Puntuale come un orologio teutonico, il ministro delle Finanze Schauble ha rispolverato l’idea di una “Grexit”. Ha rivelato come nel 2011 aveva proposto ad Atene una temporanea uscita dall’euro, in cambio di un sostanzioso aiuto finanziario (50 miliardi?). L’uscita dall’euro – ha affermato – avrebbe fatto soffrire una sola volta i greci che avrebbero evitato questo lungo martirio di tagli e riforme. E ha aggiunto che senza una svalutazione delle moneta, la Grecia difficilmente vedrà la crescita. Evangelos Venizelos, allora ministro delle Finanze, conferma la proposta tedesca e aggiunge che l’uscita dall’euro avrebbe comportato una riduzione del tenore di vita del 70%, un duro controllo dei capitali, un aumento del debito pubblico, il collasso del sistema bancario e assicurativo e la “svendita” della ricchezza nazionale.
Ad Atene sono entrati nel panico. Strana coincidenza: ieri sciopero generale contro le riforme, fiscale e assicurativa, e da lunedì scorso discussioni con la Troika senza che sia stato raggiunto un accordo. Nove ore, a cavallo tra martedì e mercoledì scorsi, non sono bastate ai due ministri, Finanze ed Economia, a convincere i “duri” rappresentati dei creditori sui progetti di riforma presentati da Atene. La posizione della Troika non è negoziabile, a quanto pare. Anzi, ha rifiutato il disegno di legge sulle pensioni, sul nuovo regime fiscale, e sul bilancio. E ha rilanciato la propria proposta: 2,5 miliardi di tagli (1,8 sulle pensioni e 0,7 sul welfare).
Anche l’incontro tra la Troika e il ministro del Lavoro Katrougalos è finito in un nulla di fatto: è entrato nella hall dell’albergo dove si tengono i colloqui con la cravatta e ne è uscito senza. La Troika ha respinto tutte le proposte presentate dal governo. I numeri del governo non coincidono con quelli della Troika.
La posizione dei creditori preoccupa il governo, il quale sta già studiando proposte alternative. Il suo obiettivo è quello di chiudere positivamente la “valutazione” dei conti da parte dei creditori, ma per arrivare a questo traguardo dovrà votare su pensioni e fisco. Soltanto allora si potrà iniziare a discutere del debito pubblico: ed è questo l’obiettivo sensibile del governo e su cui punta Tsipras per la sua sopravvivenza. Ma in questo momento sembra paralizzato: è il primo scontro, nonostante le dichiarazioni di Tsipras secondo cui il governo ha ottenuto, nel giro di un anno, dal “popolo” tre mandati per condurre la Grecia fuori dalle secche di una crisi ormai patogena. Ma lo stesso “popolo”, ieri, è sceso in piazza per uno sciopero generale che non ha precedenti nella recente cronaca della crisi. Tutto bloccato, tutti in strada contro il progetto di riforma delle pensioni.
Per la prima volta gli scioperanti non chiedono aumenti salariali o agevolazioni, chiedono invece che non vengano tagliati ulteriormente stipendi e pensioni. Ma il governo ribadisce che la riforma ha una “impronta di classe”, cioè la riforma previdenziale favorisce i pensionati a basso reddito, gli agricoltori, i professionisti che guadagnano poco. A questo sciopero ha aderito anche l’ufficio del lavoro di Syriza, e non è la prima volta che il partito di governo si tramuta in partito di lotta. Un paradosso tra i tanti.
Tutte le professioni sono scese in piazza, anche i black bloc di nero vestiti e armati di maschere antigas, i quali si sono scontrati la polizia e anche con i manifestanti, devastando il centro della capitale. Gli agricoltori invece stanno inasprendo la loro posizione con blocchi stradali e velate minacce al governo. Hanno intenzione di continuare la lotta fintanto che il governo non ritirerà il progetto di legge che riguarda il loro sistema pensionistico e fiscale.
Stando alla tradizione, nessun governo è mai riuscito a far desistere gli agricoltori. L’hanno sempre spuntata, per cui si profilano giorni, o forse settimane, difficili per il governo. Alcuni deputati Syriza hanno cercato di avviare un dialogo con loro, ma il risultato è stato negativo, al punto che sono stati oggetto di violente critiche verbali, condite da pesanti insulti. Molti sono coloro che sono “arrabbiati” con il governo e non manca l’occasione per dimostrarlo. Mercoledì scorso è stato impedito l’atterraggio dell’elicottero che portava il ministro della Difesa, Panos Kammenos, sull’isola di Kos. Voleva, il ministro, verificare l’area in cui dovrebbe essere costruito un “hotspot” che dovrebbe essere pronto per il 15 di questo mese. La gestione degli immigrati, un altro fronte caldo che necessita di risposte e azioni concrete che verranno a pesare sul bilancio: 25 milioni ha sborsato Atene quale fetta dei 3 miliardi che l’Ue offre alla Turchia.
Ciò che invece il governo non riesce, per il momento, a gestire è la disillusione della gente che ha votato Syriza, passato in tre mesi dal trionfo al tonfo. E non è chiaro se a fronte di questi scontri sociali Tsipras non decida di ritornare alle urne, mentre qualcuno in Syriza vorrebbe che si sfilasse dal governo.