La ferita degli anni Settanta, che tuttora rimane aperta in Argentina, è da sempre oggetto di indagini su di un’epoca dove molte verità sono state rivelate parzialmente. Una di queste riguarda il sospetto che dietro l’incolumità fisica goduta da alcuni esponenti di movimenti come quello dei “Montoneros”, che misero il Paese a ferro e fuoco tra il 1971 e il 1975, cioè durante una democrazia costituzionale eletta mediante un suffragio popolare, si nascondano realtà “scomode” soprattutto alla favola divulgata a posteriori. Eclatante in questo senso il caso del giornalista Horacio Verbitsky, famosissimo per aver sollevato il dramma dei “voli della morte” attuati dalla dittatura genocida di Videla & C. per eliminare in forma massiva prigionieri politici e che all’epoca era considerato il numero 3 dell’organizzazione guerrigliera citata. In molti, tra i quali alcuni suoi compagni politici, si sono chiesti come potesse vivere normalmente e senza adottare particolari misure di sicurezza, alimentando sospetti che, nel corso degli anni, sebbene smentiti dall’interessato, hanno continuato a esistere. In questo senso Gabriel Levinas, un giornalista e scrittore, ha indagato profondamente sulla faccenda, portando alla luce documenti che costituiscono il materiale di un libro, intitolato “Doble agente”, scritto in collaborazione con Marina Dragonetti e Sergio Serricchio. Lo abbiamo intervistato a Buenos Aires.



Quali novità svela il libro “Doble Agente” sul tema della collaborazione di Verbitsky con la dittatura militare?

La novità più importante del libro è che dimostriamo, a livello documentale, qualcosa che si sospettava, ma di cui non si aveva la certezza: che in quegli anni Horacio Verbitsky collaborò con l’Aeronautica ricevendo soldi dalla dittatura militare. Siamo riusciti ad accedere a documenti che dimostrano come firmò almeno due contratti con l’Istituto Aeronautico Jorge Newberry, istituzione finanziata dal Comando in capo dell’Aeronautica, nel periodo tra il 1978 e il 1982. Successivamente scoprimmo che ricevette i soldi del secondo accordo attraverso una cassa mutua militare da lui stesso definita come un luogo dove era presente “l’entità finanziaria dei pensionati dell’Esercito”. Abbiamo anche avuto accesso a un documento particolare.



Quale?

Un manoscritto di Verbitsky (fatto periziare per confermarne l’autore) di 34 pagine, che è servito come base a un discorso del brigadiere Graffigna, capo dell’Areonautica militare tra il 1979 e 1982 e membro della seconda Giunta di Comandanti, dell’anno 1979: personaggio che aveva un potere totale sulla vita e i beni degli argentini. Queste prove screditano completamente quello che Verbitsky ha sostenuto sulla sua vita durante la dittatura. Non fu, come dice, membro della “resistenza”, ma un collaboratore contrattato: in cambio di cosa non è dato saperlo. Abbiamo anche dimostrato che negli anni ’60 giocò un ruolo fondamentale, come giornalista, nella caduta del Governo istituzionale del Presidente Arturo Illia, e che poi ricevette soldi dalla dittatura di Ongania a esso subentrata.



Chi è Horacio Verbitsky secondo lei?

È una persona che nei suoi 55 anni da giornalista è stato capace di operare su ambedue i fronti della contesa di ogni momento, lavorando su agende simultanee e spesso contraddittorie. È anche una persona senza scrupoli, con nessuna empatia per gli altri. Non gli è fregato nulla del danno arrecato a una persona di 10 anni, Juliana, dato che ha trattato il caso della sua adozione come un punching-ball politico e non ha difeso un collega prestigioso, il giornalista Julio Nadler, dalla censura fatta da Pagina 12 (il quotidiano a cui Verbitsky collabora, ndr ), perché nel 2004 si è permesso di scrivere sulla corruzione del Governo Kirchnerista, al punto di mettere in dubbio i suoi scritti e collegarli alla rabbia e impotenza di Nadler perché ammalato di cancro.

Perché pubblicare il libro solo ora?

L’ho fatto quando ne ho avuto l’opportunità. E credo che sia un buon momento: dopo 12 anni e mezzo di Governi Kirchneristi è un bene far conoscere nel miglior modo possibile il loro principale operatore strategico e giornalistico. Per un regime tanto preoccupato per il suo “racconto”, Verbitsky è una persona molto importante. Credo che questo si sia dimostrato in maniera particolare per l’assassinio – del quale non ho dubbi – del magistrato Alberto Nisman. Verbitsky è stato un operatore chiave del Governo in primo luogo per screditare la denuncia di Nisman e poi lo stesso magistrato e la sua figura. Da segnalare anche il caso del generale Milani, del quale il Cels, l’organismo diretto da Verbitsky, conosceva da tempo il passato di repressore durante la dittatura, ma che solo quando i fatti sono stati di dominio pubblico ne ha messo in discussione la figura.

 

Cosa ne pensa della “favola” del Governo Kirchner sugli anni ’70?

Si tratta di una interpretazione parziale e costruita di quello che realmente successe in quegli anni. È un caso strano dove la storia, invece di essere raccontata dai vincitori, lo è stata dai vinti. Però non dalle vittime delle violenze, ma da alcuni sopravvissuti e responsabili di portare avanti una lotta in modo irresponsabile e per la quale non erano assolutamente preparati. Personaggi come Verbitsky che non solo non si pentono delle loro decisioni, ma che anche non possono spiegarcele e molto meno raccontarci cosa hanno fatto per sopravvivere.

 

E la cooptazione di certi settori di organizzazioni sui diritti umani?

A suo modo il Governo, con l’aiuto di persone come Verbitsky, ha voluto far credere che giudicare coloro che violarono i diritti umani degli anni Settanta fosse sufficiente per ottenere la “patente” di “Governo dei diritti umani”. La verità è che giudicare i militari genocidi costituisce un atto di giustizia necessaria e improcrastinabile. Però i diritti umani si interpretano nel presente e sfortunatamente nell’Argentina odierna la sofferenza atroce delle comunità aborigene falcidiate dalla fame e la denutrizione o lo stato delle carceri in tutto il Paese dimostrano la vera vocazione del passato Governo Kirchnerista e dello stesso Verbitsky nella reale difesa di questi diritti. Naturalmente la cooptazione di parte delle principali organizzazioni attraverso finanziamenti e spazi pubblici di potere le ha silenziate rispetto alle violazioni del presente. Sotto questo aspetto quello di Verbitsky è stato un apporto notevole e necessario. 

 

Dopo 40 anni l’argomento della dittatura si mantiene di attualità. Come e quando si potrà chiudere questa ferita, come è accaduto in altri Paesi latinoamericani? 

Solamente con verità e giustizia. Però la verità non si limita a conoscere chi e come ha ucciso un militante degli anni Settanta, la verità è molto più profonda e in questo libro abbiamo provato a trovarne una piccola parte.

 

(Arturo Illia)