“Il governo italiano aveva avviato una trattativa per liberare i quattro ostaggi in Libia che si è interrotta però il 19 febbraio scorso, quanto gli Stati Uniti hanno bombardato Sabrata. I raid hanno innescato una precipitosa accelerazione degli eventi che ha portato all’uccisione di Fausto Piano e Salvatore Failla”. Lo afferma Amedeo Ricucci, giornalista Rai inviato in Libia, a sua volta vittima di un rapimento per conto di Jabhat al-Nusra quando si trovava in Siria nel 2013. Giovedì i corpi di Piano e Failla sono arrivati in Italia dopo l’autopsia compiuta in Libia. Francesco Caroleo Grimaldi, avvocato della famiglia Failla, ha commentato: “Le nostre perplessità sull’autopsia eseguita in Libia si sono rivelate fondate. Il prelievo di parte di tessuti corporei ha reso impossibile l’identificazione dell’arma usata, la distanza e le traiettorie. Non è stata un’autopsia, è stata una macelleria”.
Che cosa è avvenuto veramente nei mesi del rapimento e quale parte è stata giocata dal governo italiano?
Che cosa sia successo veramente, non lo sa ancora nessuno. Le versioni che si raccolgono qui a Tripoli sono diverse e contraddittorie. E’ difficile ricostruire la reale dinamica dei fatti, anche perché in tutte le versioni emerse finora la verità è piegata alle esigenze di chi fornisce queste versioni. Questo vale sia per il governo di Tripoli sia per le milizie di Sabrata sia per Rada, che è la milizia alle dipendenze del ministero degli Interni che si occupa di anti-terrorismo.
Quali sono le diverse ipotesi sul tappeto?
Volendo restringere le ipotesi, le versioni che si contendono il primato della verità sono due. Da un lato quella ufficiale del governo di Tripoli, che parla di un’esecuzione a freddo da parte dell’Isis, dopo che il convoglio su cui viaggiavano Fausto Piano e Salvatore Failla è stato intercettato da miliziani di Sabrata nel corso di operazioni di anti-terrorismo. L’altra versione parla invece di un conflitto a fuoco nelle campagne tra Sabrata e Surman, e in questo conflitto a fuoco i nostri due connazionali sarebbero morti. In ogni caso l’autopsia potrà fare emergere la verità, perché dall’esame dei corpi si capirà se è stata un’uccisione a freddo da distanza ravvicinata oppure no (autopsia ormai impossibile, secondo il legale della famiglia Failla, l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, citato ieri dall’Ansa: “Le nostre perplessità sull’autopsia eseguita in Libia si sono rivelate fondate. Il prelievo di parte di tessuti corporei ha reso impossibile l’identificazione dell’arma usata, la distanza e le traiettorie. Non è stata un’autopsia [quella in Libia] è stata una macelleria”, ndr).
Secondo lei è stato pagato un riscatto per gli altri due italiani, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo?
Sui riscatti in Italia si scrivono romanzi. Si è parlato di un riscatto di 12 milioni di dollari, ma io non ho elementi né per dire che sia stato pagato né che non sia stato pagato. Di sicuro c’era una trattativa in atto, come documenta anche la registrazione della telefonata che la famiglia Failla ha fatto ascoltare alla stampa. Poi questa stessa trattativa si è interrotta, probabilmente anche in conseguenza del raid americano su Sabrata del 19 febbraio che ha innescato una precipitosa accelerazione delle dinamiche militari. A quel punto i rapitori sentendosi braccati hanno deciso di dividere i quattro ostaggi in due gruppi.
Lei in questo momento si trova in Libia. Quali sono le forze che si contendono il terreno?
Le forze in campo sono tante. In Libia ci sono tra le 100 e le 140 milizie di dimensioni abbastanza significative, cui si aggiungono sottomilizie nei quartieri di ogni città. Le forze islamiste sono Isis e Ansar Al-Sharia. Quest’ultima è la fazione storica dei jihadisti che ha fatto la sua apparizione nel 2011, subito dopo la rivoluzione, dopo avere combattuto contro Gheddafi. Ansar Al-Sharia si è stabilita prima a Derna, a est, quindi a Sirte, nel centro, e infine a Sabrata, a ovest, nella zona dove sono stati rapiti e uccisi due dei quattro ostaggi italiani.
In molti dicono che l’Isis non è il vero problema, bensì il pretesto per giustificare un intervento americano. E’ così?
L’Isis è uno dei problemi. I recenti avvenimenti in Libia, ma anche l’ultima battaglia in Tunisia, documentano che il problema del terrorismo islamico sta assumendo un’ampiezza inattesa. Chi dice che l’Isis non è un problema in realtà sbaglia, anche se è vero che non è l’unico. La Libia è uno Stato fallito prima ancora di nascere, uno stato in cui non esistono autorità riconosciute. Ci sono tre governi che si contendono la legittimità e un’economia allo sfascio. In questo vuoto di legalità e di istituzioni l’Isis prolifera.
(Pietro Vernizzi)