“Non è stato pagato alcun riscatto” per la liberazione di Filippo Calcagno e Gino Pollicardo. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, nel corso dell’informativa al Senato. Il responsabile della Farnesina ha sottolineato che “sulla base delle evidenze emerse, i quattro italiani sono stati nelle mani dello stesso gruppo durante tutta la durata del sequestro, cambiando solo una volta il luogo di prigionia”. Intanto è polemica dopo che la moglie di Salvatore Failla, Rosalba, ha fatto ascoltare la registrazione audio di una telefonata del marito lo scorso 13 ottobre, quattro mesi prima di essere ucciso insieme a Fausto Piano. “Mio padre era una persona buona. Non ci hanno aiutato a riportarlo a casa”, ha detto Erica, la figlia di Salvatore Failla. Ne abbiamo parlato con Carlo Jean, generale e analista militare.



Generale, la convince la versione fornita in aula dal ministro Gentiloni?

La vera questione è che il contatto tra le autorità italiane e i rapitori non è stato finalizzato. Quindi evidentemente le gang criminali che avevano in custodia i quattro italiani hanno pensato che una volesse prendersi gioco dell’altra. A quel punto hanno preso due dei rapiti a caso e li hanno uccisi. Oppure una banda è scappata con due dei rapiti, molto probabilmente con l’intenzione di chiedere un riscatto in modo autonomo, e mentre erano per strada sono stati attaccati da un’altra milizia.



Secondo lei è stato pagato un riscatto per Calcagno e Pollicardo?

Mi sembra strano che non sia stato pagato dall’Eni, dalla Bonatti o dal governo. E’ abbastanza probabile che il riscatto ci sia stato.

Martedì si sono incontrati Renzi e Hollande. Che cosa stanno preparando?

Renzi ha chiesto a Hollande di agire sul generale Haftar, che è legato a Francia ed Egitto e che si oppone alla creazione di un governo di unità nazionale. L’esecutivo di Al-Serraj a mio avviso però non servirà a niente, perché senza una milizia non ha alcuna forza effettiva. Di conseguenza l’unica cosa che cambierà è che anziché avere due governi ne avremo tre.



Sarebbe possibile una divisione della Libia in due aree?

Ci sono due grosse difficoltà alla realizzazione di questo progetto. La prima è la mancanza di interlocutori, in quanto gli anziani delle tribù non hanno più la forza di una volta perché l’urbanizzazione ne ha indebolito parecchio l’autorità. In secondo luogo i campi petroliferi più ricchi si trovano proprio tra la Tripolitania e la Cirenaica. Riuscire a dividerli equamente è un fatto impossibile.

Renzi e Hollande hanno parlato anche di un possibile intervento in Libia?

L’intervento è possibile solo su iniziativa degli Stati Uniti, non certo di Italia e Francia.

Quale ruolo avrebbe l’Italia in caso di un intervento statunitense?

L’Italia entrerebbe a far parte della coalizione. Dal momento che il nostro Paese in Libia dispone di un’intelligence decisamente efficiente, concorrerebbe a un eventuale intervento con i servizi segreti e con le forze speciali. Inoltre metteremmo a disposizione le nostre basi aeree.

 

Quali obiettivi avrebbe un intervento degli Stati Uniti?

Un intervento degli Stati Uniti avrebbe come obiettivo semplicemente quello di contenere l’Isis, e non invece di distruggerlo. Si tenterà di infliggere delle perdite allo Stato Islamico, in modo tale che non riesca a organizzare attentati in Occidente. A parte il fatto che io sono persuaso che gli attentati in Occidente non sono compiuti da persone inviate dall’Isis da Libia e Siria, bensì da islamici che si radicalizzati in Europa e Stati Uniti.

 

Quando partirà l’intervento degli Stati Uniti in Libia?

L’intervento non è affatto imminente. Una decisione netta sarà assunta soltanto al termine delle elezioni per la Casa Bianca. Prima saranno attuate solo azioni di contenimento e bombardamenti, in modo da evitare che l’Isis si diffonda troppo.

 

(Pietro Vernizzi)