“È evidente che Idomeni rappresenta il fallimento di una politica europea comune sul tema dei profughi”. Vittorio Da Rold, inviato del Sole 24 Ore, parla con ilsussidiario.net dal fango del campo profughi sorto ai piedi dell’ultimo muro ri-alzato in Europa: quello eretto dalla Macedonia verso la Grecia per sbarrare la strada della rotta balcanica che dal Medio Oriente in fiamme conduce nel cuore del Vecchio Continente (in Austria, Ungheria, alla fine in Germania).
Sono 13mila i rifugiati nella melma che anche Da Rold percorre da giorni in lungo e in largo senza nascondere la sua amarezza: “Questa non è l’Europa per cui hanno lottato i padri fondatori dell’Unione”. L’inviato del Sole 24 Ore ha seguito molti momenti critici della storia europea recente, soprattutto nel Sudest: da quelli che hanno avuto per teatro la Grecia a quelli che hanno acceso la Turchia. Da giornalista sul campo, è sempre stato un realista, Vittorio: ha intitolato suo ultimo libro Un mondo in tempesta. Coming soon, la prossima crisi (Asterios 2016), un saggio sull’economia della transizione. Però quello che sta vedendo a Idomeni lo sta colpendo in modo particolare: “Anche l’organizzazione dell’Onu – dice – per i rifugiati ha espresso un dissenso molto netto rispetto alla decisione di Skopjie di chiudere a tempo indeterminato i confini”.
Non è solo un fatto umanitario, di negazione dei diritti dei 13mila profughi di Idomeni. “Un siriano sfuggito all’Isis e ora accampato qui stamattina mi ha detto “ormai è combattere o morire”: fino a che punto sarà possibile gestire le tensioni crescenti già ben dentro i confini europei?”. Ma al centro resta una questione politica centrale: “La vittoria dei nazionalismi e delle piccole patrie che non hanno visione strategica sui temi geopolitici del nuovo secolo condannano la Ue alla ininfluenza e alla marginalità. Come la crisi dei debiti sovrani ha messo in ginocchio nel 2012 e 2015 l’Eurozona arrivando quasi alla rottura dell’euro, così con la crisi dei profughi l’Europa sta ripetendo il triste cammino per una difficile unità. Ci vorranno fondi speciali, sanzioni ad hoc, controlli comuni delle frontiere europee per evitare che il trattato di Schengen diventi carta straccia”.
E l’Italia? E’ verosimile che anche il blocco macedone sia stato nuovamente pensato per far rifluire le ondate migratorie verso i paesi mediterranei? (Pausa di silenzio) “Beh, è ovvio che in questa situazione molti potranno essere tentati dal cercare nuove vie verso il nord. La più evidente è quella di tentare l’ingresso in Albania e da lì risalire lungo le sponde dell’Adriatico: quella slava o quella italiana. E se questo accadrà l’incendio si propagherà e Schengen riceverà nuove picconate, forse decisive”.