“Gli alberi sono coperti di neve, proprio come ci si immagina sia a Natale, ma fa anche molto freddo, manca l’elettricità in gran parte di Aleppo. Però c’è una situazione nuova, c’è una piccola gioia nella nostra città: è un Natale in cui non cadono più bombe da una parte e dall’altra, è una situazione nuova per noi”. Monsignor Antoine Audo, vescovo della comunità cristiana caldea di Aleppo, che è sempre rimasto qui durante questi lunghi anni di guerra, parla con tono commosso, ma anche pieno di dignità. Certo, è un Natale diverso dopo quattro lunghi anni di massacri, la gente comincia a tornare, ci dice, ma c’è anche “la paura di provocazioni, di qualche azione violenta che tocchi questo Santo Natale. E ci sono tanti poveri per le strade, al freddo”. C’è una speranza però che si fa concreta e che ha bisogno del contributo e del sostengo di tutti i cristiani, anche di noi che viviamo in occidente: “I cristiani qui come in Europa devono essere sempre una presenza nella società, non lasciarsi deviare dal laicismo e dalla secolarizzazione. C’è bisogno di riscoprire una visione antropologica che dia sostanza a un nuovo umanesimo, come ci ricorda sempre papa Francesco, in cui l’uomo di qualunque cultura e religione venga rimesso al centro”.
Monsignor Audo, le notizie che riceviamo qua in Italia sono contrastanti: ci dicono che prosegue l’evacuazione dei civili, ma anche che alcuni di loro stanno tornando per la prima volta dopo anni ad Aleppo est. Come è la situazione reale?
Ci sono alcune famiglie che stanno effettivamente tornando, lo abbiamo visto nella nostra comunità. Tornano dalle montagne dove erano andati a nascondersi da tempo, tornano per vedere in che condizioni sono i loro negozi e le loro fabbriche, là dove fino a pochi giorni fa c’erano gruppi armati. Tornano anche per celebrare il Natale qui ad Aleppo, non sappiamo dire se poi si fermeranno. Non è un ritorno di massa, ma sono gruppi anche piuttosto consistenti.
Lei in questi anni di guerra ha sempre detto che era necessario fermare l’esodo dei cristiani dalla Siria. Pensa che adesso sia possibile tornare all’antica convivenza con i musulmani, come è stato in Siria per secoli?
Mi faccia ripetere ancora, come ho detto tante volte, che questa non è una guerra tra cristiani e musulmani, questo è falso. Certo, tanti cristiani sono stati vittime di violenze, ma si tratta di una lotta fra musulmani sunniti e sciiti che si è propagata nel nostro Paese. Questa è una cosa su cui essere chiari e precisi.
Lei è sempre rimasto ad Aleppo in tutti questi anni di guerra: in che modo si è rivolto ai suoi fedeli in questi momenti difficili?
Semplicemente ripetendo che come cristiani noi vogliamo la pace, per poter rimanere a vivere qui, perché non si perda questa presenza di qualità che sono i cristiani nel mondo arabo e islamico, una storia ricca e pluralistica che è durata secoli. Questo è il nostro scopo. Cerchiamo di fare tutto quello che possiamo per rimanere a dare questa testimonianza di vita comune. Tanti musulmani ci dicono che la Siria senza di noi non ha senso, che perde in ricchezza e civiltà.
Lei ha anche detto che un Medio Oriente senza cristiani è una perdita per l’intera umanità, cosa intende esattamente?
E’ qualcosa che vale per tutta la Chiesa universale. I musulmani devono capire questa dimensione della storia, non si può vivere oggi senza il rispetto dell’alterità, vale per tutti e vale per ogni società.
Dalla Siria come appaiono l’Europa e in generale il mondo occidentale?
Parlo solo delle mie convinzioni personali, non voglio assumere nessuna posizione di giudizio in nome degli altri. Penso che l’occidente, anche se vivete una grave crisi economica, sia preoccupato solo di questo aspetto, trovare nuove formule della ricchezza. Certo, dobbiamo tutti mangiare, ma non è tutto. Come semplice cristiano ritengo che pensare solo a un tipo di società consumista di massa sia uno sbaglio logico.
In che senso?
Si tratta di tenere presente quel principio di antropologia che papa Francesco ci ricorda sempre: mettere di nuovo l’uomo al centro del sistema e non pensare che la soluzione venga da nuove formule economiche. Questa è la mia posizione profonda.
Pensa che la parola del papa sia poco ascoltata da chi tiene le redini del potere in occidente?
Io spero che venga ascoltato, ma credo che i cristiani per primi si debbano muovere per essere presenti nella società e non rimanerne fuori in nome della laicità e del secolarismo. La presenza dei cristiani è fondamentale, dà vigore al rispetto degli altri, non crea guerre false. Non voglio certo darvi lezioni, non è questo il mio scopo. Dico però che i cristiani devono convertirsi.
E’ il primo Natale ad Aleppo senza bombe. Qual è la sua speranza in questo momento storico?
Spero sia un Natale che passi davvero nella pace, c’è sempre il rischio di qualche provocazione, di qualche violenza. Ma spero che possa passare nella pace e nel rispetto di tutti, soprattutto di quei tanti poveri che vivono per strada al freddo. Non vogliamo celebrare una vittoria contro qualche nemico, vogliamo solo affermare la dignità umana per tutti. Questo è il nostro Natale.
(Paolo Vites)