Probabilmente i più giovani tra voi quasi non ci crederanno, ma tanti anni fa le campagne elettorali italiche erano fatte anche di oggettistica promozionale, dai portachiavi alle penne con gli emblemi di partito ed i nomi dei candidati. È per questo che da piccolo mi stava simpatico Malagodi con il suo Partito Liberale di cui non sapevo assolutamente nulla eccetto che regalava le penne più belle. Mano a mano che la campagna presidenziale si inoltra nel cuore del paese la questione centrale diventa farsi conoscere, far sapere alla gente della propria candidatura. Un palloncino, un cappellino, uno di quei cartelli da piantare nel giardinetto davanti a casa come si vede sempre nei film… Una stretta di mano sarebbe il massimo, ma dove i candidati non riescono ad arrivare occorre che ci arrivi la loro organizzazione. Per questo occorrono soldi! Ieri due appuntamenti, uno in Nevada per i democratici e l’altro in South Carolina per i repubblicani. Tutti alla ricerca di conferme, tutti terrorizzati dall’idea di possibili smentite. 



Sono le 18.30, e mentre stanno per chiudersi i seggi in South Carolina, Hillary chiude il discorso in Nevada con quattro punti percentuali brodosi su Bernie Sanders. Il ribelle socialista è sconfitto proprio nel momento in cui sembrava poter prendere il volo. Ma per volare occorre una piattaforma di consenso che vada dalla classe media agli immigrati ispanici, dai giovani alle donne, dai bianchi ai neri, una base che Bernie non ha. Il popolo dei suoi simpatizzanti è andato crescendo enormemente in quest’ultimo mese, erodendo gran parte del cospicuo margine che la Clinton vantava. 



Ma Hillary vince e questo è quel che conta, tanto che nel suo pistolotto post vittoria, raggiante, rilassata, ma sempre determinata, può concentrarsi su quello che è sempre stato il suo tallone d’Achille: quel calore umano, quell’empatia che neanche dodici mani di fondotinta le possono dipingere in volto. 

Sanders non si arrende, per gli strani meccanismi del caucus porta a casa dal Nevada quasi lo stesso numero di delegati di Hillary, ma accusa una battuta d’arresto. L’establishment democratico sta facendo di tutto per isolarlo, ma anche Bernie ci mette del suo: usare “Power to the people” come colonna sonora fa storcere parecchie bocche, soprattutto quelle degli indecisi. Hillary disinvolta, Bernie teso. Come si sa, vincere fa sempre bene, perdere fa male. Anche in South Carolina. 



Seggi appena chiusi e giochi già fatti: Trump, quello che vorrebbe costruire muri al confine come costruisce palazzi, spazza via tutti con la sua sfacciata spavalderia. Dio solo sa cosa combinerebbe come presidente, ma intanto dice a voce (molto) alta quello che tanti segretamente pensano. E raccoglie consensi. 

Il problema di Trump però rischia di diventare il problema dei repubblicani, perché se Donald arrivasse alla nomination chi lo voterebbe al di là di quel 32-34% che sta raccogliendo in South Carolina? Resto convinto che tra Rubio e Cruz (che lotteranno tutta la notte per la medaglia d’argento), rastrellando i voti di Bush (che si ritira), Kacich e Carlson (quando si decideranno a mollare) salterà fuori il vero sfidante. Penso, spero …sebbene Rubio sia deboluccio e Cruz perfido….

Hillary, Sanders, Rubio, Cruz… Sì, non siamo messi molto bene.