Se anche Susan Sarandon, attrice attivissima sul piano politico e democratica indefessa di lungo corso, abbandona Hillary Clinton per dare il suo voto alla candidata dei Verdi Jill Stein (lo ha annunciato lei stessa, dicendo che in America “ormai un terzo partito è necessario; la paura di Donald Trump non è sufficiente per me per sostenere Hillary Clinton, con tutta la sua storia di corruzione”), vuol dire che mai come in queste elezioni presidenziali si è davanti all’impossibilità di capire chi possa vincerle. I sondaggi infatti cambiano di giorno in giorno, a seconda di singoli colpi di scena che sono immancabili, l’ultimo dei quali la decisione da parte dei vertici dell’Fbi di non indagare più la Clinton sullo scandalo mail, cosa che ha riportato immediatamente la candidata democratica avanti di circa 4 punti percentuali rispetto al suo rivale, Donald Trump. Per Renato Mannheimer, intervistato da ilsussidiario.net, a fare la differenza saranno i tantissimi indecisi che faranno la scelta di voto all’ultimo minuto: “E’ impossibile fare alcuna previsione, i sondaggi sono troppo mutevoli perché mutevoli sono le condizioni di questa campagna elettorale”.
Mannheimer, non si era mai vista prima una tale mutevolezza nei sondaggi di una elezione presidenziale americana, tanta incertezza. Come mai secondo lei?
I sondaggi cambiano rapidamente perché cambia continuamente la situazione. Ci sono gli elettori americani non schierati che sono molto sensibili ai temi emersi nel corso di questa campagna elettorale, ad esempio lo scandalo e-mail che ha coinvolto Hillary Clinton. Dunque davanti ai mutamenti della situazione cambia anche l’atteggiamento degli elettori.
Che margini di attendibilità ci stanno dando i sondaggi di queste ultime ore?
Non molti. Saranno in tanti quelli che decideranno all’ultimo minuto, visto che nessuno dei due candidati si è dimostrato sufficientemente autorevole.
Adesso che l’Fbi ha annunciato che non la indagherà, la Clinton si è immediatamente riportata in vantaggio.
I sondaggi sono un bello strumento, ma anche molto delicato. Hanno poi sempre un margine di approssimazione di qualche punto percentuale e quindi è molto difficile fare previsioni dopo una campagna elettorale che ha visto i due candidati sempre così vicini tra di loro. Qualcosa che peraltro vediamo oggi anche in Italia dove i margini di differenza tra i principali partiti si assottigliano sempre di più.
Per la prima volta in America dove gli elettori votavano compatti per i due grandi partiti, quello repubblicano e quello democratico, si assiste a uno schieramento non indifferente per “il terzo nome”. Potrà avere un peso nel voto finale?
L’incertezza è l’unico dato di queste elezioni. Il fatto che la candidata dei Verdi, Jill Stein, stia ottenendo così tanta popolarità, anche se certamente non potrà vincere, ci dice di quanto gli americani abbiano perso fiducia nei due grandi partiti tradizionali proprio per via dei loro candidati. Il “terzo nome” potrà fregare qualcuno dei due, può gettare mine vaganti, ed è un elemento importante. C’è anche un canddiato di area repubblicana, Gary Johnson, che potrebbe costare non pochi voti a Trump così come la Stein potrà portarli via alla Clinton.
Lei ha vissuto in America: chi è davvero Donald Trump, una scheggia impazzita o l’espressione della vera America?
Trump è assolutamente l’espressione dell’America, Trump è l’America degli stati del sud. Ricordiamo sempre che gli Usa non sono solo New York o Los Angeles, le parti rurali di questo paese sono decisamente conservatrici. Io credo molto a questa espressione: Donald Trump è l’espressione dell’America profonda.
Molta importanza come sempre avrà il voto dei cosiddetti “swinging states”, ad esempio l’Ohio e la Florida. Che previsioni può fare questa volta?
Ohio e Florida sono i due stati che più di ogni altro hanno sempre oscillato tra una maggioranza e l’altra e così sarà anche questa volta, specie l’Ohio. Il sistema di voto americano che prevede che chi prende il 51% dei voti in uno stato ottenga tutti i grandi elettori di quello stato è decisivo. L’Ohio ha un alto numero di grandi elettori, in base al numero della popolazione, per cui sarà anche questa volta decisivo.