Erano 18 anni che un Presidente del consiglio italiano non metteva piede in Argentina, considerata una nazione sorella, e finalmente Renzi ha rotto l’incantesimo: ma ha dovuto aspettare che al potere salisse l’ingegner Macri, da lui conosciuto anni fa durante un incontro tra sindaci a Copenaghen.

Nei suoi discorsi tenuti in questi due giorni, il nostro Premier ha ribadito il valore delle relazioni tra i due Paesi e si è più volte scusato per il ritardo, ma non solo temporale: pure quello degli appuntamenti previsti nella sua visita, che non ha potuto rispettare per il ritardo nel suo arrivo all’aeroporto cittadino di Buenos Aires, dove l’Airbus 319 dell’aeronautica militare (non il suo lussuoso e contestatissimo A340, che non è potuto partire) è atterrato. Accolto dalla nostra Ambasciatrice Teresa Castaldo, dalla Cancelliera Argentina Susana Malcorra, il Governatore di Buenos Aires Rodriguez Larreta e il nuovo ambasciatore argentino in Italia Tomas Ferrari.



Condecorato subito come “Cittadino Illustre della Città di Buenos Aires”, dopo un colloquio con Malcorra e la deposizione di una corona di fiori al monumento a San Martin è iniziato per Renzi il tour dei discorsi cominciato nella scuola italiana Cristoforo Colombo, alla presenza di moltissimi studenti provenienti da varie scuole italiane presenti sul territorio. Tra i giovani presenti ha iniziato in maniera scherzosa, ma poi si è entrati nel tema di quel ponte che l’Italia non ha mai saputo costruire con una “Nazione sorella”, come l’ha definita. Un ponte che lui ha promesso di aprire specialmente nei confronti delle giovani generazioni, lasciando al passato l’emigrazione con valige chiuse con lo spago (esperienza da non dimenticare però). Ma purtroppo una questione che sembra ripetersi, dato che una ricercatrice del Gruppo Lia (Laboratorio idee Italia-Argentina) ha rivelato che esiste un’emigrazione notevole verso l’Argentina, superiore a quella che si registra verso la Francia o il Belgio. Ed è apparsa l’ombra della crisi che attanaglia il nostro Paese, dove la mancanza di futuro costringe i giovani a prendere la stessa scelta dei loro avi.



Non è quindi una questione legata alle opportunità che un mondo tecnologico offre aprendo una finestra sul mondo, ma una piaga che si ripete a causa di una nazione che non dà opportunità di lavoro ai suoi figli. Di un’Italia che l’immagine renziana fornita in questo viaggio rivela molto lontana dalla realtà, fatto ribadito pure nella “Lectio Magistralis” data presso la facoltà di economia dell’Uba (Università di Buenos Aires) e che in ambedue le manifestazioni è stata colta proprio da questi nuovi emigranti. “È un’immagine non vera: io sono insegnante e parlo 6 lingue, non fossi venuto qua avrei fatto la fame in Italia perché non avevo sbocchi e come me altri amici che sono arrivati qui e hanno iniziato come camerieri, ma poi hanno trovato una strada degna”, fa notare un giovane presente nel secondo incontro, esprimendo un concetto rimarcato da molti.



La visita di Renzi, nonostante fosse la prima importante del nuovo Governo Macri, è stata snobbata dai media locali che gli hanno dedicato poco spazio, inferiore alle aspettative. È un’Italia che sicuramente avrà difficoltà a iniziare un dialogo, seppur fraterno, perché il passato non fornisce esempi di promesse concretizzatesi: nella dichiarazione finale congiunta fornita dai due capi di Stato alla Casa Rosada le promesse sono state molte. Il tempo ne sarà giudice, ma Renzi lascerà il Paese senza aver avuto da Macri la promessa che la statua di Cristoforo Colombo ritorni al suo posto, fatto che era il più atteso dalla stragrande maggioranza degli italo-argentini, ormai avvezzi a anni di illusioni della “Madre Patria”.