“Anche calcolando che l’Isis abbia tra i 50 e i 100mila combattenti, il mondo intero è in grado di eliminarlo. Se non lo fa è evidente che il motivo è una cattiva volontà”. E’ la denuncia di Massimo Campanini, docente di storia dei paesi islamici all’Università di Trento. Martedì a Roma si è incontrata la coalizione internazionale anti-Isis in formato “Small group”. A presiederla sono stati il segretario di Stato Usa, John Kerry, e il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni. Intanto a Ginevra in Svizzera l’inviato speciale Onu, Staffan De Mistura, sta cercando di convincere l’opposizione siriana a prendere parte ai colloqui. Lo stato islamico però continua a colpire. Sempre martedì si sono registrate tre esplosioni a Damasco che hanno provocato almeno 70 morti e 110 feriti.



Professore, partiamo dalla coalizione anti-Isis che si è incontrata alla Farnesina. Ritiene che l’Occidente stia facendo dei passi avanti nella lotta al califfato?

Nei confronti dell’Isis l’Occidente ha avuto negli ultimi mesi un atteggiamento molto problematico. Il fenomeno è stato ignorato e passato sotto silenzio, delegando la lotta armata ai curdi. C’è da chiedersi perché l’Occidente ci abbia messo così tanto a rendersi conto che l’Isis era pericoloso. O i nostri responsabili di politica estera sono degli incompetenti, oppure l’Isis non è ciò che ci è stato detto.



Basta una riunione a Roma per risolvere il problema?

Ritengo giusto mettersi intorno a un tavolo, superando le differenze tra Usa e Russia e facendo fronte unito contro questo pericolo. Quando invase la Polonia, a un certo punto Hitler doveva essere fermato. Allo stesso modo se l’Isis è quello che dice di essere, va sradicato. Da questo punto di vista è benvenuta una convergenza internazionale di tutte le potenze. Ma c’è una cosa che non mi convince.

Che cosa?

Il problema fondamentale è capire da dove venga l’Isis e chi l’abbia armato. Il califfato inoltre si alimenta vendendo il petrolio, e questo significa evidentemente che c’è qualcuno che glielo compra: ci sono state e ci sono quindi delle connivenze. D’altra parte esistono dei filmati, sotto forma di candid camera, in cui Hillary Clinton dice: “Tanto l’Isis lo abbiamo creato noi”. E’ pur vero che con le tecnologie moderne si possono mettere in giro dei video contraffatti e inventare dei bombardamenti che non sono mai esistiti. Pochi anni fa per esempio Al Jazeera ha inventato che Gheddafi aveva sterminato dei civili e creato dei cimiteri di massa.



Di che cosa c’è bisogno per sconfiggere lo stato islamico?

Anche calcolando che l’Isis abbia tra i 50 e i 100mila combattenti, il mondo intero è in grado di eliminare questo pericolo. Se non lo fa è evidente che il motivo è una cattiva volontà. Se ora invece si decidono a eliminarlo, ben venga questa decisione.

Che cosa si aspetta intanto dai negoziati di Ginevra sulla Siria?

Bisogna andare alle origini della questione. Nel 2011 c’è stata una rivolta nei confronti del regime di Assad, che sembra sia stata di tipo popolare. Per essere più precisi c’è stata la sollevazione di una parte del popolo siriano contro il regime, in quanto gli alawiti hanno sempre sostenuto Assad. I ribelli si sono però rivelati molto frammentati al loro interno e senza una guida chiara. Assad è quindi riuscito a resistere, diversamente da quanto è avvenuto a Mubarak e Ben Alì.

 

Perché secondo lei il conflitto ha assunto le attuali proporzioni?

In questo conflitto si sono inserite delle forze esterne, di natura jihadista-qaedista, in parte sorrette dall’Arabia Saudita. Questo fatto ha complicato il quadro, rendendolo più fragile. Ormai oltretutto la Siria è una realtà frantumata, perché il processo di deflagrazione probabilmente la porterà a non esistere più.

 

I negoziati di Ginevra rappresentano una risposta adeguata a tutti questi problemi?

Anzitutto bisogna vedere dove si vuole andare con i negoziati di Ginevra. In campo ci sono interessi internazionali, come quelli della Russia, che naturalmente non vorrebbe una caduta di Assad. Dall’altra i ribelli non intendono partecipare ai colloqui se prima Assad non se ne va. Nel frattempo l’Isis ha provocato una nuova strage mettendo delle bombe a Damasco. I ribelli da una parte e Assad dall’altra tirano la corda a loro favore, e naturalmente questo tipo di tensione fa comodo alle forze destabilizzanti che non trovano occasione migliore per creare il caos. E’ quindi estremamente difficile trovare una vera soluzione politica, se non si raggiunge prima un’intesa a livello di grandi potenze.

 

(Pietro Vernizzi)