I 17 Paesi che partecipano ai negoziati hanno stabilito il cessate il fuoco entro una settimana, come annunciato dal segretario di Stato Usa, John Kerry, dopo prolungati colloqui insieme al ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. In questo modo intendono accelerare l’invio di aiuti umanitari e iniziare a discutere del processo di pace nei colloqui di Monaco. Abbiamo chiesto un commento a Carlo Jean, generale e analista militare.



Generale, che cosa ne pensa del cessate il fuoco in Siria annunciato da Russia e Stati Uniti?

E’ un cessate il fuoco relativo, nel senso che per esempio non si applica allo stato islamico e a Jabat Al-Nusra. I russi sono abituati a giocare su queste definizioni, perché c’è un intreccio di legami tra i vari gruppi. Molto verosimilmente Mosca continuerà a bombardare per consentire all’esercito di Assad di acquisire nuove posizioni.



Quali sono le intenzioni dei russi nel proporre il cessate il fuoco?

La Russia mira a tenere il gioco nelle proprie mani. Mosca ha trovato un Occidente completamente nel caos, senza idee, con una politica estera americana praticamente in bancarotta soprattutto per quanto riguarda la Siria. Le milizie sunnite, pur di non ritornare sotto Assad, confluiranno nelle fila dello stato islamico e di Al-Nusra. I russi quindi hanno intenzione di dividere la Siria in due o in tre parti: quella controllata da Assad, quella sotto l’Isis ed eventualmente una terza zona curda.

Per i russi l’Isis non è il nemico numero uno?



La situazione è più complessa di quanto si pensi. Per esempio la Russia sta facendo funzionare una centrale a gas in una zona controllata dall’Isis. Teniamo conto che i servizi pubblici anche nella zona controllata dall’Isis sono in gran parte finanziati dal governo di Damasco con i soldi forniti da Iran e Russia.

Il cessate il fuoco terrà?

Bisognerà vedere che cosa accadrà sul terreno, cioè se i bombardamenti cesseranno effettivamente. E’ possibile anche che si alternino tregue e attacchi come è avvenuto nella ex Jugoslavia e poi in Ucraina, in modo tale da sbilanciare l’avversario.

Che cosa è cambiato negli ultimi dieci giorni, da quando cioè il vertice di Ginevra è fallito?

L’esercito siriano ha guadagnato delle zone strategiche. I russi dieci giorni fa avevano ritenuto che era troppo prematuro cercare un accordo, ma adesso che hanno vinto sul terreno possono anche negoziare. Non ha senso del resto contrapporre soluzioni politiche e militari, perché non c’è differenza tra l’uso della forza e il negoziato.

 

I ribelli sunniti accetteranno di venire a patti con Putin?

No. I sunniti siriani si sentono traditi dagli americani e dagli altri Stati arabi che non li hanno sostenuti in pieno, e di conseguenza vedranno l’Isis come il loro unico baluardo di difesa. I reclutamenti dell’Isis quindi aumenteranno perché le varie milizie sunnite alimentate da Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi e Turchia si appoggeranno allo stato islamico, come unica forza che sia in grado di proteggerli contro il regime di Assad.

 

Quindi Putin di fatto sta rafforzando l’Isis?

Putin ha rafforzato Assad e di conseguenza anche l’Isis, in quanto ha bombardato soprattutto gli insorti che non facevano parte dell’Isis.

 

E se questo facesse parte di un piano in due fasi da parte del Cremlino?

Sì, una volta sbarazzatosi dell’opposizione sunnita che non è legata all’Isis, Putin intende dividere in due la Siria. Da un lato i governativi, che potrebbero spingersi a occupare l’intero confine con la Turchia, e dall’altra lo stato islamico.

 

(Pietro Vernizzi)