La Mud (Mesa de la Unidad Democratica), l’organizzazione che riunisce i partiti dell’opposizione in Venezuela, si è ritirata dal tavolo di dialogo. Ciò costituisce un’evoluzione importante e purtroppo grave per il futuro di un Paese che, a causa della tattica attendista (e incostituzionale) del Presidente Maduro, rischia di allontanare una soluzione pacifica per l’inevitabile avvicendamento al potere. Contemporaneamente, a causa di questa decisione, si è conclusa la protesta delle tre donne (la madre di Leopoldo Lopez, sua moglie e quella di Antonio Ledezsma) che si erano incatenate in piazza San Pietro per invocare la liberazione del sindaco di Caracas, del leader di Voluntad popular, partito dell’opposizione, e di tutti i prigionieri politici. Abbiamo chiesto a Miguel Otero, membro dell’opposizione, direttore e proprietario del maggior quotidiano del Venezuela, “El Nacional”, attualmente in esilio, di aiutarci a fare il punto della situazione.



Nonostante gli ultimi sviluppi della crisi, Maduro non si dimette e non vuole il referendum che lo allontanerebbe, nonostante abbiate raccolto più firme di quelle necessarie e sia previsto dalla Costituzione…

Chavez vinse le elezioni imponendo successivamente un modello basato su discorsi che avevano una relazione diretta con la condivisione da parte di tutti dell’enorme ricchezza del Paese. Il problema è che si è completamente distrutto l’apparato produttivo, trasformando il Venezuela in un Paese importatore, e il sistema è divenuto altamente repressivo, con una struttura statale elefantiaca. Oggi Maduro ha instaurato un sistema molto controllato e con una repressione gigantesca che lo mantiene nella sua enorme instabilità, attraverso il comando militare e un potere giudiziario asservito. I due grandi sentimenti venezuelani sono la paura e la tristezza, fattori che mantengono una dittatura nella sua fase finale.



Quale può essere, a questo punto, la soluzione che permetta un’alternativa di potere?

I mezzi per una soluzione pacifica esistono, anche costituzionalmente, ma sono rifiutati dal potere e la gente ormai sta perdendo la speranza. La Costituzione in questi casi autorizza la ribellione. È certo che un’enorme pressione internazionale sarebbe auspicabile, però se ciò non avesse effetto perché Maduro non vuole lasciare il potere in aperta violazione della Costituzione, l’unica soluzione è una ribellione venezuelana.

Che funzione ha avuto finora la Chiesa nel processo di democratizzazione del Paese?



La Chiesa è molto importante in Venezuela e la Conferenza episcopale, dove ci sono vescovi favorevoli o contrari al chavismo, oggi è integralmente unita nell’opposizione. La forte manovra dell’attuale Papa, con l’elezione di Baltazar Porras come secondo Cardinale, ha fornito un segnale molto importante per la democrazia venezuelana e chissà che questo fatto nel dialogo, ora interrotto, finalizzato alla trattativa, possa avere risultati. Già la Chiesa ha fatto sapere che la sua presenza non deve considerarsi come una scusa per temporeggiare ulteriormente, anche per evitare uno scontro inevitabile, visto che più dell’80% della popolazione è contro Maduro e la situazione è veramente catastrofica. È chiaro che si vorrebbe evitare di arrivare a soluzioni violente, ma questo solo Maduro lo può decidere.

Ma che progetti ha l’opposizione, che ora è anche maggioranza in Parlamento, una volta al potere?

Il livello di distruzione è talmente grande che la soluzione si concretizzerebbe in un modello socialdemocratico, su questo tutti pensano allo stesso modo. Attraverso stimoli al settore produttivo privato, programmi sociali che abbiano una contropartita produttiva, regole adatte alle necessità degli investimenti. In poche parole ricostruire una nazione praticamente azzerata, fornendola di istituzioni.

 

E come verrebbe risolta la grande corruzione e il narcotraffico, ambedue esistenti nel Paese, domanda pertinente visto che lei denunciò un ex ministro, candidato alla vicepresidenza, Cabello?

Il narcotraffico va perseguito, ma esso è frutto delle alleanze del chavismo con i movimenti colombiani Farc ed Eln e questo ha permesso ad alti comandi dell’esercito e della politica di partecipare al business, in primo luogo permettendolo, per poi diventarne parte. Il problema è che il Venezuela deve contrastare questi personaggi anche attraverso una collaborazione internazionale, cosa che non può fare un Governo complice, ma solo uno che voglia combattere il fenomeno attraverso la ripresa di una relazione con la Dea statunitense, interrotta durante il chavismo, e soprattutto una giustizia realmente indipendente.

 

(Arturo Illia)