“Il presidente Al-Sisi ha ragione, un intervento italiano in Libia non farebbe altro che aumentare il caos. Del resto gli interessi degli Stati Uniti, che vogliono solo distruggere l’Isis, divergono da quelli italiani. Il nostro governo ha bisogno di stabilizzare l’intero territorio libico attraverso la strategia delineata dal presidente egiziano”. E’ il commento di Carlo Jean, generale e analista militare, dopo che Repubblica giovedì ha pubblicato la seconda parte dell’intervista al capo di Stato egiziano, Abdel Fattah Al-Sisi. Riferendosi all’eventualità di un intervento italiano in Libia, il generale Al-Sisi ha sottolineato: “Bisogna tenere a mente due lezioni: quella dell’Afghanistan e della Somalia. Lì ci sono stati interventi stranieri più di trent’anni fa e quali progressi sono stati raggiunti da allora? I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la storia parla chiaro”.



Generale Jean, quale messaggio intende mandarci Al-Sisi con questa intervista?

Da parte del presidente Al-Sisi, questa intervista è un atto di rispetto e di considerazione nei confronti dell’Italia che è il primo partner commerciale europeo dell’Egitto.

Lei che cosa ne pensa della strategia delineata da Al-Sisi sulla Libia?



Non si può non convenire con la strategia delineata da Al-Sisi sulla Libia. Anche se di fatto l’Egitto appoggia l’esercito del generale Haftar e il Parlamento di Tobruk, che è poi quello riconosciuto per ora legittimo dalla comunità internazionale, mentre è più tiepido nei confronti del governo di unità nazionale di Al-Sarraj.

Sostenere il governo di Tobruk contro quello di Tripoli come propone Al-Sisi non rischia di essere controproducente?

E’ in qualche modo quello che stanno facendo anche gli americani, i quali collaborano con la città e le milizie di Misurata e non con il governo di Tripoli. Gli Usa hanno dato a Misurata anche rifornimenti di armi violando l’embargo dell’Onu. Le milizie d Misurata in questo modo hanno contenuto l’espansione dell’Isis verso Ovest.



Per Al-Sisi, “in Libia operano diverse organizzazioni jihadiste vicine al governo di Tripoli”. E’ credibile?

Sì. Quello di Tripoli è infatti un governo appoggiato dai Fratelli musulmani, che in Egitto è considerata un’organizzazione terroristica. A Tripoli operano inoltre milizie di carattere jihadista legate all’operazione “Alba Libica”. A costituirla sono persone che fanno capo a organizzazioni come Ansar Al-Islam, Ansar Al-Sharia e ai Fratelli musulmani.

La strategia libica delineata da Al-Sisi è compatibile solo con gli interessi dell’Egitto o anche con quelli dell’Italia?

Sicuramente è compatibile in primo luogo con gli interessi dell’Egitto, ma lo è anche con quelli dell’Italia. Gli Stati Uniti e altri Paesi europei infatti sono focalizzati troppo sulla guerra all’Isis. Il pericolo maggiore per l’Italia però sono le ondate di profughi che stanno distruggendo l’Ue. E anche qualora si riuscisse ad arrestare il flusso che attraversa i Balcani, non si riuscirà a fermare quello del Mediterraneo centrale che da Tripoli e Sabrata porta alla Sicilia.

Qual è il ruolo delle milizie libiche rispetto a questi flussi?

Le milizie libiche sono strettamente associate alla criminalità organizzata, che utilizza il traffico di esseri umani per fare soldi. E il traffico di essere umani per l’Italia rappresenta la minaccia maggiore. Noi quindi abbiamo interesse a normalizzare la situazione in Libia, in modo tale che quest’ultima costituisca una sorta di muraglia contro l’afflusso di questa enorme quantità di migranti provenienti da Corno d’Africa e Africa Subsahariana.

 

E’ solo un’emergenza temporanea?

No, questo afflusso è destinato ad aumentare. L’ultimo rapporto dell’Onu prevede che entro il 2100 ci saranno 250 milioni di persone che vorranno migrare in Europa. Saremo quindi sottoposti a un forte stress.

 

Com’è invece la situazione dal punto di vista energetico?

Attualmente i 200mila barili di petrolio al giorno e i 6/7 miliardi di metri cubi di gas passano praticamente a nord-ovest di Tripoli. Anche questo fa sì che la fine del caos libico sia una necessità per l’Italia.

 

Lei come valuta la posizione del nostro Paese sulla Libia?

L’Italia vede che la Libia è nel caos e non si fida dei suoi alleati perché ciascuno sta andando per la sua strada. Il nostro Paese non si può fidare completamente neanche degli Stati Uniti, perché questi ultimi hanno in mente soltanto di battere l’Isis e non di risolvere il caos libico. Di conseguenza la cosa migliore per il nostro governo è starsene cauto e tranquillo e vedere che cosa succede.

 

(Pietro Vernizzi)