Quasi 120 persone, in larga parte civili, sono rimaste uccise ieri nel corso di una serie di attentati terroristici in Siria. Due autobombe sono state fatte saltare nel centro di Homs, la città culla della rivoluzione attualmente sotto il controllo del governo. Diverse altre esplosioni hanno colpito un santuario sciita nella zona meridionale di Damasco. Nonostante il pesante bilancio, il segretario di Stato americano, John Kerry, ha affermato che è stato raggiunto un accordo provvisorio con la Russia su una cessazione delle ostilità cui aderirebbe anche la Russia. Ne abbiamo parlato con Camille Eid, intellettuale libanese che vive in Italia e giornalista di Avvenire.



Kerry ha parlato della possibilità di una cessazione delle ostilità. C’è una proposta concreta o siamo ancora in alto mare?

Siamo in alto mare, la dichiarazione di Kerry era costellata di condizionali. Il segretario di Stato ha detto che potremmo raggiungere un accordo condizionato sulla cessazione delle ostilità, che è una cosa diversa dal cessate il fuoco. Per Kerry questo accordo “potrebbe partire” nei prossimi giorni, Obama e Putin “potrebbero sentirsi” nuovamente per definire i termini di questo accordo. La cessazione delle ostilità del resto avrebbe dovuto iniziare venerdì scorso, quindi ci sono ancora degli ostacoli per definire i termini dell’accordo.



Sono stati fatti comunque dei passi avanti?

Qualcosa si sta muovendo sul terreno della diplomazia. Ho l’impressione che nei prossimi giorni, soprattutto se Obama e Putin riusciranno a sentirsi, arriveremo a una definizione più chiara. E’ però tutto da vedere quanto tempo ci vorrà per mettere in atto un cessate il fuoco contemporaneamente su tutti i fronti.

Qual è la logica dietro alle autobombe che hanno colpito Homs?

Il metodo dell’autobomba fa pensare più all’Isis che ai ribelli. In seguito a un accordo del maggio scorso, questi ultimi si erano ritirati da Homs. Da allora la situazione nella città era abbastanza tranquilla. A nord ci sono ancora i ribelli, ma Homs è stata abbandonata in base a un accordo perché le forze contrarie al governo erano assediate. Dopo quattro anni di scontri migliaia di combattenti delle diverse fazioni avevano ottenuto un lasciapassare per raggiungere le zone controllate dall’opposizione o dal fronte Al-Nusra verso la provincia di Idlib.



E’ possibile anche che ci sia un coinvolgimento dei ribelli?

Homs era ritornata nell’orbita del regime, e i ribelli sanno che compiere degli attentati a Homs non ha alcun senso. E’ pur vero che dopo l’accordo di Monaco del 12 febbraio scorso, tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano stanno cercando di guadagnare terreno. Ma attentati di questo tipo servono solo a seminare morte e distruzione, e non certo a conquistare terreno.

Nelle ultime 24 ore ad Aleppo sono stati uccisi 50 jihadisti dell’Isis. Che cosa sta avvenendo in questo quadrante?

E’ in corso un’offensiva del regime siriano con copertura aerea russa alla periferia di Aleppo. Il governo ha riconquistato una centrale energetica e 25 villaggi, facendo perdere terreno all’Isis. Il governo e i curdi hanno conquistato delle aree anche a ovest di Aleppo, addirittura tagliando in due le zone controllate dai ribelli, che in questo momento risultano perdenti.

 

La Russia ha iniziato finalmente ad attaccare l’Isis?

Personalmente non ritengo che la Russia stia concentrando i suoi sforzi nel combattere l’Isis. Il suo obiettivo è piuttosto quello di liberare la periferia di Aleppo in previsione di un’offensiva che metta fine alla divisione in due della città. In questa offensiva i curdi stanno dalla parte del governo. L’obiettivo dei russi è quello di riuscire a collegare tra loro le zone sotto il controllo del regime. Questo torna ovviamente a vantaggio di Assad, nel senso che migliora di molto la sua posizione. Non è però un’offensiva in grado di essere ultimata nell’arco di pochi giorni, anche perché Aleppo in ordine di grandezza è la seconda città della Siria.

 

(Pietro Vernizzi)