“Oggi (ieri per chi legge, ndr) è il 195° anniversario della rivoluzione ellenica. Non sarebbe accaduta se avesse regnato la Troika, come regna oggi attraverso i suoi burattinai locali”. È il testo del tweet di Yanis Varoufakis, in occasione del 25 marzo, data che ricorda la prima sollevazione dei greci contro l’Impero ottomano. Messaggio polemico indubbiamente. Anche il suo successore al ministero delle Finanze, Efklidis Tsakalotos, ha inviato un suo messaggio, ma ai creditori europei e al Fmi. A quest’ultimo ricorda che “oltre la ristrutturazione del debito, e necessario che la società resti compatta per risentire dei benefici di questa ristrutturazione”.
Di certo la posizione intransigente sui conti del Fmi ha spiazzato sia Atene che Bruxelles. Qualcuno lo ha paragonato a Shylock, il mercante di Venezia: “Mettono sempre in dubbio i nostri dati senza spiegarci come conteggiano i loro”, ha affermato il segretario generale dell’ufficio entrate. Schermaglie dialettiche prima che riprendano le trattative sulle riforme, condizione per arrivare alla prima valutazione, si spera entro il 22 aprile. Sulle riforme è intervenuto anche il primo ministro, Alexis Tsipras, sostenendo che il taglio alle pensioni non fa parte del Memorandum del luglio scorso. 



Trascorso questo fine settimana di festa e di orgoglio nazionale, i nodi dovranno venire al pettine. In altre parole si dovranno definire con i creditori i tagli, un aumento delle tasse, ma soprattutto il destino dei crediti in sofferenza: è questo forse il principale scoglio da superare. Sul fronte politico, la prossima settimana inizierà la “guerra” parlamentare, quando si dovrà discutere di giustizia e corruzione. Sarà l’occasione per il governo di attaccare i precedenti esecutivi e le loro politiche clientelari. Ottima occasione per fare un po’ di “pulizia”, ma questa sembra una manovra per distrarre l’opinione pubblica da altri problemi pratici. 



Ad esempio, come gestire i profughi, come azzerare il campo di Idomeni (12 mila persone che spesso arrivano alle mani per un maglione o una pagnotta) o sgomberare il porto di Pireo,  come impedire loro di bloccare strade nazionali, o come vietare loro il campeggio nella principale piazza di Salonicco. Sembra che la tolleranza e la disponibilità dei greci stiano diminuendo. Il problema va risolto, altrimenti nessuno riuscirà prevedere le reazioni dei profughi, i quali insistono nel chiedere che le frontiere vengano aperte, e stando agli episodi di violenza, in aumento, la situazione potrebbe sfuggire di mano al governo. Se si dovrà provvedere alla loro permanenza in Grecia, allora i responsabili dovranno avere una chiara strategia. 



Per il momento si rimanda, pur sapendo che dopo le bombe di Bruxelles, per la Grecia è iniziato il periodo della “quarantena”. I 50 mila profughi e migranti resteranno sul suolo ellenico e a loro si dovrà provvedere con scuole, tetti, cure mediche e una dignitosa sopravvivenza.  E non basterà al governo adottare la formula “si crogiolano al sole e poi spariscono”, coniata dall’ex vice ministro per le politiche migratorie, accusata recentemente dal suo successore, Yannis Muzalas (non si sa ancora se verrà “dimesso” dagli alleati nazionalisti), di aver adottato una linea politica sui migranti di tipo “personale” che non coincideva con la politica di Syriza. E il governo dov’era? Quando iniziò l’arrivo di massa di profughi era alle prese con la “battaglia” contro l’Europa.