Il secondo “no” per prepararsi al secondo “sì? Un “ante portas” che mima la rottura del 2015? Il ritorno in grande stile della “trattativa politica”? Fatto sta che ieri, Alexis Tsipras era a Parigi, a colloquio con Monsieur Hollande, per districare la matassa delle trattative. Poi sarà a Bruxelles, dove è previsto un incontro con Martin Schulz.
Interrotte le trattative “tecniche”, il primo ministro rispolvera la sua vecchia strategia delle trattative “politiche”, le quali stando al passato non hanno mai dato i frutti sperati. Interrotte con la Troika le trattative, il triumvirato (Finanze, Economia e Lavoro) aveva offerto, martedì sera,  all’opinione pubblica la sua analisi dei fatti. In sintesi, si spiegava che il governo non avrebbe ceduto sulle sue “linee rosse”. “Il governo ellenico è un governo nei suoi pieni poteri”. “È corretto affermare che il nostro obiettivo è l’applicazione del Memorandum, che teniamo in conto le posizioni delle Istituzioni (Troika), tuttavia l’ultima parola sul come raggiungeremo gli obiettivi è responsabilità del governo”. “Non sono disposto a presentare in Parlamento una legge fiscale che abbassi ulteriormente la quota di reddito esentasse”. Parole del ministro delle Finanze Efklidis Tsakalotos. 



Ed ecco lo sparigliamento che era stato preannunciato dalle parole del primo ministro ellenico nel corso del colloquio con il suo omologo portoghese: “Nessuno può togliere – ha affermato Tsipras – a un governo di un Paese democratico il diritto di scegliere gli strumenti politici per raggiungere obiettivi condivisi”. Comunque sia la prossima settimana, il governo presenterà due leggi “per accelerare i tempi” : sulla riforma del sistema previdenziale (niente taglio alle pensioni minime) e sul sistema fiscale (il settimo, forse dall’inizio della crisi), senza il consenso dei creditori, i quali, lunedì prossimo saranno di ritorno, ne prenderanno visione.  “È un’iniziativa unilaterale”, hanno commentato sia all’Ue che al Fmi. 



Una seconda “rottura”? Una manovra di aggiramento per ricompattare i “syrizei” e preparare l’opinione pubblica ad un altro capitombolo? Gli analisti più “freddi” sono convinti che questa sia l’ennesima manovra del governo per prendere tempo, e nel frattempo riuscire a rompere il fronte Fmi-Ue per arrivare a un compromesso sugli obiettivi di bilancio, con il Fondo sempre rigido che chiede un taglio dei 6,5 miliardi rispetto ai 5,4 – già accettato dal governo – e un’Europa più morbida, cui vanno aggiunti i “nodi” della riforma previdenziale e dei prestiti in sofferenza.
Dunque sono state calate la carte per un’altra partita ad alto rischio per Tsipras. Stesse carte, forse, ma con regole di gioco diverse, a iniziare dalla perdita di consensi che sta corrodendo questo governo, per finire alla generale mancanza di fiducia che la crisi economica possa essere superata a breve. Senza aggiungere la crisi dei profughi che sta lentamente incancrenendo e che potrebbe portare a eventi imprevisti. 



Per il momento si aspetta la riunione dell’Eurogruppo fissato per il 22 di questo mese. E intanto circolano notizie allarmanti: secondo un quotidiano tra Atene e la Troika si sarebbe arrivati all’accordo di un aumento di un punto percentuale del Fpa (Iva) dal 23% al 24%. Aumento che verrebbe a coprire un buco di 500 milioni di euro. Notizia priva di fondamento? Chissà. Di certo tutti restano con  il fiato sospeso fino a nuovo ordine, fin quando, cioè, non  si leggeranno i titoli di coda, di una trattativa che doveva concludersi alla fine del 2015, poi rimandata a dopo le feste natalizie,e ora, forse prima della Pasqua ortodossa.

 

P.S.: Sono stati resi pubblici i verbali del “processo” avviato dal consiglio disciplinare dell’ordine dei giornalisti di Atene, in cui si leggono le motivazioni circa l’espulsione di alcuni giornalisti che l’anno scorso, per il referendum, si erano schierati per il fronte del “sì”. Si legge che sono “colpevoli” di “propaganda” e di aver “creato un clima di polarizzazione” in un “momento difficile per il Paese che ha chiamato il popolo greco per fare scelte democratiche (…) Purtroppo alcuni colleghi, anziché seguire con rigore le regole hanno deviato verso un comportamento illecito, sostituendo la professione giornalista con la propaganda”. Chi si ricorda del clima di scontro frontale vissuto nel luglio 2015 sa perfettamente che chiunque si fosse schierato per il “sì” era additato come “merkelista” e “anti-patriottico”.