Un attentato kamikaze avvenuto domenica in un parco di Lahore, in Pakistan, ha provocato 72 vittime e 320 feriti. In larga parte si tratta di donne e bambini cristiani riuniti per festeggiare la Pasqua. L’attentato è stato rivendicato dal movimento Jamat ul Ahrar. Il Papa durante l’Angelus di lunedì ha rivolto un appello alle autorità del Pakistan “perché compiano ogni sforzo per ridare sicurezza e serenità alla popolazione e, in particolare, alle minoranze religiose più vulnerabili”. La diffusione capillare del radicalismo in molti strati della popolazione pakistana è stato però documentato dalla manifestazione di lunedì. Duemila persone sono scese in piazza per protestare contro l’impiccagione di Mumtaz Qadri, il fondamentalista che si era reso responsabile dell’assassinio del governatore del Punjab, Salman Taseer. Ne abbiamo parlato con Paul Jacob Bhatti, presidente della Shahbaz Memorial Trust, una fondazione in onore del fratello ucciso in Pakistan il 2 marzo 2011.
Qual era il vero obiettivo dell’attentato di Pasqua a Lahore?
La maggior parte delle vittime di questo attentato sono bambini e donne seguaci di Gesù. Si tratta dell’ennesimo attacco in Pakistan contro le minoranze religiose ed è quindi una notizia che mi lascia molto addolorato. E’ un peccato perché c’erano stati segnali che facevano presagire che il Pakistan andasse verso un miglioramento. Da parte di governo e Corte suprema negli ultimi anni erano state prese decisioni importanti su tematiche relative alla legge sulla blasfemia, e in particolare sul caso di Asia Bibi.
Ancora una volta a fare le spese del fondamentalismo sono delle persone innocenti?
Sì. Nel parco dove si è verificato l’attentato stavano giocando numerosi bambini, i genitori li attendevano a casa e purtroppo molti di loro non hanno mai fatto ritorno. Particolarmente toccante è la storia di due fratellini che hanno perso la vita insieme. Più in generale la scena sul posto è stata davvero straziante.
Come valuta il modo in cui le autorità del Pakistan hanno reagito all’attentato?
La reazione del governo e in modo particolare dei militari è stata molto incoraggiante. Un paio di ore dopo l’attentato c’è stata una riunione degli alti vertici militari e dei servizi segreti. L’attuale capo delle Forze Armate, generale Raheel Sharif, è molto convinto della necessità di eliminare l’estremismo e di difendere le minoranze. Lo documenta il fatto che sono stati messi immediatamente in atto cinque o sei blitz in varie parti del Pakistan, grazie a cui sono stati recuperati grandi quantitativi di armi.
Il Papa ha rivolto un appello alle autorità del Pakistan. Quale eco ha avuto nel suo Paese?
Le autorità di Islamabad di recente avevano manifestato il desiderio di invitare Papa Francesco in Pakistan. Il fatto che il Santo Padre si sia espresso su questo attentato rappresenta quindi un messaggio molto importante anche per lo stesso governo. Ricordo inoltre che durante la messa del Giovedì Santo il Papa ha lavato i piedi di quattro immigrati musulmani. E’ stata una straordinaria espressione di umiltà, ed è anche per questo che ritengo che le autorità pakistane e il mondo intero prenderanno molto sul serio quanto ha detto il Papa durante l’Angelus sull’attentato in Pakistan.
Intanto 2mila persone sono scese in piazza in difesa di un terrorista. Il Pakistan va verso una nuova fare di caos?
Il Pakistan è un Paese dove fanatismo e terrorismo si sono sviluppati negli ultimi 20-30 anni, e oggi godono di radici molto forti e anche di una rete di rapporti molto estesa. Prima di riuscire a sconfiggerli ci vorrà quindi un certo tempo.
Da dove nasce questa situazione?
Dal fatto che è stata educata un’intera generazione pronta a vivere, morire e uccidere in nome di un’ideologia imposta. Tutto ciò è il risultato delle scuole coraniche, dove ai bambini dall’età di quattro-cinque anni è fatto il lavaggio del cervello. Ciò che abbiamo di fronte è la conseguenza di questa educazione. In tante scuole si insegna l’odio verso i non musulmani. Le manifestazioni in difesa di Mumtaz Qadri nascono da una manipolazione dei cervelli, al punto che queste persone sono convinte che scendendo in piazza in favore di un assassino stiano in realtà difendendo la loro fede.
L’intera regione è scossa da attentati. Sempre lunedì sono stati lanciati alcuni razzi contro il Parlamento dell’Afghanistan. Si tratta di fenomeni in qualche modo collegati tra loro?
Da Al Qaeda ai talebani, dall’Isis a Boko Haram, tutti i gruppi estremisti hanno la medesima ideologia e sono facce diverse di una stessa mentalità. Molti dei militanti dell’Isis per esempio provengono da Al Qaeda. Abbiamo tantissimi gruppi senza legami dal punto di vista organizzativo ma che lavorano per realizzare lo stesso obiettivo. Il problema non è però l’ideologia, quanto il fatto che le scuole coraniche e i gruppi estremisti sono finanziati da determinati Stati che chiaramente li mantengono in vita.
Lei quindi ritiene che non si tratti di attacchi estemporanei?
No. Dietro l’attentato contro i cristiani in Pakistan o contro il Parlamento in Afghanistan non ci sono quattro delinquenti, bensì i rifornimenti in denaro e armi e il supporto dell’intelligence fornito da determinati Stati. Il mondo dunque deve riunirsi per contrastare questa influenza. Dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles, abbiamo scoperto che ci sono terroristi infiltrati in tutti i Paesi occidentali. Ormai è sotto gli occhi di tutti che l’ideologia estremista non si limita al solo Medio Oriente, ma che coinvolge anche l’Occidente e la stessa Italia.
(Pietro Vernizzi)