“Il processo di riconciliazione tra governo di Damasco e opposizione siriana è già iniziato, e il merito non è certo dell’Onu bensì dell’intervento militare di Putin. Nel riconoscere questo Assad non fa altro che fotografare la realtà”. A osservarlo è Gian Micalessin, inviato di guerra de Il Giornale che più volte anche di recente si è recato in Siria. In un’intervista pubblicata sul quotidiano online russo Sputniknews, il presidente siriano Bashar Assad ha dichiarato che “il nostro obiettivo è non lasciare intentata nessuna possibilità di risoluzione del conflitto. Per questo motivo posso dire che l’aiuto militare russo porta ad un’accelerazione della risoluzione politica del conflitto e non il contrario”. Per Assad inoltre, “le nostre vittorie mettono pressione a quelle forze e a quei Paesi che ostacolano la risoluzione politica del conflitto. Si tratta in primo luogo di Arabia Saudita, Turchia, Francia e Gran Bretagna”.
Micalessin, le parole di Assad sulla Russia dimostrano che il governo di Damasco è ormai asservito a Putin?
Non è asservimento, quello di Assad è un atto di gratitudine perché Putin gli ha salvato la pelle. Ricordiamo la situazione dello scorso settembre quando la Russia intervenne con il governo di Damasco ormai alle corde. D’altra parte Assad certifica anche una verità.
Quale?
La presenza russa in Siria segna il ritorno di Mosca all’interno dei giochi mediorientali, rispetto a cui gli Stati Uniti pensavano di svolgere un ruolo di primo piano. Quello della Russia è un ritorno ancora più importante, perché di fatto gli Usa di Obama si erano tirati fuori dal Medio Oriente. Quindi l’entrata in gioco della Russia è stata decisiva perché ha consentito la sconfitta degli jihadisti, il mantenimento di Bashar Assad e in prospettiva la vittoria sullo stato islamico.
In molti all’inizio hanno messo in dubbio che l’obiettivo reale dei raid russi fosse l’Isis …
Si sbagliavano. Tutti dicevano di voler combattere l’Isis, ma nessuno finora era riuscito a farlo arretrare. Oggi per la prima volta grazie a Putin il califfato ha cominciato a ritirarsi da Aleppo, da Palmira. Se questa offensiva continuerà ai ritmi attuali, molto probabilmente nei prossimi mesi l’Isis si ritirerà anche da Raqqa.
Il successo di Putin è stato anche politico?
Sì, perché l’intervento russo ha permesso di avviare quel negoziato che in precedenza l’Onu non era mai riuscito a fare partire. Su quel negoziato c’era infatti un veto da parte di Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar. Le basi di Putin hanno permesso per la prima volta dall’inizio della guerra una prospettiva di soluzione politica all’insegna del compromesso.
Per Assad durante i negoziati di Ginevra potrà nascere un nuovo governo siriano. E’ la soluzione auspicata dalle varie parti in causa?
Sicuramente non è la soluzione auspicata dai vari gruppi jihadisti appoggiati da Arabia Saudita e Turchia. Dobbiamo però considerare che gran parte di questi gruppi combattevano grazie agli aiuti esterni e nelle loro fila militavano numerosi stranieri. Ben diversa è l’opposizione siriana ad Assad.
Perché?
Perché non ha mai accettato la rivolta armata dei gruppi jihadisti. In alcune zone molti gruppi legati all’Esercito Siriano Libero hanno accolto le offerte di riconciliazione portate avanti dal governo. Adesso operano al fianco di Damasco e sono stati reinseriti nelle fila dell’esercito di Assad. Il processo di riconciliazione è in corso a Homs, Hama e alla periferia di Damasco e ha dato ampi risultati.
Per Assad, tra le forze che “ostacolano la risoluzione politica del conflitto” in Siria ci sono anche Francia e Regno Unito. E’ così?
La Francia è il Paese che ha più insistito perché Assad fosse deposto, e Parigi del resto è stato uno dei più stretti alleati del Qatar. Adesso bisognerà vedere se la Francia è disposta a mantenere questo ruolo dopo gli attentati messi in atto dall’Isis a Parigi. Questi attentati sono del resto figli anche della politica che è stata condotta in Siria. Sicuramente però Assad non dimentica che Regno Unito e Francia sono tra i Paesi che hanno sostenuto di più la necessità di armare i ribelli che combattevano contro di lui.
(Pietro Vernizzi)