Tutti i giornali ieri riportavano in prima pagina – a caratteri cubitali – la tragedia dell’elicottero che si è schiantato sul monte di un isolotto dell’Egeo. Tutti, tranne “I Avgi”, l’organo di Syriza, il quale aveva questo titolo: “I sostenitori dell’intreccio”. “Intreccio” nel lessico politico ellenico si riferisce al perverso rapporto tra politica e informazione, soprattutto quella televisiva. Sì, perché nella notte tra giovedì e venerdì, il Parlamento ha votato la legge che regola il nuovo assetto televisivo del Paese che prevede quattro canali tv che potranno trasmettere su tutto il territorio nazionale, dovranno impiegare 400 persone ed essere economicamente in attivo. Le frequenze verranno messe all’asta. Dunque, il governo è alla ricerca di editori-imprenditori “onesti” con capitali da investire, ma soprattutto fiancheggiatori della politica statalista dell’esecutivo: soggetti rari in questa situazione di crisi. E sarà il governo a decidere a chi rilasciare le frequenze, scavalcando il Consiglio statale per la radio-televisione, un organismo indipendente.
Giusta la legge che mette fine a un sistema televisivo – attualmente i canali privati “nazionali” sono sei – retto dall’anarchia e da interessi politico-imprenditoriali poco trasparenti – ad esempio, un prestito agevolato in cambio di visibilità, o una commessa statale in cambio di sostegno elettorale. E perché soltanto i canali televisivi e non le radio? Ma era proprio il momento giusto per varare questa legge? Sembra tanto rumore per nulla, considerato che tutta l’attenzione dell’opinione pubblica è rivolta alle prossime mosse degli agricoltori. E poi perché mettere ordine soltanto in un settore quando altri che andrebbero regolarizzati e liberalizzati non vengono contemplati dalla lotta del governo contro il disfunzionamento della vita economica del Paese?
La risposta più ovvia è che nessun canale privato è a favore del governo. Più che una riforma sembra una vendetta, perché sicuramente questa legge, incostituzionale secondo l’opposizione, dovrà passare al vaglio del Consiglio di Stato e degli organi comunitari.
Il Paese vive altre emergenze ben più gravi. Ieri gli agricoltori sono scesi nella capitale, si sono scontrati con la polizia, obbligandola a darsela a gambe. Hanno lanciato patate e pomodori. E finiti gli scontri, un anziano con una busta di plastica ha iniziato a raccogliere quei pomodori e patate ancora interi. Una scena straziante. In Piazza Sintagma, di fronte al Parlamento, alcuni stavano montando le tende sul prato verde: segno che hanno intenzione di restare. A loro conforto si sono contati trenta banchetti che vendevano i famosi “suvlaki” (spiedini di cane di maiale). Ovviamente nessuno di loro emetteva lo scontrino fiscale.
Difficile stabilire chi vincerà questo braccio di ferro: il governo che invita gli agricoltori al dialogo, oppure questi ultimi che esigono il ritiro della proposta di riforma e una ripartenza da zero. Comunque prima o poi questa protesta terminerà – a marzo inizia la semina. Indubbiamente, il governo è con le spalle al muro. Troppi i fronti aperti e tanti gli intoppi: riforme, immigrati, privatizzazioni. A sparigliare si è messo anche Poul Thomsen del Fmi, il quale ha scritto che la Grecia dovrebbe ridurre del 4-5% del Pil il carico delle pensioni: i soldoni quella percentuale si traduce in un taglio di circa 9 miliardi, entro il 2018. Thomsen ha anche suggerito di un aumentare le tasse. E poi l’inizio del secondo “round” con la Troika (la data della sua venuta ad Atene è al momento non stabilita) per arrivare a definire i termini reali della riforma delle pensioni, le quali sicuramente verranno tagliate, nonostante la “linea rossa” del governo. Da Bruxelles, dopo la riunione dell’Eurogruppo, è arrivato il solito commento: “Ci sono progressi nelle trattative, ma c’è ancora molta strada da percorrere”.
In filigrana ancora un paio di numeri da capogiro. I greci devono alle banche, alle casse pensioni, allo Stato e all’azienda elettrica circa 216 miliardi (il Pil si aggira sui 170 miliardi), metà di questi sono prestiti in sofferenza verso le banche. Chissà se quell’anziano che raccoglieva dall’asfalto patate e pomodori è in regola con le tasse…