“Oggi penso a tanti profughi, a tanti rifugiati. Tanti non vogliono assumersi la responsabilità del loro destino”. Lo ha detto Papa Francesco nel corso dell’omelia per la Domenica delle Palme, spiegando che l’“umiliazione estrema” di Gesù sballottato tra Ponzio Pilato ed Erode assomiglia al destino dei migranti. Una presa di posizione che arriva proprio nel giorno in cui doveva iniziare a essere attuato il piano per rimandare in Turchia i profughi arrivati nei Paesi dell’Unione Europea. La Grecia però ha fatto sapere di avere bisogno di più di 24 ore. Una fonte della polizia di Lesbo ha sottolineato: “Ancora non abbiamo idea di come attueremo in pratica il piano. Ma soprattutto stiamo ancora aspettando i rinforzi promessi dall’Europa”. Ne abbiamo parlato con Gian Carlo Blangiardo, professore di demografia ed esperto di immigrazione dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Professore, il Papa ci invita ad assumerci la responsabilità del destino dei migranti. Dobbiamo accogliere tutti o individuare un criterio per accettarne solo una parte?
In linea di principio di fronte a una domanda legittima non dovrebbe esserci nessuna forma di selezione. Per quanto riguarda i profughi siriani, sono realmente movimenti dettati dalle conseguenze della guerra e quindi sono largamente motivati. Inoltre finché restiamo sui numeri attuali sicuramente l’Europa è in grado di accoglierli. Non stiamo parlando di un fenomeno ingestibile da parte di mezzo miliardo di europei, purché la ripartizione sia realizzata in modo sensato.
A chi si rivolge in particolare l’appello di Papa Francesco?
Quello di Papa Francesco è un appello generale a tutti coloro che sono coinvolti dai fenomeni migratori. Naturalmente ciascuno con possibilità diverse: tanto per intenderci la Slovenia non è la Germania. L’invito del Papa è che ciascuno faccia la sua parte in tutta coscienza di fronte a un problema che coinvolge esseri umani e che in qualche modo va risolto. Bisogna cercare di ridurre al minimo quelli che sono i problemi e le sofferenze di queste persone.
I politici europei sono come Ponzio Pilato?
In ogni Paese prevalgono delle forme di egoismo nazionale e l’attenzione ai risvolti politici. Come abbiamo visto nel caso della Merkel, quando un governo decide di aprire i confini presto finisce per essere sconfessato dalla paura degli elettori. Di fronte a questi rischi, i principali leader europei magari riconoscono che il problema esiste e va risolto, ma si rifiutano di compiere degli sforzi particolari.
L’osservazione del Papa riguarda anche l’accordo Ue-Turchia sui migranti?
Il tiramolla tra Ue e Turchia ha comunque un peso importante e sarebbe interesse di tutti riuscire ad arrivare a una soluzione. Da un lato la Turchia sta speculando sui migranti, dall’altra l’Ue ha trovato un soggetto sul quale potrebbe scaricare il problema. In questo modo Bruxelles vuole evitare che i singoli Paesi europei si assumano le loro responsabilità e paghino le conseguenze di quanto sta avvenendo.
Quanto è affidabile la Turchia di Erdogan?
La Turchia non è proprio così innocente. Da un lato vuole recuperare dei soldi, dall’altra vede nella Siria una terra di conquista. Pochi giorni fa sono stato a Gaziantep, cittadina turca al confine con la Siria. Ho avuto la sensazione netta che da parte delle autorità turche ci fosse veramente l’idea di proporre ai milioni di profughi siriani un’integrazione che di fatto si traduce in una sorta di assimilazione. Quello cui ho assistito è un passaggio preliminare per preparare un’area di dominio turco sulla nuova Siria quando la guerra sarà terminata.
La Grecia intanto ha chiesto di rinviare i rimpatri di 24 ore. Il Paese è in difficoltà?
Per un Paese come la Grecia, il caos migranti non è certo facile da gestire. Atene ha le sue difficoltà, che tutti noi conosciamo e che adesso facciamo finta di avere dimenticato. I greci si sono visti arrivare centinaia di migliaia di profughi. D’altra parte Atene intuisce anche la possibilità di ricavarne qualche piccolo beneficio, almeno dal punto di vista degli aiuti e del fatto che l’Ue rinunci a insistere sui suoi problemi di natura economica e finanziaria. Per Atene è l’occasione per recuperare quell’immagine che le vicende del recente passato avevano in qualche modo deteriorato.
In questi giorni il capo di Stato, Sergio Mattarella, è in visita in Etiopia e Camerun. Il suo viaggio servirà a trovare risposte a questi problemi?
Non conosco i contenuti riservati dei suoi colloqui, ma Mattarella si trova comunque in territori caldi dal punto di vista del fenomeno migratorio, e che in futuro lo saranno ancora di più. Questa attenzione del Quirinale nei confronti dell’Africa sub-sahariana può essere la giusta anticipazione di un ruolo che l’Italia è in grado di svolgere per cercare di evitare quelli che saranno i flussi dei prossimi decenni.
(Pietro Vernizzi)