Mercoledì sera una autobomba è esplosa nel centro di Ankara colpendo un convoglio militare in movimento. Il bilancio provvisorio è di 23 morti e 61 feriti, ma il numero delle vittime continua a salire. Il governo turco ha imposto la censura sulle immagini relative all’attentato, che è avvenuto a 300 metri dal parlamento e dal quartiere generale dell’esercito. Per Marcello Foa, giornalista e docente di comunicazione nell’Università della Svizzera italiana, “questo attentato è legato evidentemente alle operazioni militari che la Turchia sta conducendo in Siria contro i curdi. Potrebbe essere una ritorsione da parte degli stessi curdi, ma potrebbe essere anche un attacco organizzato dai servizi segreti turchi per giustificare un’invasione in grande stile”.



Foa, come legge l’attentato avvenuto nel centro della capitale turca?

Considerazioni così a caldo sono premature, ma la logica vorrebbe che dietro ci siano i curdi. Non ho mai creduto a una possibile matrice dell’Isis dietro agli attentati in Turchia, in quanto il califfato è stato ed è finanziato e sostenuto dal governo Erdogan. L’offensiva dei turchi contro i curdi siriani è pesante e questo attentato potrebbe essere la risposta, o meglio un avvertimento: “Attenzione che possiamo colpirvi anche noi e portare il terrore in Turchia”.



I curdi siriani e il Pkk turco rappresentano effettivamente un movimento unitario?

Al di là di considerazioni politiche, quando uno vede il proprio popolo martoriato e bombardato in modo forte, come apparentemente sta facendo la Turchia in Siria, scatta un istinto di solidarietà e una voglia di farla pagare. Anche se non ci sono rapporti diretti e le fazioni moderate prendono le distanze dal terrorismo o comunque dalla resistenza armata, di fronte a una situazione di guerra come quella che è in corso in Siria è possibile che le fazioni curde più estreme vogliano vendicarsi di quanto accade ai loro fratelli.



E’ possibile che ci sia un legame anche con l’invasione di terra in Siria annunciata da Erdogan?

E’ possibile, ma potrebbe esserci dietro anche la mano di qualcun altro. Qualcuno potrebbe cioè avere organizzato l’attentato per dire: “I curdi ci portano il terrore in casa e noi dobbiamo fargliela pagare”. La pista che porta ai servizi segreti turchi non è affatto inverosimile. E’ presto per capirlo, quello che è certo è che l’attuale clima di tensione esaspera gli animi di tutti rendendo più plausibili gesti estremi come l’attentato di Ankara.

In gennaio un attentato a Istanbul era costato la vita a dieci cittadini tedeschi, e il governo turco lo aveva attribuito all’Isis. Perché anche questa volta non potrebbe esserci la stessa matrice?

Io non ho mai creduto che dietro gli attentati in Turchia ci fosse l’Isis, perché non avrebbe senso. E’ come pensare che un tuo amico organizzi un attentato contro di te. Tanto più che anche dopo quell’attacco la Turchia ha continuato a finanziarie e a sostenere l’Isis come se nulla fosse. L’Isis, oltre a una realtà in quanto tale, è anche un’etichetta utilizzata per giustificare azioni condotte da altri. Quel che è certo è che la Turchia cerca continuamente pretesti per attaccare in Siria.

 

L’ultima campagna elettorale di Erdogan è stata improntata sull’alternativa “o noi o il caos”. E’ un’alternativa che torna a presentarsi?

Erdogan aveva bisogno di vincere le elezioni e ci è riuscito. Ora potrebbe sempre dire che la situazione è cambiata e che le dinamiche di quel che accade in Siria si riflettono sulla Turchia. Convincere un Paese come la Turchia di essere in guerra non è poi così complicato. La strategia di Erdogan è andare a regolare i conti in Siria o bloccare l’avanzata dell’esercito siriano appoggiato dai russi o dagli iraniani. Questa avanzata è la vera paura di Turchia e Arabia Saudita. Su questo Erdogan è uno che va dritto per la sua strada, anche perché ha appena vinto le elezioni.

 

(Pietro Vernizzi)