MOSCA — Venerdì Santo è un giorno come tanti altri, anche perché qui in Russia la Pasqua ortodossa quest’anno cade molto avanti, il 1° maggio. Ma in questo giorno in alcuni angoli di questa grande e poliedrica metropoli, che è Mosca, si è fatto un grande silenzio, paradossalmente accresciuto dalle notizie di morte, odio, male, violenza che da tanti angoli del mondo ci giungono. Perché? Perché tutto questo dolore, tutta questa cattiveria? E ci si riempie di silenzio innanzitutto, perché la risposta non può essere scontata.
Nella piccola e multietnica parrocchia di santa Olga dove arrivo per la celebrazione della Passione di Nostro Signore non riesco ad arrendermi all’indifferenza e distrazione del mondo. Mi tornano in mente le parole di Péguy, quando dice che di fronte all’indifferenza e alla distrazione del mondo, di fronte al male e alla cattiveria dei tempi, Gesù non si mise a recriminare, ma tagliò corto, facendo il cristianesimo.
Ecco, la resurrezione è il compimento del cristianesimo, o meglio, è il compiersi del cristianesimo in un presente che dura da duemila anni. Per noi che siamo in cammino infatti, un compimento non può essere una fine, non coincide con una definizione, ma deve essere un evento che rilancia, che fa ripartire.
E Gesù ha legato per sempre questo suo fare il cristianesimo con l’offerta, e l’offerta non solo di beni, energia, denaro o azione, ma con l’offerta della propria vita. Venerdì Santo Gesù ha fatto il cristianesimo.
Quest’anno il Venerdì Santo è caduto nel giorno della memoria liturgica dell’Annunciazione. Anni fa, trovandomi in Paraguay, ebbi l’occasione di vedere una mostra di statue, ciò che restava del genio creativo delle “reducciones” gesuitiche del 18 secolo. Mi rimase impressa una deposizione dalla croce, una “pietà” in cui la Madonna avvolgeva il corpo di Gesù nel suo manto, legandolo a sé così strettamente quasi da dare l’impressione di volerlo concepire di nuovo nel suo grembo. E Gesù nel grembo della terra, nella profondità del sepolcro viene realmente rigenerato di nuovo alla vita, alla vita che non finisce, alla vita che vince la morte e il male, l’odio e l’indifferenza, la distrazione. Perché la resurrezione di Gesù Cristo è proprio questo, non un semplice ritornare alla vita per poi dover comunque morire di nuovo.
Gesù lo aveva detto a Nicodemo: occorre rinascere, di nuovo. E Nicodemo di fronte a Gesù, quando lo tira giù dalla croce, quando lo depone nel sepolcro del suo amico Giuseppe di Arimatea, di fronte alla luce folgorante del sepolcro vuoto, allora Nicodemo comprese il senso di quelle parole di Gesù e anche il realismo disarmato e profetico della sua domanda di allora: forse che occorre rientrare nel grembo della donna, nel grembo della terra?
In questo nuovo mistero dell’incarnazione che è il Sabato Santo, Gesù entra nella profondità del grembo della terra, fino agli inferi, per tirarne fuori tutta l’umanità che scioccamente in Adamo era morta con la speranza mai sopita nella resurrezione.
E così si può rimanere pieni di stupore nel sorprendere che allora nella croce c’è già il riflesso della resurrezione. Nella croce c’è già l’alba della resurrezione. Lo scoprì molto in fretta l’apostolo Paolo, quando venne deriso dagli ateniesi all’Areopago, perché lui annunciava la resurrezione dai morti di Gesù. Per questo dopo quella volta il suo annuncio si concentrò in Cristo crocifisso e basta. Perché nella croce già risplende l’alba della resurrezione per l’uomo in cammino nella storia, nel mondo, come mostra bene un’icona della deposizione dalla croce.
E come ne faccio esperienza ogni anno la notte di Pasqua, quando ho l’occasione di celebrare il Battesimo di persone adulte. O, come quest’anno, quando ho celebrato il Battesimo di “Master One” (lo chiamano così perché ha le mani capaci di fare qualsiasi riparazione) in un carcere: un adulto con lo sguardo stupito di un bambino, possibile perfino in un carcere. Immersi nel mistero della croce, simboleggiato dall’acqua del Battesimo, “Immersi nel grande mistero, che anima tutto il creato”, come dice un inno del monastero di Vitorchiano, i volti dei neofiti riemergono dalle acque, e non riescono a lasciarmi più come prima.
E allora il saluto pasquale, con cui ci si saluta durante il tempo pasquale in Russia, “Cristo è Risorto! — Sì, è veramente Risorto!”, prende tutta la forma concreta di un popolo, che nasce dalla resurrezione, dal Battesimo: sei tu, battezzato, amico mio, l’evidenza inesorabile della resurrezione, della vittoria della vita sulla morte, del bene sul male, dell’amore misericordioso sull’odio.