Nelle Primarie Usa 2016 ci sono due protagonisti assoluti e ormai destinati alla nomination: sono ovviamente Donald Trump per i Repubblicani e Hillary Clinton per i Democratici. Hanno anche ieri trionfato nelle primarie in Arizona, conquistando dei delegati forse decisivi per la corsa finale, lasciando qualche briciola agli avversari che sono riusciti a vincere nei caucus in Utah e Idaho, ma che non sembrano poter competere a pochi stati dalla conclusione del voto primarie americane alla leadership dei due super protagonisti. Il “martedì western” vede Trump trionfare con 58 delegati nello stato del Gran Canyon (con la speciale regola qui che chi vince prende tutto) lasciando dunque a Cruz la “bellezza” di 0 delegati. Sul fronte democratico, l’ex segretario di Stato di Obama si aggiudica il 60% dei 75 delegati totali mesi in palio nell’Arizona, con trionfo anche qui annunciato contro il povero Bernie Sanders. Il candidato socialista si prende una piccola rivincita vincendo nei caucus dello Utah, stato a prevalenza mormone, con 33 delegati, mentre i 45 delegati GOP a qualche ora ancora dal conteggio finale sembrano appannaggio di Ted Cruz che è davanti, sfruttando anche i voti mormoni garantiti da Mitt Romney, impegnato più di tutti nell’establishment repubblicano a non fare vincere Trump. Per ora, senza grandi risultati.
I risultati stanno per arrivare per queste primarie Usa 2016 negli stati di Arizona, Idaho e Utah (questi ultimi due con i caucus) e inutile dire come sia abbastanza attesa l’affermazione plebiscitaria per Clinton e probabilmente anche Donald Trump, ormai sempre più attesi come gli sfidanti per le vere presidenziali americane di novembre. Se stiamo però a vedere il voto degli americani democratici all’estero, residenti nei tre stati chiamati alle urne, possiamo notare un’anomalia che forse spiega una volta di più come la politica americana sia davvero di difficile decifrazione dall’estero, anche per un americano ormai lontano da casa. Il senatore del Vermon e unico sfidante di Hillary, Bernie Sanders, ha ottenuto un 69% contro il 31% della Clinton, ottenendo 9 delegati contro 4 nella convention finale dei democratici (Agv News). Il risultato non cambierà, Hillary otterrà ottimi risultati ancora – lo scopriremo tra poche ore – nonostante l’obiettivo dall’estero sia evidentemente tarato in maniera diversa. Ci saranno dunque possibili novità o il cammino verso le convention sono ormai delle discese senza praticamente ostacoli?
Questo è il giorno in cui Hillary Clinton vuole mettere definitivamente ko il rivale Bernie Sanders alle Primarie Usa 2016 tra i Democratici. Cosa deve fare per riuscirci? Vincere in Arizona, Idaho e Utah. Ma cosa dicono i sondaggi? L’Arizona secondo “Realclearpolitics.com” rappresenta una sorta di cassaforte per l’ex segretario di Stato, che vanta un margine di 30 punti percentuale sul rivale. In Idaho e Utah invece il responso non è così scontato come potrebbe sembrare: l’unico sondaggio effettuato in quello che gli americani chiamano “Potato State” risalente alla metà di febbraio attribuisce a Sanders un vantaggio di 2 punti. Forbice troppo piccola per dare il senatore del Vermont come favorito, ma comunque un segnale che lì la partita è aperta. Chiudiamo con i sondaggi sullo Utah: qui alcuni istituti danno avanti il vecchio Bernie di 8 punti, altri Hillary di 10. Insomma, non ci resta che fare nottata…
Le primarie Usa 2016 che quest’oggi avranno luogo in Arizona, Idaho e Utah potrebbero costituire il trampolino di lancio definitivo per le ambizioni di Donald Trump di diventare il candidato dei Repubblicani alle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Lo ha capito anche Mitt Romney, candidato repubblicano nel 2012 poi sconfitto da Barack Obama, che come riportato dal “Daily Caller” si è schierato apertamente a favore di Ted Cruz, il candidato estremista che al momento sembra avere più possibilità di sconfiggere Trump. Secondo Romney “è arrivato il momento per i Repubblicani di unirsi a sostegno di Cruz“, questo significa anche non votare un candidato tanto moderato quanto rispettabile come John Kasich:”Ted Cruz è l’unico candidato in grado di sconfiggere Trump, quindi un voto per John Kasich è un voto per Donald Trump“. Gli elettori del Gop raccoglieranno l’appello di Romney di non disperdere i voti?
Le primarie Usa 2016 oggi, 22 marzo 2016, fanno tappa in Arizona, Idaho e Utah: ennesimo banco di prova per valutare le reali chance di Donald Trump di battere l’establishment repubblicano, disperato (o quasi) all’idea che sarà il tycoon newyorchese a sfidare la favoritissima Hillary Clinton nelle presidenziali del prossimo novembre. Nel frattempo il magnate in testa alla conta dei delegati repubblicani inizia già a ragionare come candidato del GOP e per questo motivo tenta di allargare il proprio fronte aprendo ad una possibile futura collaborazione con quello che al momento appare il suo rivale più accreditato, Ted Cruz. Estremista quanto, se non più di Trump, Cruz è ancora concentrato sulla campagna elettorale, ma “The Donald”, come riferisce “La Repubblica”, interpellato dalla Cnn su un possibile ticket con il texano ha risposto:”In politica succedono cose pazzesche”, rimarcando comunque che al momento questa ipotesi resta poco probabile.
Ritornano le infinite primarie Usa 2016, oggi in tre stati e divise anche con i caucus: Arizona e Utah (con primarie e caucus) di repubblicani e democratici e caucus in Idaho solo di nuovo al voto. La campagna elettorale va verso l’esaurimento di giugno con le rispettive convention che certificheranno i candidati ufficiali per la sfida decisiva di novembre alle presidenziali post Obama. Certificheranno? Ecco qui si aprono i dubbi: se fosse davvero così, i candidati già scritti sono Hillary Clinton e Donald Trump, dato che hanno quasi ormai la vittoria in tasca, con gli inseguitori troppo indietro, o tropo deboli, o perché dimessi, o per mille altri motivi. Gli elettori finora chiamati in causa tra gli stati americani, hanno indicati in massa i due super favoriti, ma se al partito non andasse bene? È chiaro che stiamo parlando di Trump, che come tutti ormai sanno è amato solo dagli elettori, e odiato da tutti gli altri: così difficile che establishment di destra e sinistra siano così concordi sulla pericolosità del miliardario qualora arrivasse alla Casa Bianca. E allora anche per Hillary, ormai da un mesto, il senso della campagna è già diventata quello di segnalare i problemi e le minacce di un Trump presidente Usa. La vera campagna è in quella sfida: dopo i risultati di oggi (nella notte tra oggi e domani per noi qui in Italia) la situazione sarà la medesima di adesso, ma il partito repubblicano avrà preso una decisione a riguardo? Ci sarà un candidato a sorpresa alla convention o si tira dritto con il vecchio Donald?