consensi, ma una rilevazione effettuata mercoledì dalla Quinnipiac University dava Hillary in leggero vantaggio con il 48% dei voti rispetto al 46% di Trump. L’importanza del North Carolina per Trump è dettato dal fatto che, esclusi gli stati sicuri di Hillary, difficilmente il candidato del Gop riuscirà ad aggiungere al suo bottino delegati provenienti da Colorado, Nevada, Michigan, New Hampshire, Pennsylvania o Wisconsin. Lo stesso vice-direttore della campagna elettorale di Trump, David Bossie, questa settimana ha ammesso che la strada per la vittoria dell’esponente repubblicano passa dalla vittoria in 4 stati: Florida, North Carolina, Ohio e Iowa. Una volta fatto questo, ha chiarito Bossie, l’obiettivo è quello di vincere almeno un altro swing-state, così da raggiungere il numerino magico. Ma la strada indicata dallo staff di Trump è davvero percorribile? Partiamo col dire che dei 4 stati in questione i Repubblicani, rappresentati nel 2012 da Mitt Romney, alle ultime elezioni ne hanno conquistato soltanto uno: proprio il North Carolina. In Florida, dove 4 anni fa vinse Obama con lo 0,9% di scarto, la situazione attualmente è quella di un sostanziale pareggio, ma il trend sembra essere favorevole a Trump. In Ohio e in Iowa, dove nel 2012 Obama vinse con un margine compreso tra i 3 e i 6 punti percentuale, Clinton è indietro rispettivamente del 3,3% e del 1,4%. Il problema, dunque, è proprio il North Carolina. Hillary, che ha ben capito l’importanza di conquistare questo stato, non a caso ha chiesto Barack e Michelle Obama di spendersi affinché gli elettori che 4 anni prima hanno eletto l’attuale inquilino della Casa Bianca confermino anche quest’anno la loro indicazione per il Partito Democratico. E le conseguenze di questa richiesta si sono intuite proprio negli ultimi giorni, quando Barack Obama ha dato vita ad un pressing senza precedenti nei confronti degli elettori afroamericani del Paese. Il presidente in carica ha ricordato agli elettori di colore che se andranno a votare in massa in North Carolina saranno decisivi per l’esito delle Elezioni. Li ha invitati a lanciare un messaggio forte: non è Obama, non è Michelle che conta, sono i cittadini neri che devono far sentire forte la loro voce indipendentemente dal candidato alla Casa Bianca. Così, pur dispiacendosi di caricare di responsabilità l’elettorato del North Carolina, Obama chiarisce che da loro dipende il risultato del voto e il destino degli Stati Uniti. I numeri, però, non lasciano tranquilli Hillary&co: ad oggi hanno già espresso la loro preferenza per la Casa Bianca soltanto 243.000 Democratici, mentre 4 anni fa ad usufruire dell’opportunità di votare prima dell’Election Day furono in 307.000 e nonostante questo il North Carolina si tinse del rosso dei Repubblicani. Si spiega così la presenza massiccia dei cosiddetti “surrogates” dei due candidati nello stato: Hillary, ad esempio, ha fatto la sua prima apparizione in un comizio al fianco di Michelle Obama proprio in North Carolina la settimana scorsa; Barack Obama si è recato in North Carolina pochi giorni fa, e nella sua opera di persuasione era stato preceduto dal marito della candidata, Bill Clinton. Nemmeno sul versante Repubblicano, però, rimangono con le mani in mano: Ivanka Trump, la figlia del magnate newyorchese, ha presenziato ad un evento elettorale mercoledì scorso, mentre The Donald in persona ha tenuto un comizio a Selma giovedì di fronte a migliaia di sostenitori adoranti e attorniato da un nutrito gruppo di veterani di guerra, molti dei quali originari proprio del North Carolina. Sarà questo il terreno di battaglia decisivo di una campagna elettorale tornata in bilico quando nessuno lo credeva più possibile. Nella frenetica notte dell’8 novembre, quando i canali all-news ci bombarderanno di exit-poll, proiezioni e dati reali dei primi voti scrutinati nei 50 stati americani chiamati alle urne, buttate un occhio sul North Carolina. Fino a qualche anno fa non avremmo avuto dubbi: George W. Bush nel 2004 se lo aggiudicò con un vantaggio di oltre 12 punti. Poi è arrivato Obama, l’uomo che ha cambiato la storia degli Stati Uniti: chiedete a Trump, se vincere in North Carolina è diventato così difficile è soprattutto colpa sua…(Dario D’Angelo)