“Un intervento in Libia limitato inizialmente all’invio di truppe speciali è una scelta basata non tanto sull’efficacia sul terreno, quanto piuttosto sull’opportunità politica. Si preferisce evitare reazioni negative nell’opinione pubblica tanto italiana e quanto araba”. Lo sottolinea Giuseppe Cossiga, ex sottosegretario alla Difesa. L’Italia si appresta a intervenire in Libia affidando le operazioni a corpi militari speciali come Comsubin, Col Moschin e parà della Folgore. Una legge approvata in novembre dalle Camere consentirà ai militari di operare “seguendo la catena di comando dei servizi segreti”.
Cossiga, che cosa comporterà la scelta di seguire la stessa catena di comando dei servizi segreti?
In realtà la catena di comando non è quella dei servizi segreti bensì quella delle operazioni speciali, che ove necessario opera anche con i servizi segreti. Non stiamo parlando di unità normali dell’esercito, ma di unità che sono in grado di colpire in modo più preciso in una guerra anomala sotto diversi punti di vista. Non siamo ancora alla fase “boots on the ground”, bensì a una presenza di alta qualità che permette di essere molto efficaci con assai meno rischio di vittime.
Perché il governo non ha chiesto l’approvazione del Parlamento?
Negli Stati Uniti l’impiego delle forze armate passato un certo periodo di tempo richiede un voto del Congresso. In Italia invece non richiede un passaggio parlamentare. Il governo può decidere di interpellare le Camere per una necessità politica oppure economica. Nel quadro di una decisione dell’Onu, può non essere necessario un voto del Parlamento. In generale comunque nel nostro Paese l’impiego delle forze armate non richiede una votazione.
Dal punto di vista militare, ritiene che il piano italiano sia adeguato?
Un inizio con le truppe speciali è basata non tanto sull’efficacia sul terreno, quanto piuttosto sull’opportunità politica. Se si manda una brigata in Libia (tra 1.500 e 4mila uomini, ndr), c’è un impatto sull’opinione pubblica italiana e su quella del mondo arabo ben diversa dall’avere 200 uomini delle forze speciali nel Paese. Quella del nostro governo è quindi una scelta accorta. Droni e mezzi di ricognizione rendono possibili le azioni delle truppe speciali.
Perché inviare una brigata in Libia comporterebbe problemi politici?
Nel caso in cui si decidesse di inviare una brigata in Libia, sarebbe necessario un voto del Parlamento per chiedere di stanziare i fondi necessari. Infatti non c’è ancora stato un voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu tale da consentire un’azione militare di ampio respiro in Libia. L’invio di una brigata metterebbe quindi estremamente in difficoltà il governo. Un altro conto è limitarsi all’invio di truppe speciali per la protezione degli interessi prioritari della nazione, come il rifornimento di petrolio e la tutela delle infrastrutture per l’estrazione.
Gentiloni ha detto che i droni Usa che partiranno dalle nostre basi saranno usati solo per scopi difensivi. Come è possibile?
La battuta sull’impiego dei droni americani solo per operazioni difensive mi ricorda molto quando Andreotti disse in Parlamento che i nostri Tornado non andavano ad attaccare l’Iraq ma a difendere la flotta schierata in mare. Non è altro che una bugia a scopo politico. Quando le truppe speciali Usa chiedono l’intervento del drone per colpire un bersaglio specifico, non possiamo certo immaginare che i militari Usa telefonino a Renzi per chiedergli se possono tirare un missile o meno.
Il nostro governo ha scelto la cautela. E’ la decisione migliore?
Gli interventi militari non si fanno per gli altri ma per se stessi. Di questo americani e francesi sono pienamente convinti e quindi non si fanno influenzare dall’effetto collaterale che l’intervento può avere sull’opinione pubblica di altri, bensì soltanto dal proprio interesse. Le forze di sinistra che sono alla base del governo Renzi continuano invece a dire che queste cose noi le facciamo perché siamo buoni e vogliamo quindi aumentare la pace nel mondo. Nella realtà uno Stato interviene quando ha un interesse a farlo. Non si è ancora intervenuti in Libia perché finora gli interessi non erano così aggrediti. I francesi ritengono a questo punto che la tutela dei loro interessi sia a forte rischio, e quindi stanno iniziando a intervenire.
(Pietro Vernizzi)