“Alla fine lo stato islamico crollerà, non potrà resistere a lungo. Ma non è che con la fine dell’Isis scomparirà anche il terrorismo di matrice islamista radicale”. Il generale Carlo Jean, grande studioso di strategia militare, autore di una splendida introduzione al celebre testo di Karl von Clausewitz “Della guerra”, spiega freddamente e razionalmente quello che si può prevedere dopo gli attentati di Bruxelles.
Generale Jean, durante una trasmissione televisiva lei ha detto che quando si parla di “buco” dell’intelligence, soprattutto del lavoro di intelligence del Belgio, si sparano spesso giudizi un po’ affrettati.
Certamente ci vuole un maggiore coordinamento. Certamente ci sono stati degli errori, ma oggi il lavoro di intelligence è molto più problematico, più difficile e complesso per quanto riguarda il terrorismo degli islamisti radicali. Era tutto diverso quando c’erano nei Paesi del Nord Africa dei dittatori in qualche modo controllabili, che potevano essere fonti sicure di informazione perché avevano un maggiore controllo della situazione. Era in quel periodo che si poteva fare il classico lavoro di intelligence per mezzo di infiltrati. Ma adesso, come si può più fare questo tipo di lavoro? Nel momento in cui sai che si sta preparando un attentato in un Paese come puoi prevenirlo con sicurezza?
Questi nuovi uomini del terrore dimostrano una flessibilità incredibile nei bersagli e nell’azione. E’ questo il nodo principale dell’imprevedibilità?
E’ possibile che l’azione di Bruxelles sia stata anticipata, magari anche il bersaglio lo si è scelto in pochi giorni. Preparare un attentato di questo tipo non richiede una grande preparazione logistica. C’è, in questo caso, un salto di qualità negli strumenti usati, nelle bombe, che sono state confezionate in modo più raffinato, incisivo, crudele. Ma per quanto riguarda il lavoro di intelligence e i tempi dell’azione, c’è una tale disimmetria che è quasi impossibile prevenire.
Quando l’Isis dirama i suoi comunicati, avvertendo che colpirà ancora Francia, Belgio, Gran Bretagna e Italia, a Roma, è credibile?
Come si diceva non c’è possibilità di una grande prevenzione e la possibilità di un rischio per tutti è evidente. Impossibile prevedere. E’ evidente che tutti i Paesi europei sono a rischio e secondo la profezia di Maometto l’ultima battaglia, quella decisiva, dovrebbe essere quella contro l’esercito dei cristiani a Roma. Pensi che sulla rivista dell’Isis si discute anche sul tipo di battaglia che si svolgerà a Roma, avendo il Papa solo dei soldati svizzeri di rappresentanza.
Ma nel frattempo non si potrebbe dare qualche risposta allo stato islamico?
Credo che una risposta sia più che necessaria. Con qualche bombardamento più mirato e più intensificato, credo che anche i 30mila uomini dello stato islamico avrebbero più difficoltà di quelle che già stanno attraversando. E penso che in Europa qualche attentato non si realizzerebbe.
Lei intende dire che l’Isis ha difficoltà sul terreno?
Anche, ma non ancora eccessive. C’è comunque l’esercito iracheno e quello siriano, ci sono i curdi. Ma è soprattutto l’impegno del Pkk che può diventare decisivo. Poi dovrebbe esserci un po’ più di appoggio americano. L’Isis può contare al massimo 30mila uomini e al momento comincia ad avere problemi finanziari, di raccolta di fondi, di commercio del petrolio e anche di spese di reclutamento. Hanno problemi e alla fine perderanno, ma certo in questo momento si godono lo spettacolo di un’Europa senz’anima, incapace di risposta, in grado solo di esibirsi in scene di isteria e di pianti. Credo che quando vedono spettacoli isterici come quelli che mette in onda la televisione italiana, ad esempio, gli uomini dell’Isis si mettano a fare festa e cantino vittoria.
I 30mila dell’Isis e le cellule europee dimostrano una combattività ben differente da quella dell’Europa.
E’ indubbio. Sono pronti a morire, cercano la morte. In più hanno anche capi militari molto capaci. Di fronte a questi radicali terroristi, non possiamo dare l’impressione di perdere completamente la testa. Sapendo ormai che l’America, questa volta, non farà più come in passato: non sbarcherà probabilmente più in Europa e dovremo cavarcela da soli. E piangere non serve a niente, tanto per intenderci.
Lei sostiene che comunque alla fine l’Isis, lo stato islamico, crollerà.
Sì, non può resistere a lungo. Alla fine crollerà, perderà questa guerra. Ma non finirà il radicalismo terrorista islamico. Si pensi solo alla permanente pericolosità di Al Qaeda, che non è neppure visibile come lo stato islamico. E poi si può immaginare che qualche altra formazione di terroristi si formerà.
(Gianluigi Da Rold)