…un Fidel que vibra en la montaña, un rubí cinco franjas y una estrella… Cuba que linda es cuba quien la defiende la quiere más … ahora sin yanquis te quiero más …

” …un Fidel che vibra sulla montagna, un rubino, cinque strisce ed una stella …che bella che e’ Cuba! Chi la difende è chi la desidera di più …ora senza Yankees ti voglio di più…”



NEW YORK — Così si cantava. Cosi cantavo anch’io. Io a Cuba non ci sono mai stato da italiano, e a tutt’oggi da americano non posso proprio andarci. Obama invece ci si sta regalando una gita di tre giorni con tutta la famiglia. Per questa storica occasione Cuba ha fatto le pulizie di Pasqua. Dicono che basti seguire la traccia dell’odore di catrame lungo le strade con le buche appena richiuse, ed il colore sgargiante dei decrepiti edifici pitturati di fresco per capire dove passerà il presidente degli Stati Uniti.



Tra i tanti cubani che non sembrano avere un pensiero chiaro in merito a questa visita, quelli che abitano in zona ringraziano. Apparentemente però nel fare le suddette pulizie oltre a rifiuti e calcinacci gli uomini del regime hanno anche dato una riempita alle prigioni, rastrellando un numero rilevante di protestanti proprio mentre Obama era in procinto di atterrare all’aeroporto internazionale José Marti. 

Dalle pulizie pasquali all’operazione “sepolcro imbiancato” il passo è breve. Se il maquillage estetico presenta le sue difficoltà, quello sociale è ancora più arduo. Tutti si aspettavano una sorta di tregua, ma a detta di Elizardo Sanchez, capo della Commissione Cubana per i Diritti Umani e la Riconciliazione Nazionale, il giro di vite è stato più aspro del solito. Vittime i manifestanti che quasi ogni domenica si radunano davanti ad una chiesa alla periferia dell’Havana.Vanno a Messa e poi marciano per le strade della città. Sono le cosiddette “Dame in Bianco” (Damas de Blanco), madri, mogli, sorelle e figlie di persone ingiustamente incarcerate dal regime. Purtroppo sono storie vere.



Chissà perché, ma mentre nessun dubbio ha mai assalito la mia giovanile coscienza rispetto alle crudeli e sanguinarie repressioni messe in atto dai vari Pinochet, Videla, Papadopoulos ed i suoi Colonnelli greci, per la rivoluzione cubana c’è sempre stata una sorta di benevolenza. In fondo Bautista era un uomo terribile ed uno sfruttatore del popolo e bisogna pur pagare qualche prezzo per preservare una libertà cosi faticosamente conquistata. Saranno stati quei canti della tradizione rivoluzionaria, sarà stata quell’iconografia che ci rapiva sguardo e fantasia, sarà stato che il grande nemico della nuova storia cubana era l’odiata America. Sarà stato — come sempre accade — quello che ci hanno raccontato ed insegnato.  

Oggi Obama e Raul Castro passeggiano per le strade dell’Havana. Qualcuno applaude, qualcuno protesta, sia nell’isola che a Miami, il grande rifugio degli esuli cubani. Non si può soffocare la libertà in nome della libertà stessa, eppure lo si fa. Non solo a Cuba, dove la persecuzione degli oppositori al regime si accompagna ai continui tentativi di fuga, ma anche qua, nel nostro mondo occidentale dove è reso obbligatorio essere liberi secondo i criteri di una grande omologazione. Era dal ’61, oltre mezzo secolo, che Stati Uniti e Cuba non si parlavano più, ed era addirittura dal 1928 che un presidente americano (Calvin Coolidge) non metteva piede in questa terra…88 anni! Ora “per colpa del Papa” (se non avete presente andatevi a leggere quel che scrissi il 20 dicembre 2014) eccoli lì, a spasso per le vie ridipinte e rattoppate dell’Havana. Fidel e Obama: uno stesso bisogno di libertà che ha generato due mondi così diversi. Chissà che incontrandosi non capiscano che l’unica strada da percorrere è proprio riandare alla radice di quel bisogno.