Una giornata iniziata con il sole, qui a Bruxelles. Esco di casa e corro alla fermata dell’autobus perché sono già in ritardo. Arrivo a Schuman, cuore delle istituzioni europee, per prendere la metro fino alla stazione centrale. Scorrono davanti a me le fermate — Malbeek, Arts-Loi, Parc e infine Gare Centrale. Mentre sono sulla metro, ancora assonnata, ripenso a quello che mi attende nella giornata: devo partecipare al Forum sull’Agricoltura, appuntamento fisso annuale a Bruxelles, rispondere alle mail, scrivere degli articoli, e ricordarmi di fare delle foto per Twitter e Facebook. La giornata è già impegnativa. Arrivo a The Square, il modernissimo centro polifunzionale nel cuore di Bruxelles dove si svolgerà il convegno. E mi faccio coinvolgere dal flusso di persone in attesa per la registrazione e per ritirare il badge. Il controllo della borsa e il metal detector ormai sono diventati un’abitudine a cui non faccio più caso. Saluto alcune persone che conosco e mi siedo in sala aspettando che la conferenza inizi.
Un messaggio dall’Italia: “È crollato il soffitto dell’aeroporto di Zaventem”. In automatico controllo le notizie dei quotidiani e quello che sembra un semplice incidente inizia a prendere la forma di episodio più grave. Arrivano informazioni su uno scoppio all’aeroporto cittadino che si trasforma in un attentato: l’evento che tutti temevamo potesse succedere nella città simbolo dell’Europa è finalmente diventato una realtà. Un attentato al cuore dell’Europa. Il convegno viene fermato per aggiornare e tranquillizzare i partecipanti. L’edificio viene messo in sicurezza e consigliano di non uscire. La preoccupazione e la tensione in sala aumentano. Iniziano ad arrivare messaggi da amici, colleghi e parenti in Italia e in altri paesi. Faccio fatica a controllare e rispondere contemporaneamente a mail, whatsapp e Twitter. Inizia una catena di messaggi tra tutti gli amici che vivono a Bruxelles per dirsi: “Sto bene”.
Ed ecco che Bruxelles viene colpita nel proprio cuore pulsante: un attacco alla metro tra Schuman e Malbeek. La zona dove ci sono gli edifici della Commissione europea e che finiscono sempre sui quotidiani in occasione dei vertici europei. Un luogo che rappresenta l’Unione europea e che è sempre stato considerato sicuro, protetto. Ho usato la stessa linea della metro solo mezz’ora prima. Poteva succedere a me. La situazione diventa surreale: è sempre più difficile seguire i contenuti del convegno così sopraffatti dagli eventi che stanno succedendo all’esterno. Siamo isolati e comunichiamo con il telefono, quando la linea è disponibile. Si respira un clima cordiale ma tutti sono tesi.
Il convegno è finito. Il sole splende e ci inonda con quella luce così unica che caratterizza questa città al tramonto. Con timore cammino velocemente fino a casa e continuo ad avere l’impressione di essermi risvegliata da un sogno, o piuttosto un incubo. Il dubbio che questi eventi così terribili e dolorosi non siano successi. Un silenzio assoluto nelle strade che invade tutto, interrotto solo dalle sirene della polizia e delle ambulanze. Persone che camminano di fretta con i visi tesi. Al Parlamento europeo le bandiere dell’Unione europea e del Belgio sono a mezz’asta, la piazza è deserta se non fosse per i camion dei militari e le volanti della polizia. Sorge spontanea la domanda: che cosa possono fare? Che cosa possiamo fare?
La risposta viene da tanti piccoli episodi che, pur nella difficoltà, donano un senso alla giornata: il minuto di silenzio durante il convegno, così denso di significato e capace di accomunare tutti nonostante le differenze, dal Commissario europeo alla ragazza che si occupa delle cuffie per la traduzione. La mail del proprietario di casa che chiede a me e alla mia coinquilina se stiamo bene e i tantissimi e inaspettati messaggi degli amici. La paura di mio papà che non riesce a trattenere le lacrime al telefono. Un passante che si è fermato ad aiutare un’amica inciampata sul marciapiede, un gesto che potrebbe sembrare automatico ma che in questo paese sarebbe improbabile in un qualsiasi altro giorno. La tristezza per le famiglie delle vittime insieme al ringraziamento per tutti gli amici di Bruxelles che stanno bene. Un dolore che fatica a trovare un significato, sostenuto dalla vicinanza di tutti gli amici, a Bruxelles e nel mondo. Proprio all’inizio della Settimana Santa.
Nell’attesa che inizi una nuova giornata e splenda il sole su questa città.